mercoledì 15 giugno 2011

E tu?

C’è una forte domanda di partecipazione espressa nei referendum appena votati. Non aver colto questa spinta profonda è stata la più grave cecità che ha afflitto alcuni leaders politici del nostro Paese. Il dato più eclatante è la partecipazione giovanile segnata dalla voglia (preoccupazione) di futuro. Sarebbe delittuoso, pertanto, ridurre tutto ciò ad uno schematismo politico ormai già fuori dalla realtà. “La libertà non è uno spazio libero; la libertà è partecipazione”, dice l’inno di Buongiorno Democrazia. E’ una domanda, dunque, di libertà! La società italiana cerca nuove forme di rappresentanza e di aggregazione; innovativi modelli partecipativi che superino l’incomunicabilità tra cittadini e istituzioni. Chi si farà carico di questa esigenza? E’ opera di tutti costruire momenti e luoghi di libertà! La nostra è la Nazione delle città e dei paesi; dei Comuni e delle Autonomie Locali. Tutta la nostra storia è attraversata da questo impeto di libertà che ha configurato anche le istituzioni. Il nostro Paese è il più ricco di associazioni e corpi intermedi, che hanno forza costituzionale perché espressioni della dignità originaria della persona umana e, quindi, della primazia delle cellule connettive della società e delle comunità. Si tratta di riscoprire questa vocazione alla polis di cui, attraverso mille rivoli e modalità, è intessuta la nostra tradizione e la nostra società. Occorre andare a fondo di questo specifico caso italiano, rinnovando le ragioni costitutive della convivenza umana. Lo spirito di intrapresa ha segnato anche e soprattutto i momenti più difficili del Paese: lo slancio costruttivo, un’idea positiva del futuro, la capacità di sacrificio per realizzare qualcosa di bello e di utile per sé e i propri cari sono stati dominati sulla rassegnazione, sullo scetticismo, sul nichilismo. La crisi più grave, prima di quella economica e sociale, si pone proprio a questo livello determinate e decisivo: la perdita del gusto del rischio, del gusto di intraprendere e realizzare forme nuove di vita e di lavoro. Comprendiamo bene che non è questione di volontarismo o di ottimismo della volontà: è questione innanzitutto educativa, ovvero di esperienze e di luoghi ove imparare a riconoscere i fattori costitutivi della propria umanità sorpresa come movimento della persona in azione. La ricostruzione delle ragioni che connotano l’impeto di libertà, di cui, almeno in certi momenti, ciascuno fa esperienza, è la battaglia culturale fondamentale, verificabile, come incremento della propria umanità, negli interessi, nei problemi, nei bisogni emergenti: linfa di un mutamento anche istituzionale. Per questa battaglia noi ci siamo. E tu?             

Nessun commento:

Posta un commento