A conclusione dell’anno di riflessione dedicato alla Laudato SI’
(maggio 2020/maggio 2021), pubblichiamo la sintesi, non rivista
dall’Autore, dell’intervento di S.E. Rev. ma Mons. Andrea
Bellandi, Arcivescovo della Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno, in
occasione del convegno svoltosi nel dicembre 2019, presso il Teatro
San Paolo (Parrocchia Maria SS. Immacolata) in Pontecagnano, per
iniziativa del Parroco don Antonio Pisani.
![]() | ||
| Andrea Bellandi, Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno |
A questa debolezza culturale dei cristiani si è sovrapposta
l’ideologia del “relativismo pratico”, che rende “tutto
irrilevante se non serve ai propri interessi immediati”,
mercificando l’uomo e distruggendo tutto ciò che lo circonda con
la pretesa di un “potere tecnologico senza limiti”. Tale
relativismo si concretizza, a livello macro sociale, nel paradigma
tecnocratico-economicista che riduce tutto a scarto, determinando
“un’economia che uccide”.
Nel richiamare con energia la questione ecologica, Papa Francesco
evidenzia, come sempre ha fatto il Magistero della Chiesa, che essa è
parte costitutiva della questione antropologica, alla luce del bene
integrale dell’uomo, chiamando in causa i programmi e le scelte
messe in atto dalle istituzioni nazionali ed internazionali. Per la
critica al paradigma tecnocratico, espressione dell’idolatria
moderna, gli ambienti economico-finanziari della parte più ricca del
mondo hanno scatenato sistematicamente una campagna di odio contro il
“papa comunista e pauperista”, che osa contestare “l’autonomia
assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria”.
Papa Francesco e tutta la dottrina sociale della Chiesa non negano il
valore della ricchezza come strumento di crescita e di benessere per
il popolo, ma contestano il valore esclusivo attribuito al profitto
al di fuori del suo contenuto sociale, ovvero il culto capitalistico
del denaro concepito come dio assoluto. Il Papa venuto “quasi dalla
fine del mondo” ci scuote, ci sveglia, dilata il nostro sguardo,
troppo spesso fissato solo sul “nostro” mondo, “quando un venti
per cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale
da rubare alle nazioni povere ed alle future generazioni ciò di cui
hanno bisogno per sopravvivere" [1].
Per la dottrina sociale della Chiesa il bene comune è il punto
cardine con cui giudicare progetti e prospettive; per questa ragione,
essa afferma che anche sulla proprietà privata grava un’ipoteca
sociale: “La tradizione cristiana non ha mai sostenuto questo
diritto come un qualcosa di assoluto ed intoccabile. Al contrario,
essa l’ha sempre inteso nel più vasto contesto del comune diritto
di tutti ad usare i beni dell’intera creazione: il diritto della
proprietà privata come subordinato al diritto dell’uso comune,
alla destinazione universale dei beni” [2].
Nel contesto del comune diritto è da considerare, in modo speciale,
la risorsa ambiente: bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo:
“E’ patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti.
Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di
tutti” [3].
Richiamando i fondamenti della dottrina sociale, Papa Francesco ci
esorta alla cura di tutte le dimensioni del vivere: “nulla di umano
ci è indifferente”, dalla famiglia alla polis, dalla solidarietà
alle istituzioni politiche, dall’ambiente all’economia, generando
sempre nuove forme di carità creativa, di amicizia sociale, di amore
civile.
Il Papa ci spinge a “promuovere processi, non ad occupare spazi”;
ci impegna a sostenere e valorizzare tutte le forme, pur embrionali,
di cura della casa comune, nei paesi, nei quartieri, nelle città,
rinnovando la vita di comunità, secondo la ricchezza della propria
identità culturale e secondo creative modalità di cooperazione
sociale ed economica. Lungo questo itinerario ci riconduce alla
“dimensione della conversione integrale della persona”, sino
all’Origine, al Punto sorgivo da cui scaturisce la sollecitudine
della Chiesa: lo Sguardo stesso di Gesù sull’intera realtà.
“Nei dialoghi con i suoi discepoli, Gesù li invitava a riconoscere
la relazione paterna che Dio ha con tutte le creature, e ricordava
loro con una commovente tenerezza come ciascuna di esse è importante
ai suoi occhi: “Cinque passeri non si vendono forse per due soldi?
Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio” [4].
Con questa commovente tenerezza, Gesù ammirava i fiori del campo e
gli uccelli nel cielo; abbracciava il bisogno del povero e il destino
di ogni persona; perdonava, confortava: “Donna, non piangere”!
Così san Francesco, che viveva la familiarità e la simpateticità
con tutte le creature, riconoscendo in esse le tracce di Dio; i suoi
occhi erano pieni della Presenza del Creatore. L’atteggiamento di
Francesco non era un romanticismo ecologista, bensì il
riconoscimento ragionevole della realtà quale segno dell’amore
misericordioso del Padre.
Come imparare questo sguardo più vero e profondo su noi stessi,
sugli altri, sulla natura, sull’intero creato? Noi impariamo come
il bambino, per immedesimazione, per dinamica affettiva, seguendo un
altro a cui siamo affezionati, un Volto a cui poter guardare; vedendo
e seguendo, per attrazione, testimonianze di umanità più piena e
vera, che rendono evidente un di più di speranza, di gioia, di
felicità in corrispondenza con la disposizione profonda del cuore.
Questo di più dell’umano è la cifra della testimonianza di vita
cristiana nel mondo: uno sguardo nuovo su tutto, attento ad ogni
sfumatura di bello e di bene e quindi ragionevole, realista, non
utopistico, nell’affronto dei problemi, intravedendo, in ogni
situazione, punti di costruzione, oltre la parzialità e la contesa.
E’ la novità umana della fede autenticamente vissuta
nell’esperienza di comunione, membra gli uni degli altri per la
potenza di un Altro, sostenendoci nel cammino comune. Esperienza
simpateticamente offerta a tutti gli uomini con i quali condividere
la costruzione del bene comune, amando ogni accento di verità, ogni
tentativo sincero, contribuendo a rendere sempre più degna
l’esistenza nella “citta dell’uomo … in qualche misura
anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio” [5].
[1] Laudato SI’, par. 95, nota 43.
[2] Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, cap. III, par. 14.
[3] Laudato SI’, par. 95.
[4] Laudato SI’, par. 96, Lc 12,6.
[5] Benedetto XVI, Caritas in veritate, introduzione, par. 7.

Nessun commento:
Posta un commento