venerdì 31 maggio 2019

L’economia del dono

Papa Francesco ha inviato un messaggio ai giovani economisti, agli imprenditori, alle imprenditrici di tutto il mondo per l’evento “Economy of Francesco”, che si terrà ad Assisi il 26-28 marzo 2020. “Cari amici, vi scrivo per invitarvi ad un’iniziativa che ho tanto desiderato: un evento che mi permetta di incontrare chi oggi si sta formando e sta iniziando a studiare e praticare una economia diversa…”. “Il nome di questo evento – “Economy of Francesco “ – ha chiaro riferimento al Santo di Assisi e al Vangelo che egli visse in totale coerenza anche sul piano economico e sociale. Egli ci offre un ideale e, in qualche modo, un programma”. Infatti dall’intensità di vita di San Francesco scaturirono, nel corso del tempo, inedite forme di economia, contribuendo all’elevazione morale e civile della vita associata. Sul piano storico-culturale, furono i teologi francescani a dar vita ad una approfondita riflessione sul crescente dinamismo economico cittadino (la rivoluzione mercantile), declinando una originale strutturazione sul piano teorico, nonché secondo movenze operative, la consolidata prassi di carità cristiana. In questo clima, nacquero i Monti di Pietà, favorendo la circolazione più umana del denaro, alla luce dei valori delle relazioni interpersonali e dell’amore sociale. A questo clima, contribuì, altresì, in misura notevole, la lotta teologica e filosofica intrapresa da Tommaso d’Aquino contro l’usura, dando il “giusto peso” ai valori metaeconomici: “tanto cose di valore economico quante cose non misurabili in denaro, come la benevolenza e l’amore” (Odd Langhom, L’economia in Tommaso d’Aquino). La vita economica si arricchì grazie alla riflessione teologica, sviluppando la cultura del dono ed aprendo il varco a quella che successivamente sarebbe stata denominata economia civile: scienza economica della “discoverta dell’umano”, oltre la “scienza triste”. In questo orizzonte, nel contesto dell’attuale Dottrina sociale della Chiesa, un eccezionale contributo di pensiero all’economia del dono è stato offerto dalla Caritas in veritate di Papa Benedetto XVI. Su questa enciclica soffermeremo la nostra attenzione, per cogliere nella rilettura di alcuni brani del testo il profilo del soggetto plurale protagonista di economia nuova. L’economia civile o del dono è imperniata sull’esperienza della relazione e, dunque, sulla dimensione di fraternità e gratuità come espressione della libertà della persona. La Caritas in veritate pone la questione decisiva: Si rende necessario “un nuovo slancio del pensiero”, cioè “un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione”. (Caritas in veritate, par. 53). “La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. (Caritas in veritate, par. 53). “Il tema dello sviluppo coincide con quello dell’inclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell’unica comunità umana, che si costruisce nella solidarietà sulla base dei fondamentali valori della giustizia e della pace.” (C. in v., par. 54). In ciò consiste la specifica vocazione allo sviluppo integrale degli uomini e dei popoli secondo la linea tracciata dalla Populorum progressio di Paolo VI: “Ogni uomo è chiamato ad uno sviluppo, perché ogni vita è una vocazione. (C. in v., par. 16, da Populorum p.). “La città dell’uomo non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione”. (Caritas in v., par. 6). Questa prospettiva trova un’illuminazione nella fede cristiana alla luce del mistero trinitario. “La trasparenza reciproca tra le persone divine è piena e il legame dell’una con l’altra totale, perché costituiscono un’unità assoluta e unicità. … In particolare alla luce del mistero rivelato della Trinità si comprende che la vera apertura non significa dispersione centrifuga, ma compenetrazione profonda. Questo risulta anche dalle comuni esperienze umane dell’amore e della verità”. (C. in v., par. 54). “La rivelazione cristiana sull’unità del genere umano presuppone un’interpretazione metafisica dell’humanum in cui la relazionalità è elemento essenziale”. (C. in