mercoledì 9 gennaio 2013

Welfare Territoriale per il bene e i beni comuni

Il Presidente della Repubblica mentre pronuncia il
messaggio di fine anno.

Nel discorso di fine anno il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha denunciato la drammatica situazione in cui vive il nostro Paese: “Non si può parlare di disagio, ma si deve parlare, come in altri periodi difficili, di vera emergenza sociale”. Analogo giudizio ha espresso Benedetto XVI al Corpo Diplomatico nel messaggio di inizio anno: “Si tratta di non rassegnarsi allo spreed del benessere sociale, mentre si combatte quello della finanza”.  Le parole del Capo dello Stato e del Papa costituiscono chiavi di volta di un rinnovato impegno per il bene comune. Tale bene è responsabilità di tutti e di ciascuno; per concorrere alla sua realizzazione non occorre essere deputato o sindaco: piuttosto occorre essere “politico di razza”, cioè cittadino che, per sua stessa natura, vive nella polis: da qui il significato (dimenticato e oltraggiato) della parola politica. Mentre nella “politica grande” prevale la logica dello scontro su quella del confronto (causa di ciò una pessima legge elettorale che, negando la libertà di scelta dell’elettore, privilegia le alleanze forzose rispetto ai contenuti), la politica delle “cose quotidiane” (quella degli amministratori locali e dei territori) è chiamata a grandi scelte. Per combattere lo spreed sociale (per usare l’espressione del Papa) e far fronte adeguatamente all’emergenza di cui ha parlato Napolitano, le Autonomie Locali hanno il compito di assicurare ai cittadini i fondamentali servizi alla persona. In queste settimane, si porranno in atto le necessarie attività di concertazione tra i vecchi Ambiti Territoriali e i nuovi, come disegnati dalla Delibera di Giunta Regionale 320 del 2012. Una grande sfida, perché si tratta di recuperare concettualmente ed operativamente la nozione di “città territorio”, abbandonando particolarismi e municipalismi che non portano da nessuna parte. Corrono voci che il vertice politico della Regione Campania, a dispetto della Riforma del Titolo V, parte seconda della Costituzione, la quale ha attribuito alle Regioni competenza esclusiva in materia di servizi sociali, vorrebbe dismettere le sue titolarità, demandandole, sotto il profilo finanziario, esclusivamente ai Comuni. Di fronte a ciò, occorre uno sforzo interistituzionale congiunto, pena lo sgretolamento della stessa funzionalità delle realtà comunali. Se la “politica grande” prospetta (a bassa voce) propositi assurdi, alle Autonomie Locali unite spetta la responsabilità di fare la grande politica del bene e dei beni comuni.               

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