Papa Francesco ha inviato un messaggio ai giovani
economisti, agli imprenditori, alle imprenditrici di tutto il mondo per
l’evento “Economy of Francesco”, che si terrà ad Assisi il 26-28 marzo 2020.
“Cari amici, vi scrivo per invitarvi ad un’iniziativa che ho tanto desiderato:
un evento che mi permetta di incontrare chi oggi si sta formando e sta
iniziando a studiare e praticare una economia diversa…”. “Il nome di questo
evento – “Economy of Francesco “ – ha chiaro riferimento al Santo di Assisi e
al Vangelo che egli visse in totale coerenza anche sul piano economico e
sociale. Egli ci offre un ideale e, in qualche modo, un programma”. Infatti dall’intensità
di vita di San Francesco scaturirono, nel corso del tempo, inedite forme di
economia, contribuendo all’elevazione morale e civile della vita associata. Sul
piano storico-culturale, furono i teologi francescani a dar vita ad una
approfondita riflessione sul crescente
dinamismo economico cittadino (la rivoluzione mercantile), declinando una
originale strutturazione sul piano teorico, nonché secondo movenze operative,
la consolidata prassi di carità cristiana. In questo clima, nacquero i Monti di
Pietà, favorendo la circolazione più umana del denaro, alla luce dei valori
delle relazioni interpersonali e dell’amore sociale. A questo clima, contribuì,
altresì, in misura notevole, la lotta teologica e filosofica intrapresa da
Tommaso d’Aquino contro l’usura, dando il “giusto peso” ai valori
metaeconomici: “tanto cose di valore economico quante cose non misurabili in
denaro, come la benevolenza e l’amore” (Odd Langhom, L’economia in Tommaso
d’Aquino). La vita economica si arricchì grazie alla riflessione teologica, sviluppando
la cultura del dono ed aprendo il varco a quella che successivamente sarebbe
stata denominata economia civile: scienza economica della “discoverta
dell’umano”, oltre la “scienza triste”. In questo orizzonte, nel contesto
dell’attuale Dottrina sociale della Chiesa, un eccezionale contributo di
pensiero all’economia del dono è stato offerto dalla Caritas in veritate di
Papa Benedetto XVI. Su questa enciclica soffermeremo la nostra attenzione, per
cogliere nella rilettura di alcuni brani del testo il profilo del soggetto plurale protagonista di economia nuova. L’economia civile o del
dono è imperniata sull’esperienza della relazione e, dunque, sulla dimensione
di fraternità e gratuità come espressione della libertà della persona. La
Caritas in veritate pone la questione decisiva: Si rende necessario “un nuovo
slancio del pensiero”, cioè “un approfondimento critico e valoriale della
categoria della relazione”. (Caritas in veritate, par. 53). “La creatura umana,
in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più
le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. (Caritas
in veritate, par. 53). “Il tema dello sviluppo coincide con quello
dell’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica
comunità umana, che si costruisce nella solidarietà sulla base dei fondamentali
valori della giustizia e della pace.” (C. in v., par. 54). In ciò consiste la
specifica vocazione allo sviluppo integrale degli uomini e dei popoli secondo
la linea tracciata dalla Populorum progressio di Paolo VI: “Ogni uomo è
chiamato ad uno sviluppo, perché ogni vita è una vocazione. (C. in v., par. 16,
da Populorum p.). “La città dell’uomo non è promossa solo da rapporti di
diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di
misericordia e di comunione”. (Caritas in v., par. 6). Questa prospettiva trova
un’illuminazione nella fede cristiana alla luce del mistero trinitario. “La
trasparenza reciproca tra le persone divine è piena e il legame dell’una con
l’altra totale, perché costituiscono un’unità assoluta e unicità. … In
particolare alla luce del mistero rivelato della Trinità si comprende che la
vera apertura non significa dispersione centrifuga, ma compenetrazione
profonda. Questo risulta anche dalle comuni esperienze umane dell’amore e della
verità”. (C. in v., par. 54). “La rivelazione cristiana sull’unità del genere
umano presuppone un’interpretazione metafisica dell’humanum in cui la
relazionalità è elemento essenziale”. (C. in v., par. 55). Qui si inserisce il
