Nel settimo anniversario della morte di don Giussani, ieri sera, al termine della Messa in Duomo, il Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, don Julian Carròn, ha chiesto all’Arcivescovo di Milano, Cardinal Angelo Scola, di avviare il processo di beatificazione del fondatore.
“E’ una semplicità del cuore, disse il padre di C. L., quella che mi faceva sentire e riconoscere come eccezionale Cristo, con quella immediatezza certa, come avviene per l’evidenza inattaccabile e indistruttibile di fattori e momenti della realtà, che, entrati nell’orizzonte della nostra persona, colpiscono fino al cuore”.
Come quando, da ragazzino, alle cinque del mattino, andando a Messa con la mamma, colpirono fino al cuore le parole di lei mentre guardava l’ultima stella: “Quanto è bello il mondo! Com’è grande Dio!”
Come quando intuì, ancora giovinetto, l’identità tra la “Cara beltà” di Leopardi e l’inizio del Vangelo di Giovanni: “Il Verbo si fatto carne”, ovvero “la Bellezza si è resa incontrabile”.
Don Carròn, nel mentre rendeva nota la domanda formale per l’avvio del processo, ha evidenziato, davanti al Cardinale, con ingenua baldanza ed il volto lieto e sicuro di un bambino, “il fascino umano, l’ardore” del carisma incontrato; il Cardinale, che, pochi minuti prima, aveva tenuto un’omelia alta, profonda, solenne, ha evocato il “sorriso” di don Giussani, incrinando la voce, quasi cedendo… .
In quell’istante, è stato bello guardarli negli occhi! “Fin dai suoi primordi, aveva detto il Cardinale, la tradizione della Chiesa ambrosiana ha trasformato il metodo dell’azione di Dio nella storia degli uomini – l’Incarnazione – in una feconda proposta educativa”. Una proposta, un’esperienza di ragione e di fede. Nella tradizione di pensiero della fede amica della ragione, appartiene a don Giussani la definizione sintetica - teorica e di metodo – umanamente più interessante e criticamente più immediatamente persuasiva del “concetto” di razionalità della fede. La fede, reinterpretando l’adaequatio rei et intellectus di S. Tommaso, è l’avvenimento di corrispondenza alle esigenze costitutive del cuore umano. In questa corrispondenza verificabile nell’esperienza sta la ragionevolezza del fatto cristiano. L’unità tra fede e ragione, tra fede e cultura è la chiave di volta di un ritrovato protagonismo “laico” del popolo cristiano nella storia; l’unità tra teoria e metodo nell’esperienza della corrispondenza è la genialità del metodo di don Giussani. “Quello che poteva sembrare, al massimo, un’esperienza singolare diventava un protagonismo nella storia…. Ho visto così succedere il formarsi di un popolo, in nome di Cristo”. Nell’imbattersi ora, qui ed ora, in questo popolo (“sui generis”) fiorisce e rifiorisce l’Essere nell’io: “In questo popolo la letizia è diventata “ingenti gaudio”, fattore decisivo, cioè, della propria storia come positività ultima e, quindi, come gioia”.
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