venerdì 28 maggio 2021

Uno sguardo ragionevole

A conclusione dell’anno di riflessione dedicato alla Laudato SI’ (maggio 2020/maggio 2021), pubblichiamo la sintesi, non rivista dall’Autore, dell’intervento di S.E. Rev. ma Mons. Andrea Bellandi, Arcivescovo della Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno, in occasione del convegno svoltosi nel dicembre 2019, presso il Teatro San Paolo (Parrocchia Maria SS. Immacolata) in Pontecagnano, per iniziativa del Parroco don Antonio Pisani. 

Andrea Bellandi, Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Salerno-Campagna-Acerno


La Laudato SI’ di Papa Francesco è una provocazione per tutti, richiamando ad un serio esame di coscienza, in modo particolare, noi cristiani che abbiamo disatteso, per molto tempo, l’impegno e la riflessione sugli aspetti essenziali della vita comune, autoemarginandoci dallo spazio pubblico e lasciando a correnti ideologiche laiciste, in opposizione alla fede, temi che interrogano tutti.
A questa debolezza culturale dei cristiani si è sovrapposta l’ideologia del “relativismo pratico”, che rende “tutto irrilevante se non serve ai propri interessi immediati”, mercificando l’uomo e distruggendo tutto ciò che lo circonda con la pretesa di un “potere tecnologico senza limiti”. Tale relativismo si concretizza, a livello macro sociale, nel paradigma tecnocratico-economicista che riduce tutto a scarto, determinando “un’economia che uccide”.
Nel richiamare con energia la questione ecologica, Papa Francesco evidenzia, come sempre ha fatto il Magistero della Chiesa, che essa è parte costitutiva della questione antropologica, alla luce del bene integrale dell’uomo, chiamando in causa i programmi e le scelte messe in atto dalle istituzioni nazionali ed internazionali. Per la critica al paradigma tecnocratico, espressione dell’idolatria moderna, gli ambienti economico-finanziari della parte più ricca del mondo hanno scatenato sistematicamente una campagna di odio contro il “papa comunista e pauperista”, che osa contestare “l’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria”.
Papa Francesco e tutta la dottrina sociale della Chiesa non negano il valore della ricchezza come strumento di crescita e di benessere per il popolo, ma contestano il valore esclusivo attribuito al profitto al di fuori del suo contenuto sociale, ovvero il culto capitalistico del denaro concepito come dio assoluto. Il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” ci scuote, ci sveglia, dilata il nostro sguardo, troppo spesso fissato solo sul “nostro” mondo, “quando un venti per cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere ed alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere" [1].
Per la dottrina sociale della Chiesa il bene comune è il punto cardine con cui giudicare progetti e prospettive; per questa ragione, essa afferma che anche sulla proprietà privata grava un’ipoteca sociale: “La tradizione cristiana non ha mai sostenuto questo diritto come un qualcosa di assoluto ed intoccabile. Al contrario, essa l’ha sempre inteso nel più vasto contesto del comune diritto di tutti ad usare i beni dell’intera creazione: il diritto della proprietà privata come subordinato al diritto dell’uso comune, alla destinazione universale dei beni” [2].
Nel contesto del comune diritto è da considerare, in modo speciale, la risorsa ambiente: bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo: “E’ patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti. Chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti” [3]. Richiamando i fondamenti della dottrina sociale, Papa Francesco ci esorta alla cura di tutte le dimensioni del vivere: “nulla di umano ci è indifferente”, dalla famiglia alla polis, dalla solidarietà alle istituzioni politiche, dall’ambiente all’economia, generando sempre nuove forme di carità creativa, di amicizia sociale, di amore civile.
Il Papa ci spinge a “promuovere processi, non ad occupare spazi”; ci impegna a sostenere e valorizzare tutte le forme, pur embrionali, di cura della casa comune, nei paesi, nei quartieri, nelle città, rinnovando la vita di comunità, secondo la ricchezza della propria identità culturale e secondo creative modalità di cooperazione sociale ed economica. Lungo questo itinerario ci riconduce alla “dimensione della conversione integrale della persona”, sino all’Origine, al Punto sorgivo da cui scaturisce la sollecitudine della Chiesa: lo Sguardo stesso di Gesù sull’intera realtà.
“Nei dialoghi con i suoi discepoli, Gesù li invitava a riconoscere la relazione paterna che Dio ha con tutte le creature, e ricordava loro con una commovente tenerezza come ciascuna di esse è importante ai suoi occhi: “Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio” [4].
Con questa commovente tenerezza, Gesù ammirava i fiori del campo e gli uccelli nel cielo; abbracciava il bisogno del povero e il destino di ogni persona; perdonava, confortava: “Donna, non piangere”! Così san Francesco, che viveva la familiarità e la simpateticità con tutte le creature, riconoscendo in esse le tracce di Dio; i suoi occhi erano pieni della Presenza del Creatore. L’atteggiamento di Francesco non era un romanticismo ecologista, bensì il riconoscimento ragionevole della realtà quale segno dell’amore misericordioso del Padre.
Come imparare questo sguardo più vero e profondo su noi stessi, sugli altri, sulla natura, sull’intero creato? Noi impariamo come il bambino, per immedesimazione, per dinamica affettiva, seguendo un altro a cui siamo affezionati, un Volto a cui poter guardare; vedendo e seguendo, per attrazione, testimonianze di umanità più piena e vera, che rendono evidente un di più di speranza, di gioia, di felicità in corrispondenza con la disposizione profonda del cuore. Questo di più dell’umano è la cifra della testimonianza di vita cristiana nel mondo: uno sguardo nuovo su tutto, attento ad ogni sfumatura di bello e di bene e quindi ragionevole, realista, non utopistico, nell’affronto dei problemi, intravedendo, in ogni situazione, punti di costruzione, oltre la parzialità e la contesa. E’ la novità umana della fede autenticamente vissuta nell’esperienza di comunione, membra gli uni degli altri per la potenza di un Altro, sostenendoci nel cammino comune. Esperienza simpateticamente offerta a tutti gli uomini con i quali condividere la costruzione del bene comune, amando ogni accento di verità, ogni tentativo sincero, contribuendo a rendere sempre più degna l’esistenza nella “citta dell’uomo … in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio” [5].
 
[1] Laudato SI’, par. 95, nota 43.
[2] Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, cap. III, par. 14.
[3] Laudato SI’, par. 95.
[4] Laudato SI’, par. 96, Lc 12,6.
[5] Benedetto XVI, Caritas in veritate, introduzione, par. 7.

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