tema caro a Papa Benedetto: il dialogo tra fede e ragione; la loro
illuminazione reciproca per il bene dell’uomo. Da ciò il “diritto di
cittadinanza” della fede nello spazio e nel dibattito pubblico, stimolando e
sospingendo l’allargamento della ragione pratica (politica) oltre il
particolarismo e la parzialità, liberando, nel contempo, energie morali protese
al bene comune. Senza questa presenza pubblica, la comunità umana sarebbe priva
di un decisivo processo di “argomentazione sensibile alla verità”, precipitando
nel particolarismo violento. L’importanza della dimensione relazionale diventa
fondamentale anche e soprattutto in ambito economico. “La grande sfida che
abbiamo davanti a noi, fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in
questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla crisi
economico-finanziaria, è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di
comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell’etica sociale, quali
la trasparenza, l’onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o
attenuati, ma anche che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la
logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare
posto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza dell’uomo nel
momento attuale, ma anche un’esigenza della stessa ragione economica. Si tratta
di una esigenza a un tempo della carità e della verità”. (C. in v., par. 36). L’esperienza
storica, in particolar modo la più recente, dimostra eloquentemente la
necessità di liberare nell’economia valori e ragioni oltre l’equivalente
economico; tuttavia, ciò non può avvenire per un “supplemento” di anima da
introdurre dall’esterno nella normale attività economica. Sarà necessario
comprendere e sperimentare il significato più profondo e razionale dell’agire
economico, ovvero il senso dell’impresa, dell’intraprendere, del lavoro come
intrapresa personale e comune, traendo linfa dallo statuto ontologico della
persona, dal suo senso religioso, dall’apertura della ragione al significato
del cuore, che spinge al bello, al vero, al giusto, creando nuove forme di vita
e di lavoro per l’uomo. “La persona umana, per sua natura, è dinamicamente
protesa al suo sviluppo … sulla base di un sé che ci è stato dato”. (C. in v.,
par. 68). Probabilmente è questa la
chiave di volta, certamente una chiave fondamentale di lettura della Caritas in
veritate, ovvero di comprensione della verità (o realtà) della persona che si
rivela nell’esperienza. “L’uomo è costitutivamente proteso verso l’essere di
più” (C. in v., par. 14): sostenendo questo dinamismo, in una amicizia ideale
ed operativa, la persona riscopre il “talento” dell’Essere e diventa
protagonista di un certo modo di creare, di produrre, di generare, di fare
impresa, secondo il “sé che ci è stato dato”, aperto all’altro, per essere più
sé. Da questo dinamismo, continuamente ridestato, la forza di creare lavoro,
“produrre” valore e valori, attraversando le circostanze e le sfide della
storia, in compagnia con gli altri uomini, secondo solidarietà e ancor più in
fraternità e gratuità, dando se stessi (ecco la gratuità) nell’esperienza di
un’amicizia civica. E’ l’allargamento della ragione economica e, quindi, l’approfondimento
esistenziale del concetto di imprenditorialità, arricchendo l’insieme del
tessuto economico-civile e la vita stessa del mercato attraverso modalità e
forme innovative di impresa e di cooperazione. “Nel contesto di questo discorso
è utile osservare che l’imprenditorialità ha e deve sempre più assumere un
significato plurivalente. La perdurante prevalenza del binomio mercato-Stato ci
ha abituati a pensare esclusivamente all’imprenditore privato di tipo
capitalistico da un lato e al dirigente statale dall’altro. In realtà,
l’imprenditorialità va intesa in modo articolato. Ciò risulta da motivazioni
meta economiche. L’imprenditorialità, prima di avere un significato
professionale, ne ha uno umano. Essa è inscritta in ogni lavoro, visto come
“actus personae”, per cui è bene che ad ogni lavoratore sia offerta la
possibilità di dare il proprio apporto in modo che egli stesso sappia di lavorare
in proprio. Non a caso Paolo VI insegnava che “ogni lavoratore è un creatore”.
