lunedì 31 dicembre 2018

La filosofia civile di Giambattista Vico,
cantore dell’ingegno

In occasione del trecentocinquantenario della nascita di Giambattista Vico (1668), le istituzioni universitarie di Napoli, Salerno, Milano, la Sorbonne di Parigi, l’Istituto di cultura italiana a Berlino, nonché molteplici organismi di studi, a livello nazionale ed internazionale, hanno dato vita ad importanti appuntamenti culturali, per onorare ed approfondire il pensiero del filosofo napoletano. A Milano, ad esempio, l’evento ha posto l’attenzione su “Vico e la filosofia civile in Lombardia”. Si legge nella motivazione del convegno: “Il ruolo della cultura lombarda nella fortuna di Giambattista Vico è un fatto comprovato. Benedetto Croce, fin dalla metà del secolo scorso, affermò che, dopo Napoli, Milano “divenne, e restò a lungo, la seconda roccaforte del vichismo”. In un contesto di vasti rivolgimenti sociali, la riflessione vichiana incrociò così alcuni dei più rilevanti momenti della vita civile lombarda, contribuendo alla formazione delle stesse categorie concettuali che quest’ultima andava sviluppando”. Vico è il filosofo della “Scienza Nuova”, cioè della storia. Il suo pensiero matura nel clima di due dimore affettive ed intellettuali: presso i Girolamini a Napoli e nella biblioteca del castello dei Rocca a Vatolla nel Cilento. Pensiero moderno che allarga – rispetto a Cartesio – le possibilità di conoscenza non solo delle scienze esatte, ma anche delle res umane. Una filosofia civile in grado di leggere, conoscere e comprendere, in modo più esauriente, il movente ed il flusso della storia, nella genesi delle istituzioni dei popoli, alla luce delle facoltà umane creatrici: senso, fantasia, memoria, ingegno. Mirabile la nozione vichiana di ingegno: “Ingenium facultas est in unum, diversa conjugendi”. “Ingegno è la facoltà di unificare cose separate, di congiungere cose diverse”, individuando “tra lontanissime cose nodi che in qualche ragione comune le stringessero insieme”. A questa scuola di pensiero si richiamò Genovesi nel formulare la teorizzazione dell’economia civile, la cui caratteristica fondante è congiungere, “stringere insieme”, creare legami, sviluppare relazioni di fiducia, legare come “corda che unisce … in una vita compagnevole”, sino alla identificazione del mercato come “mutua assistenza”, generando felicità pubblica. Nel contesto odierno, alla luce delle trasformazioni storico-culturali in atto, l’ingegno economico-civile, intendendo per esso, in questo caso, una rinnovata capacità di inventiva, di fantasia creatrice e di intrapresa nel lavoro, implica una ragione dispiegata, secondo la sua stessa natura. “Il valore di un gesto sta nella misura in cui esso si connette al tutto”, ci ha insegnato don Giussani. (Perché la Chiesa, volume III del PerCorso, pag. 276). Nella realizzazione di un’opera, nello svolgimento di un lavoro, nella ideazione di un’intrapresa, il soggetto crea l’insieme oggettivo, componendo tutti gli elementi configuranti lo scopo dell’oggetto ed il metodo ad esso confacente. L’insieme oggettivo provoca ad andare di più nella profondità di se stessi, sino al punto sorgivo dell’insieme dentro di sé: “L’armonia nascosta è più potente di quella manifesta”, afferma Eraclito. In un certo qual modo, il soggetto vive il dato di Essere fatto ingegnosamente da qualcosa di grande, la sua dignità è fatta per qualcosa di grande: la realizzazione della propria umanità come compito e vocazione della vita. Meraviglia piena di sé da cui scaturisce una vivente filosofia dell’intrapresa. La stessa incompletezza che riscontriamo nell’esperienza (“Io ho bisogno di Te”) è un disegno armonioso, una mancanza anch’essa ingegnosa, in quanto sollecita ad aprirsi all’altro, a condividere il proprio e comune bisogno. Così, l’ingegno umano raggiunge il suo vertice nell’arte della condivisone e della creazione dei legami di solidarietà e di fraternità. E’ questo il cuore “artigiano” che fa la storia. Perché abbia durata ha bisogno di un Tu, che in una storia gli risvegli la meraviglia dell’Essere fatto, per qualcosa di grande. Un cuore mosso e sostenuto dall’accadimento di un fatto vero (“Verum ipsum factum”): avvenimento di vita che si svolge e si snoda nella trama di incontri e fatti; storie, luoghi in cui rifiorisce la vis veri, la forza del vero, il gusto del bello da cui sorge ed insorge l’umana intrapresa.

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