mercoledì 20 ottobre 2010

Le risorse del federalismo

Non poteva passare sotto silenzio il Decreto varato in Consiglio dei Ministro sul fisco regionale: si tratta di uno dei sette decreti che porteranno a compimento la riforma federalista. Già sono stati approvati quelli sul federalismo demaniale e su Roma Capitale. L’approvazione del suddetto ha destato notevoli preoccupazioni, in quanto in esso è stato inserito il capitolo sulla sanità, pur senza la definizione e, quindi, la finanziabilità, del Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero le prestazioni fondamentali che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini in campo sanitario. Poiché la sanità non deve essere avulsa dalla dimensione sociale, forti critiche al governo sono state avanzate anche per la mancata definizione dei Livelli essenziali riguardanti le prestazioni socio assistenziali. Le critiche sono pervenute senza distinzioni di schieramento: da Di Filippo (centro sinistra) Governatore della Basilicata, ma anche da Scopelliti, il Governatore della Calabria (centro destra). In verità, ora siamo giunti al problema dei problemi: la distribuzione alle Regioni delle risorse finanziarie riguardanti i livelli fondamentali di assistenza sanitaria e socio sanitaria, che lo Stato, in quanto tale, deve garantire a tutti i suoi cittadini. Dopo le riforme a carattere istituzionale, questa è la partita decisiva in un Ordinamento federalista. La redistribuzione delle risorse dovrebbe avvenire non più in base alla spesa storica (che ha accumulato, nel corso degli anni, assistenzialismo e squilibri parassitari), bensì in relazione al costo standard del servizio. Qui evidentemente le cose si complicano, perché non basta affermare un principio giusto ma occorre, ai fini della valutazione, considerare tutti i fattori in gioco: una cosa è offrire un sevizio a Potenza; altra cosa a Milano. Bisogna fare bene i conti, non solo dal punto di vista economicistico, ma anche e soprattutto dal punto di vista dell’impatto storico ambientale; perciò, un federalismo senza conti è un non senso, se consideriamo, come tutti affermano, che nel conto deve entrare anche il fondo di perequazione destinato alle regioni deboli, onde assicurare quei servizi alla persona cui ogni cittadino, in quanto persona, ha diritto. Questa frontiera costituirà il criterio di lettura dello stesso federalismo; il criterio centrale per verificare se effettivamente si tratti di un sistema che unisce, valorizzando le specifiche diversità oppure sia un nuovo centralismo regionale, che ai suoi vizi assomma quelli dello stato statalista, peggiorando i conti avendo meno soldi in tasca. Entra qui in gioco il principio costituzionale di sussidiarietà, in senso verticale ed orizzontale, senza del quale si perde il “meglio” del costituendo ordinamento federalista. Evidentemente su questo terreno si gioca una grande partita politica tra nord e sud, ovvero dell’intero paese. Chi, quale soggetto storico istituzionale sarà capace di interpretarla?    

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