Proprio per rispondere alle esigenze di chi lavora, e ai bisogni della società,
esistono vari tipi di imprese, ben oltre la distinzione tra privato e pubblico.
Ognuna richiede una capacità imprenditoriale specifica. Al fine di realizzare
un’economia che nel prossimo futuro sappia porsi al servizio del bene comune
nazionale e mondiale, è opportuno tenere conto di questo significato esteso di
imprenditorialità. Questa concezione più ampia favorisce lo scambio e la
formazione reciproca tra le diverse tipologie di imprenditorialità, con travaso
di competenze dal mondo non profit a quello profit e viceversa, da quello
proprio della società civile, da quello delle economie avanzate a quello dei
paesi in via di sviluppo.” (C. in v., par. 45). “E’ la stessa pluralità delle
forme istituzionali di impresa a generare un mercato più civile e al tempo
stesso più competitivo”. (C. in v., par. 46). “Infatti, il mercato lasciato al
solo principio dell’equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a
produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare.
Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può
pienamente espletare la propria funzione economica. E oggi è questa fiducia che
è venuta a mancare e la perdita di fiducia è una perdita grave”. (C. in v, par.
35). “Il mio predecessore Giovanni Paolo II aveva segnalato questa problematica,
quando nella Centesimus annus aveva rilevato la necessità di un sistema a tre
soggetti: il mercato, lo Stato e la società civile. Egli aveva individuato
nella società civile l’ambito più proprio di un’economia della gratuità e della
fraternità, ma non aveva inteso negarla agli altri due ambiti. Oggi possiamo
dire che la vita economica deve essere compresa come una realtà a più
dimensioni: in tutte, in diversa misura e con modalità specifiche, deve essere
presente l’aspetto della reciprocità fraterna. Nell’epoca della globalizzazione
l’attività economica non può prescindere dalla gratuità, che dissemina e
alimenta la solidarietà e la responsabilità per la giustizia ed il bene comune
nei suoi vari soggetti ed attori. Si tratta, in definitiva, di una forma
concreta e profonda di democrazia economica”. (par. 38). Democrazia più larga
ed inclusiva grazie a forme nuove di impresa, che fanno evolvere il sistema
verso una più chiara e compiuta assunzione dei doveri da parte dei soggetti
economici. “Sembra che la distinzione finora invalsa tra imprese finalizzate al
profitto ed organizzazione non finalizzate al profitto non sia più in grado di
dar conto completo della realtà, né di orientare efficacemente il futuro. In
questi decenni è andata emergendo un’ampia area intermedia tra le due tipologie
di imprese. Essa è costituita da imprese tradizionali, che però sottoscrivono
dei patti di aiuto ai paesi arretrati; da fondazioni che sono espressioni di
singole imprese; da gruppi di imprese aventi scopi di utilità sociale; dal
variegato mondo della cosiddetta economia civile e di comunione. Non si tratta
solo di un terzo settore, ma di una nuova ampia realtà composita, che coinvolge
il pubblico e il privato e che non esclude il profitto, ma lo considera
strumento per realizzare finalità umane e sociali.” (par. 46). E’ il grande tema della democrazia economica;
tema drammatico soprattutto nell’attuale momento storico in cui è prevalente “l’imperialismo
internazionale del denaro”, secondo l’ammonimento sempre attuale di Pio XI. Perciò,
la costruzione della democrazia economica, attraverso il libero coagularsi ed
articolarsi delle comunità intermedie economiche, da sviluppare e rinvigorire
sul piano operativo e teorico, è il più importante processo democratico da
porre in atto, contribuendo alla strutturazione di un mercato più civile ed
equo, nell’interesse di tutti. Si tratta di allargare il concetto di
imprenditorialità, sostenendo culturalmente ed operativamente il dinamismo
della persona in azione, protesa costitutivamente allo sviluppo di sé e della
società, facendo leva sull’insieme dei suoi “beni talentuosi” e dei suoi
bisogni relazionali. L’io in azione secondo la totalità dei suoi fattori è il
primo e fondamentale motore di sviluppo personale e sociale: la centratura del
focus ontologico della persona è la sorgente viva di una democrazia sempre più
compiuta.

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