v., par. 55). Qui si inserisce il tema caro a Papa Benedetto: il dialogo tra fede e ragione; la loro illuminazione reciproca per il bene dell’uomo. Da ciò il “diritto di cittadinanza” della fede nello spazio e nel dibattito pubblico, stimolando e sospingendo l’allargamento della ragione pratica (politica) oltre il particolarismo e la parzialità, liberando, nel contempo, energie morali protese al bene comune. Senza questa presenza pubblica, la comunità umana sarebbe priva di un decisivo processo di “argomentazione sensibile alla verità”, precipitando nel particolarismo violento. L’importanza della dimensione relazionale diventa fondamentale anche e soprattutto in ambito economico. “La grande sfida che abbiamo davanti a noi, fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla crisi economico-finanziaria, è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell’etica sociale, quali la trasparenza, l’onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o attenuati, ma anche che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza dell’uomo nel momento attuale, ma anche un’esigenza della stessa ragione economica. Si tratta di una esigenza a un tempo della carità e della verità”. (C. in v., par. 36). L’esperienza storica, in particolar modo la più recente, dimostra eloquentemente la necessità di liberare nell’economia valori e ragioni oltre l’equivalente economico; tuttavia, ciò non può avvenire per un “supplemento” di anima da introdurre dall’esterno nella normale attività economica. Sarà necessario comprendere e sperimentare il significato più profondo e razionale dell’agire economico, ovvero il senso dell’impresa, dell’intraprendere, del lavoro come intrapresa personale e comune, traendo linfa dallo statuto ontologico della persona, dal suo senso religioso, dall’apertura della ragione al significato del cuore, che spinge al bello, al vero, al giusto, creando nuove forme di vita e di lavoro per l’uomo. “La persona umana, per sua natura, è dinamicamente protesa al suo sviluppo … sulla base di un sé che ci è stato dato”. (C. in v., par. 68).  Probabilmente è questa la chiave di volta, certamente una chiave fondamentale di lettura della Caritas in veritate, ovvero di comprensione della verità (o realtà) della persona che si rivela nell’esperienza. “L’uomo è costitutivamente proteso verso l’essere di più” (C. in v., par. 14): sostenendo questo dinamismo, in una amicizia ideale ed operativa, la persona riscopre il “talento” dell’Essere e diventa protagonista di un certo modo di creare, di produrre, di generare, di fare impresa, secondo il “sé che ci è stato dato”, aperto all’altro, per essere più sé. Da questo dinamismo, continuamente ridestato, la forza di creare lavoro, “produrre” valore e valori, attraversando le circostanze e le sfide della storia, in compagnia con gli altri uomini, secondo solidarietà e ancor più in fraternità e gratuità, dando se stessi (ecco la gratuità) nell’esperienza di un’amicizia civica. E’ l’allargamento della ragione economica e, quindi, l’approfondimento esistenziale del concetto di imprenditorialità, arricchendo l’insieme del tessuto economico-civile e la vita stessa del mercato attraverso modalità e forme innovative di impresa e di cooperazione. “Nel contesto di questo discorso è utile osservare che l’imprenditorialità ha e deve sempre più assumere un significato plurivalente. La perdurante prevalenza del binomio mercato-Stato ci ha abituati a pensare esclusivamente all’imprenditore privato di tipo capitalistico da un lato e al dirigente statale dall’altro. In realtà, l’imprenditorialità va intesa in modo articolato. Ciò risulta da motivazioni meta economiche. L’imprenditorialità, prima di avere un significato professionale, ne ha uno umano. Essa è inscritta in ogni lavoro, visto come “actus personae”, per cui è bene che ad ogni lavoratore sia offerta la possibilità di dare il proprio apporto in modo che egli stesso sappia di lavorare in proprio. Non a caso Paolo VI insegnava che “ogni lavoratore è un creatore”. Proprio per rispondere alle esigenze di chi lavora, e ai