domenica 14 ottobre 2018

Montini e l’impegno politico

La canonizzazione di Paolo VI (significativamente insieme con quella di Monsignor Oscar Arnulfo Romero) è occasione provvidenziale di riflessione e di approfondimento, aprendo nuovi orizzonti di impegno pubblico. L’appassionata opera educativa è un tratto prezioso del Pastore che ha orientato all’espressione piena della maturità cristiana, educando alle dimensioni totali dell’esistenza, ivi compresa la politica come esercizio della più alta ed esigente forma di carità. Il cattolicesimo politico ed economico da lui ha tratto alimento intellettuale ed operativo: i giovani della Fuci, con Moro ed Andreotti; gli autori del Codice di Camaldoli, con Vanoni, Paronetto e Saraceno. Personalità che ha costruito la democrazia nel nostro Paese, dedicandosi all’opera di ricostruzione materiale e morale dell’Italia, dopo la tragedia della guerra ed il ventennio fascista. Proprio in questo periodo, traducendo Maritain, il giovane Montini maturò il suo lungo itinerario, conducendo il mondo cattolico oltre il paganesimo della statolatria travestito da confessionalismo. Il fascismo intaccò gravemente l’evolversi fecondo del movimento cattolico nella forma del libero impegno sociale e politico. A tutto questo Montini reagì con lungimiranza di fede e cultura, richiamando innanzitutto il clero alla piena consapevolezza critica della fede: “Una eccezionale vocazione è annunciata al clero italiano; esso è chiamato a farsi l’educatore delle classi dirigenti cattoliche. E’ chiamato al suo vero posto: di sale e di luce, di maestro di azione e maestro di pensiero. Non ci si pensava forse un tempo; ma era così: il clero non aveva né mezzo né ardire per affrontare il problema dell’educazione completamente cristiana del laicato colto, laborioso. La Provvidenza ha forse permesso che vicende della vita cattolica italiana prospettassero ai preti, che hanno mente e cuore per compierlo, il loro dovere di carità intellettuale”. (Giovanni Battista Montini, Scritti fucini). Carità oltre il clericalismo, piaga della Chiesa, come indica Papa Francesco. Oggi la lezione montiniana è viva più che mai: “Il nostro Paolo VI”, affermava con orgoglio don Giussani. E’ lezione di fede e di cultura, di educazione all’impegno sociale totale; la sua eredità è cattedra di riferimento, per riprendere, in forma nuova, l’azione pubblica come espressione di carità politica. Scriveva Montini su Azione Fucina “(E’) un’ora spirituale difficilissima nella quale la vita cattolica deve mostrare tutte le sue risorse attrattive … ma ricordiamoci bene che solo chi la vive in profondità ha diritto e potere di farla vivere in estensione”. La carità cristiana ha generato, nel corso della storia, modalità creative di servizio al bene comune, non solo di militanza partitica. Si tratta di estendere l’esperienza della carità politica. Nell’attuale momento storico-politico, essa assume prioritariamente la prospettiva di creazione lavoro, a partire dallo straordinario “capitale civile” che sviluppa economia del dono, promuovendo, nei territori e nelle città, esperienze intraprendenti orientate al welfare solidale e sussidiario. “Capitale civile” che afferma, altresì, forme di intrapresa nella società del sapere e della conoscenza, valorizzando il talento giovanile nella realtà delle nuove tecnologie. E’ questo un capitolo ancora tutto da scrivere. “Toglieteci tutto, ma non la libertà di educazione”, affermava don Giussani: la libertà di far crescere un soggetto (personale e comunitario) in azione nella realtà, consapevole dei fattori costitutivi del proprio Essere, nell’esperienza di “una libera appartenenza in una libera attività”. Appartenere ad un corpo sociale, ad una“realtà etnica sui generis” sprigiona ed esalta i talenti creativi delle persone. E’ questo il contributo più importante alla costruzione continua della democrazia; anche in ciò è grandiosa la lezione di Papa Montini, oggi san Paolo VI.

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