lunedì 10 settembre 2012

Il desiderio e la politica


Le osservazioni del Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Prof. Giorgio Vittadini, nel corso dell’incontro “Desiderio e politica”, al recente Meeting di Rimini, cui hanno partecipato Wael Farouk, Vicepresidente del Cairo Meeting, e Mary Ann Glendon, già Ambasciatore USA presso la Santa Sede, aprono ad una comprensione più ampia dell’irriducibile natura di una realtà sociale “sui generis”, di cui lo stesso Meeting è espressione. “Una realtà generatrice di opere che nascono dal desiderio, ossia dalle esigenze di bellezza, giustizia, amore, felicità proprie del cuore di ciascun uomo.” “L’opera, ha esplicitato Vittadini, non è fine a stessa”, ma perché, attraverso di essa, si possa scoprire più consapevolmente la trama e l’ampiezza dei desideri e dei bisogni, del bisogno che ci costituisce, sperimentando un’imprevedibile ed inimmaginabile possibilità di essere e vivere intensamente. A proposito, poi, degli applausi da parte del popolo del Meeting (anni or sono a Berlusconi, ora a Monti), la puntualizzazione di Vittadini (che riportiamo dai nostri appunti) è stata illuminante: “Noi rispettiamo il potere come funzione; cerchiamo di accompagnare coloro che lo esercitano non seguendo la logica degli schieramenti, affinchè si riconosca la natura stessa del potere, che è quella di servire tutte le realtà sociali”. Le osservazioni sopra richiamate identificano socialmente un fenomeno umano, nella fattispecie un popolo, capace di contribuire, grazie alla continua riflessione sull’esperienza, secondo la modalità del carisma incontrato, alla costruzione di una rinnovata civiltà del lavoro e dell’intrapresa. Un soggetto capace, nello stesso tempo, di interloquire direttamente con le istituzioni, esercitando, di fatto, una specifica ed autorevole forma di “mediazione socio istituzionale” (per usare il linguaggio della scienza politica), ovvero la funzione di ridefinire, ricomprendere e riequilibrare la relazione tra persona, comunità intermedie, Stato, declinando in concrete ipotesi di lavoro la primazia della soggettività della societas.
Nell’alveo di questa dialettica socio istituzionale, il libero impegno partitico-politico, in capo alle responsabilità personali, nell’ambito di un sistema pluralistico, non manicheo, con adeguate “procedure partecipative”, secondo il recente monito del Card. Bagnasco, trova forza programmatica e di elaborazione ed anche di correzione. Sotto il profilo di quel “complesso di situazioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di polis” (Benedetto XVI, Caritas in veritate, par. VII), promuovere la giusta relazione tra la dimensione orizzontale e quella verticale nell’organizzazione della polis è sicuramente l’opera più importante da realizzare, per l’affermazione non di un “Partito”, bensì di una civilizzazione politica rispettosa della via sussidiaria. In questa direzione la “rivoluzione liberale e sussidiaria”, di cui Vittadini ha parlato nei mesi scorsi, è ricca di implicazioni culturali con puntuali modalità attuative. Siamo in presenza di qualcosa di nuovo, di inedito nel panorama storico  politico del nostro Paese, in cui rapporto tra i cittadini (uti singuli, uti socii) e le istituzioni è stato interpretato e consolidato in funzione dell’egemonia statalistica di una parte. Si tratta di qualcosa di nuovo anche e soprattutto dal punto di vista della genesi culturale, in quanto la stessa affermazione costituzionale dei corpi intermedi, al fine di salvaguardare le relazioni originarie e costitutive della persona e della società, è riformulata e, in un certo qual modo, reinventata all’interno e alla luce di un fecondo pensiero sorgivo, vale a dire secondo un’organica riflessione sulle ragioni dell’esperienza e dell’intrapresa, ovvero dell’io in azione, in movimento. Riflessione persuasiva in quanto criticamente e metodologicamente pertinente alla trama degli interessi, dei desideri e delle problematiche man mano emergenti nella vita personale e sociale.
“Desiderio e politica”: l’unità possibile. Lo svelarsi sorprendente del desiderio nella persona, grazie all’impatto con una prospettiva umana che corrisponde al cuore (per un incontro così siamo cristiani), è la forza motrice di una presenza sociale indomita, che ponendosi diventa, altresì, fattore di edificazione politica, nel senso profondo della polis, cioè metodo di lavoro per la realizzazione continua del bene comune. Fattore di costruzione non in forza di un progetto ideologico, bensì per un di più di soddisfazione vera, propriamente umana.      

Aniello Landi
    

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