bisogni della società, esistono vari tipi di imprese, ben oltre la distinzione tra privato e pubblico. Ognuna richiede una capacità imprenditoriale specifica. Al fine di realizzare un’economia che nel prossimo futuro sappia porsi al servizio del bene comune nazionale e mondiale, è opportuno tenere conto di questo significato esteso di imprenditorialità. Questa concezione più ampia favorisce lo scambio e la formazione reciproca tra le diverse tipologie di imprenditorialità, con travaso di competenze dal mondo non profit a quello profit e viceversa, da quello proprio della società civile, da quello delle economie avanzate a quello dei paesi in via di sviluppo.” (C. in v., par. 45). “E’ la stessa pluralità delle forme istituzionali di impresa a generare un mercato più civile e al tempo stesso più competitivo”. (C. in v., par. 46). “Infatti, il mercato lasciato al solo principio dell’equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. E oggi è questa fiducia che è venuta a mancare e la perdita di fiducia è una perdita grave”. (C. in v, par. 35). “Il mio predecessore Giovanni Paolo II aveva segnalato questa problematica, quando nella Centesimus annus aveva rilevato la necessità di un sistema a tre soggetti: il mercato, lo Stato e la società civile. Egli aveva individuato nella società civile l’ambito più proprio di un’economia della gratuità e della fraternità, ma non aveva inteso negarla agli altri due ambiti. Oggi possiamo dire che la vita economica deve essere compresa come una realtà a più dimensioni: in tutte, in diversa misura e con modalità specifiche, deve essere presente l’aspetto della reciprocità fraterna. Nell’epoca della globalizzazione l’attività economica non può prescindere dalla gratuità, che dissemina e alimenta la solidarietà e la responsabilità per la giustizia ed il bene comune nei suoi vari soggetti ed attori. Si tratta, in definitiva, di una forma concreta e profonda di democrazia economica”. (par. 38). Democrazia più larga ed inclusiva grazie a forme nuove di impresa, che fanno evolvere il sistema verso una più chiara e compiuta assunzione dei doveri da parte dei soggetti economici. “Sembra che la distinzione finora invalsa tra imprese finalizzate al profitto ed organizzazione non finalizzate al profitto non sia più in grado di dar conto completo della realtà, né di orientare efficacemente il futuro. In questi decenni è andata emergendo un’ampia area intermedia tra le due tipologie di imprese. Essa è costituita da imprese tradizionali, che però sottoscrivono dei patti di aiuto ai paesi arretrati; da fondazioni che sono espressioni di singole imprese; da gruppi di imprese aventi scopi di utilità sociale; dal variegato mondo della cosiddetta economia civile e di comunione. Non si tratta solo di un terzo settore, ma di una nuova ampia realtà composita, che coinvolge il pubblico e il privato e che non esclude il profitto, ma lo considera strumento per realizzare finalità umane e sociali.” (par. 46).  E’ il grande tema della democrazia economica; tema drammatico soprattutto nell’attuale momento storico in cui è prevalente “l’imperialismo internazionale del denaro”, secondo l’ammonimento sempre attuale di Pio XI. Perciò, la costruzione della democrazia economica, attraverso il libero coagularsi ed articolarsi delle comunità intermedie economiche, da sviluppare e rinvigorire sul piano operativo e teorico, è il più importante processo democratico da porre in atto, contribuendo alla strutturazione di un mercato più civile ed equo, nell’interesse di tutti. Si tratta di allargare il concetto di imprenditorialità, sostenendo culturalmente ed operativamente il dinamismo della persona in azione, protesa costitutivamente allo sviluppo di sé e della società, facendo leva sull’insieme dei suoi “beni talentuosi” e dei suoi bisogni relazionali. L’io in azione secondo la totalità dei suoi fattori è il primo e fondamentale motore di sviluppo personale e sociale: la centratura del focus ontologico della persona è la sorgente viva di una democrazia sempre più compiuta.  

Nessun commento:

Posta un commento