lunedì 14 gennaio 2013

L’unità dei cattolici


Antonio Simone su “Tempi” ha esposto considerazioni significative sull’impegno politico dei cattolici. Su questo tema il comunicato di Comunione e Liberazione, a proposito dell’impegno politico ed anche partitico dei suoi aderenti, dice una parola chiara ed intelligente: è l’esperienza della fede che diventa intelligenza della realtà. E’ l’intelligenza che abbiamo visto nell’intervento del Prof. Vittadini al Meeting di Rimini dello scorso agosto su “Desiderio e politica”. Mi ha colpito molto il giudizio di don Giussani riportato da Simone: “viene prima l’unità e quando questa non si esprime, a livello politico, è un dolore”. (Citazione non testuale, ma ugualmente precisa). Per noi uomini e donne, che viviamo nella terra affascinante e drammatica del Mezzogiorno, è stato ed è un dolore vedere nostri amici (impegnati partiticamente) farsi paladini di un sistema politico istituzionale imperniato sul “bipolarismo manicheo”. E’ stato ed è un dolore vedere amici sostenere acriticamente un sistema che privilegia lo scontro, distruggendo la possibilità di pace sociale e di convivenza umana del popolo. E’ stato ed è un dolore aver fatto percepire, da parte degli amici, di affermare più le “ragioni” della cadegra che l’impeto di libertà, quasi piegandosi al culto della personalità del capo e mortificando la libera istituzione parlamentare elettiva. E’ stato ed è un dolore veder assecondare alleanze promotrici del federalismo centralista di stampo regionalista, nonché “discriminatorie”  nei confronti di una parte del nostro Paese. Discriminazione è termine “corretto”. “Se i nostri amici di Alcamo non vendono il vino che producono, è responsabilità vostra”, affermò don Giussani. “Vostra”, cioè dei nostri “fratelli maggiori”.  L’unità non è in funzione di un partito o di uno schieramento, ma per la missione stessa della Chiesa. Ritornano in mente le parole di Giovanni Paolo II al Meeting di Rimini nel 1982. “Costruite la civiltà della verità e dell’amore. Lavorate per questo, pregate per questo, soffrite per questo.” Quante volte abbiamo ascoltato da don Giussani il suo fervore per questo passo del Papa. “La missione della Chiesa è nella storia. L’educazione alla fede è l’esperienza che mette l’uomo nelle condizioni più adeguate per vivere i problemi della storia”. “Non ci ha risparmiato la storia”, ha ricordato don Carron. L’educazione che continuamente ci riscatta interpella la nostra responsabilità nelle condizioni in cui viviamo. Ci sostiene il giudizio del movimento sulla crisi, imparando continuamente ad affrontare la realtà da uomini veri e liberi, innamorati dell’Essere che ci costituisce. Noi siamo fortunati, perché la condizione più stringente che viviamo, a livello sociale ed economico, commuove il nostro cuore, ci muove incontro alla realtà, rendendoci più familiare l’origine della vibrazione umana che sorprendiamo in noi. “Quando sono caritatevole è un Altro che agisce in me”, disse don Giussani il 30 maggio, ricordando la frase, cara a don Giacomo, di Santa Teresina del Bambino Gesù. Questo impegno nelle cose è la nostra politica; fatti e modi stare nell’ambiente che sono uno spettacolo di fronte al mondo e ai nostri stessi occhi. Se l’accento di dolore, cui faceva riferimento Simone, è vero, non blocca, genera letizia e simpatia per ogni tentativo sincero ed ironico. Perciò, stimiamo il tentativo di Mario Mauro di riportare al centro del dibattito politico le condizioni per un lavoro comune sui problemi, andando oltre la guerra degli schieramenti.     

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