sabato 25 dicembre 2010

La Democrazia di velluto

Benedetto XVI - Westminster Hall
Questo scritto è in onore del radiomessaggio di Papa Pio XII sulla democrazia tenuto nel Natale del 1944. Realizziamo questo nostro desiderio riportando alcuni brani dei Discorsi di Benedetto XVI. A margine una sintetica nostra riflessione, augurando la Gioia dell’Avvenimento cristiano nelle dimensioni ordinarie del quotidiano.
“Alexis de Tocqueville, a suo tempo, aveva osservato che in America la democrazia era diventata possibile e aveva funzionato, perché esisteva un consenso morale di base che, andando al di là delle singole denominazioni, univa tutti. Solo se esiste un consenso sull’essenziale, le costituzioni e il diritto possono funzionare. Questo consenso di fondo proveniente dal patrimonio cristiano è in pericolo là dove al suo posto, al posto della ragione morale, subentra la mera razionalità finalistica. Questo è in realtà un accecamento della ragione per ciò che è essenziale. Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l’essenziale, di vedere l’uomo e Dio, ciò che è buono e ciò che è vero, è l’interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà. E’ in gioco il futuro del mondo”. (Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana, 20 dicembre 2010).
“Mentre parlo a Voi in questo luogo storico, penso agli innumerevoli uomini e donne che, lungo i secoli, hanno svolto la loro parte in importanti eventi che hanno avuto luogo tra queste mura, segnando la vita di molte generazioni… In particolare, vorrei ricordare la figura di San Tommaso Moro, il grande studioso e statista inglese, ammirato da credenti e non credenti per l’integrità con cui fu capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di cui era “buon servitore”, poiché aveva scelto di servire Dio per primo”…. .
Tommaso Moro
La questione centrale in gioco, dunque, è la seguente: dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche? La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione. Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti, ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione, bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi. Questo ruolo “correttivo” della religione nei confronti ragione, tuttavia, non è sempre bene accolto, in parte poiché delle forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo, possono mostrarsi esse stesse causa di seri problemi sociali. E, a loro volta, queste distorsioni della religione emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della religione. E’ un processo che funziona nel doppio senso. Senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana. Fu questo uso distorto della ragione, in fin dei conti, che diede origine al commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non da ultimo le ideologie totalitarie del ventesimo secolo. Per questo vorrei suggerire che il mondo della ragione ed il mondo della fede, il mondo della secolarità razionale e il mondo del credo religioso, hanno bisogno l’uno dell’altro e non dovrebbero avere timore di entrare in un profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà”. (Benedetto XVI, Discorso nella Westminster Hall, 18 settembre 2010).
Quando il Papa richiama il fondamento etico, da riscoprire secondo ragione, non fa riferimento ad una precettistica (cui ci ha abituati tanta teologia cattolica) che ridurrebbe la proposta a moralismo. Richiama piuttosto la “struttura morale” presente in ogni uomo: in base ad essa la ragione nell’agire supera la parzialità, affrontando le situazioni e le circostanze secondo soluzioni più ampie, considerando tutti i fattori presenti, per la decisione più opportuna. Così, lo stesso particolarismo, l’interesse del proprio “particolare” è costretto ad uscire da sé, per proporre nella competizione democratica soluzioni sempre più ordinate al bene comune, pur in un’accesa dialettica, nell’interesse della Nazione. E’ la democrazia di velluto, ovvero il lavoro di tanti uomini e donne, associazioni, partiti, formazioni intermedie impegnate a realizzare “nuove forme di vita e di lavoro”, secondo la bellissima espressione di Giovanni Paolo II al Meeting di Rimini nel 1982; un sistema dove funzionano le reti che attutiscono il contrasto, realizzando “compromessi onorevoli” per conservare la pace sociale. A questo livello, per S. Agostino, la città dell’uomo e la città di Dio si incontrano, collaborando, nel rispetto del ruolo e dell’identità di ciascuna. Entro questo contesto, sarà possibile una “laicità positiva” che riconosca il contributo pubblico delle religioni e, in particolare, del cristianesimo, che ha forgiato la storia e la cultura europee. Il cristianesimo, ossia l’esperienza dell’avvenimento di Dio fatto Uomo, Gesù, che ha posto la sua tenda fra gli uomini, per illuminare e sostenere, attraverso la Sua compagnia, le esigenze costitutive del cuore di ciascuno, rendendo la vita umana più affascinante ed interessante, in ogni tornante della storia.  
         

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