domenica 3 aprile 2011

Giovanni Paolo II: la sfida della vita nuova

Piazza S. Pietro, 30 maggio 1998

Oggi 2 aprile è il sesto anniversario della morte di Giovanni Paolo II, il Grande, come disse il Cardinale di Stato, Angelo Sodano, annunciandone la dipartita al mondo intero, in Piazza S. Pietro, gremita fino all’inverosimile, alle 21. 37 di quella sera. Quest’anno l’anniversario assume un significato particolare, in quanto il primo maggio la Chiesa lo proclamerà beato, riconoscendo canonicamente quanto il popolo ha riconosciuto subito dopo la morte e prima ancora. Il tempo che passa rende ancora più reale e prossima la presenza di Giovanni Paolo II all’umanità di ogni persona. Tutti ricordano quel suo grido appassionato, nella Messa d’inizio del Pontificato: “Non abbiate paura; aprite, anzi spalancate le porte a Cristo, alla sua salvifica potestà aprite i confini degli Stati, dell’economia, della cultura, della politica”. Colpì la sua certezza non appena dogmatica ma umana: il cristianesimo aveva (ed ha) pieno diritto di cittadinanza nel mondo grazie ad una Presenza valorizzatrice dell’umano. Perciò, sapeva parlare ai giovani e alla giovinezza che è in ognuno di noi. Dalla corteccia del vecchio tronco, improvvisamente, una linfa nuova!
Nell’Udienza concessa alla Diocesi di Vallo della Lucania, allora guidata da Mons. Giuseppe Casale, lo salutai tenendo delicatamente le sue mani tra le mie: “Santità, componete ancora poesie”, gli domandai con ingenua baldanza. Le foto di quel momento fissano un indimenticabile incontro di sguardi. Il poeta Wojtyla fece dire alla samaritana che incontra Gesù: “Nei Suoi occhi mi chiusa”, rendendo ragione di ciò che succede nella persona quando inaspettatamente accade un incontro vero. “Non si può fare più”, mi rispose, con voce alta, sorridendomi stupito. In verità, il suo linguaggio continuava ad essere poetico, stabilendo un dialogo del tutto speciale con il cuore, con il cuore di ciascuno.
Il Partito intellettuale non lo capì, non poteva capirlo, perché saltava la dialettica ideologica e restituiva forma pubblica integrale all’avvenimento cristiano. Così sintetizzò la figura di S. Benedetto nel contesto del tramonto dell’impero romano, quando la “speranza civile”, ovvero la rinascita delle Istituzioni e della vita sociale, sembrava allontanarsi definitivamente dall’orizzonte dei popoli: “Era necessario che l’eroico divenisse quotidiano e il quotidiano eroico”. Così, facendo Benedetto realizzò “la sfida della vita nuova”: è il programma di coloro che non stanno a rimpiangere o a recriminare, ma avanzano nella storia quotidiana facendo crescere, pur nella tormentata realtà storica e nello smarrimento istituzionale, “forme di vita nuova per l’uomo”, come disse al Meeting di Rimini nel 1982.
Sul piano geopolitico Giovanni Paolo II è stato sicuro fattore di destabilizzazione dell’impero sovietico. Vedevano “bene” i dirigenti del partito comunista polacco e i funzionari della polizia segreta nell’intravvedere nel Vescovo Wojtyla il loro nemico. In realtà, con lui il vento della libertà che nasce dalla verità è stato impetuoso, ravvivando il senso della dignità negli uomini del lavoro polacco. Solidarnosc non nacque contro qualcuno, ma per riscoprire le ragioni profonde del lavoro umano; ragioni sempre da recuperare nell’alternarsi della vicenda storico politica delle Nazioni, perché le rivoluzioni (anche quelle pacifiche) abbattono i regimi, compiono una fase storica, poi muoiono. Non muore la prospettiva affascinante indicata da Giovanni Paolo II: “Era necessario che l’eroico divenisse quotidiano e il quotidiano eroico”. E’ necessario, in ogni momento, la sfida della vita nuova! Come dice l’inno polacco: “Per la nostra e altrui libertà”.
Il 30 maggio 1998 il Papa incontra, in Piazza S. Pietro, i movimenti e le associazioni ecclesiali: oltre 200.000 persone. Fu l’ultimo incontro tra Giovanni Paolo II e don Giussani. Il Papa lo bacia; il Destino buono volle che fossimo noi i custodi speciali di quel bacio di predilezione, portando un desiderio che fiorì.     

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