sabato 9 febbraio 2013

Leghismo senza sussidiarietà


Aldo Brandirali su “Il sussidiario” ha dato un giudizio sostanzialmente critico sul programma leghista per la Regione Lombardia, pur apprezzandone la continuità con la Presidenza Formigoni in materia di bonus per la scuola e per la formazione professionale. Buongiorno Democrazia tenta di “allargare il punto”, argomentando su ciò che massimamente sta a cuore ad una realtà popolare valorizzatrice della libertà della persona. A fronte di ciò il leghismo appare come fenomeno culturalmente ristretto e politicamente contrario ad ogni seria istanza di libertà. “Toglieteci tutto, ma non la libertà di educare”: è ciò che ci sta massimamente a cuore! E’ il principio fondante; il valore non negoziabile; il fondamentale criterio di giudizio e di azione. E’, come disse Giovanni Paolo II, a proposito della libertà religiosa, “prisma di tutte le libertà”: si tratta di “qualcosa” che, per sua stessa natura, non è, in alcun modo, divisibile. Libertà di educarci alla fede, in ogni situazione, in ogni circostanza, in ogni contesto, in ogni ambito, scoprendo e verificando, nelle cose, la sua corrispondenza alle esigenze costitutive del cuore. Libertà di rendere evidente la razionalità e la ragionevolezza della fede, secondo la particolare vibrazione dell’Essere di cui godiamo grazie al carisma che abbiamo incontrato. “Nulla vale lo sguardo di un uomo libero”, ovvero l’essere in azione di un uomo consapevole di sè; perciò, protagonista di civiltà. Per questo “sguardo” è nato il nostro movimento! In forza di ciò, non per un’ideologia cattolica, fosse anche quella dei valori non negoziabili, ci muoviamo nella storia. L’ideologia, qualunque essa sia, come ci ha insegnato colui che, nell’esperienza, ha reso umanamente affascinante e criticamente facilitante il nesso fede-ragione, è intrinsecamente reazionaria, reattiva. Da questo “sguardo” una certa concezione dell’organizzazione sociale: pluralismo delle e nelle istituzioni scolastiche; valorizzazione delle formazioni intermedie; libertà di cultura e di intrapresa: non solo libera espressione, bensì libertà tutta intera di creatività sociale ed economica. Libertas ecclesiae, non solo culto, bensì libertà di rischiare pubblicamente la fede cristiana in tutte le realtà temporali. Ancor prima, una certa concezione della persona e della famiglia, in relazione sostanziale con gli altri, con l’Altro; e, quindi, una specifica e più umana comprensione del lavoro: opera attraverso cui si realizza l’umanità della persona. “Il lavoro come forza che crea una comunità”, che “viene prima” – ontologicamente – di qualsiasi istituzione, nel senso che l’istituzione è chiamata a servire sussidiariamente la comunità. Questa concezione in atto contesta il dispiegarsi del dispotismo, talvolta strisciante, benché strutturale: è il dispotismo imperniato sul centralismo degli Enti Locali peggiore di quello statalista, perché più invasivo nella vita personale e della famiglia. Di questa forma dispotica la Lega è l’erede più coerente dell’ideologia leninista. Per non andare lontano e rimanere ancorati alla cronaca di questi giorni, ricordiamo che verso questa “linea rossa” andava lo sforzo dell’allora ministro del Tesoro (Tremonti), per ricollocare le fondazioni bancarie sotto il controllo degli Enti Locali e, quindi, dei partiti. Ancora: libertà di educazione, ovvero costruire legami, incrementando la giusta convivenza tra le persone: la pace sociale che, per Sant’Agostino, è il fattore politico (della polis) prioritario da difendere. Libertà di educare, ossia accoglienza del diverso, dell’altro: lungo questa strada, antica e sempre nuova frontiera della Chiesa (frontiera comune), più che alzare muraglie leghiste, occorrerebbe seguire ed imparare (immedesimazione) la lezione di meticciato, secondo la grande testimonianza ecclesiale e culturale dell’attuale Pastore della Chiesa ambrosiana. La totalità della libertà della persona: ecco cosa ci sta a cuore, dispiegando un impegno cattolico, cioè secondo la globalità di un’autentica esperienza umana, rifiutando di rinchiudersi in riserve indiane, autolimitando ed autoriducendo l’orizzonte del proprio sguardo sulla realtà, pena lo svuotarsi della dimensione “prismatica” della libertà di educazione, per una vacua egemonia catto-territoriale. Nell’ampiezza “prismatica” di questa libertà si dispiega l’impegno plurale dei cattolici in politica, sia nella forma comunitaria, sia nella modalità del rischio personale e responsabile. Nel recupero critico e nella consapevolezza nuova dell’ontologia sociale (l’essere della persona nei corpi intermedi ove si svolge la sua personalità) sta il compito primario dei cattolici impegnati nella vita pubblica: è l’ontologia che rende ragionevole la stessa norma morale, che altrimenti apparirebbe ideologica ed umanamente priva di interesse. La dimenticanza dell’ontologia rende tiepidi verso il dispotismo e moralisti rispetto alla morale. Ci sono, poi, questioni più squisitamente politiche su cui bisognerebbe incalzare, non assecondare, la Lega. Partiamo dalla proposta del 75% delle tasse  nelle Regioni. Per quelle a bassa densità di popolazione, soprattutto alcune del Sud e centro Sud, equivarrebbe allo strangolamento fisico. Ma andiamo oltre. C’è qualcosa che viene prima: la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza Sociale (LIVEAS), che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini, senza eccezione alcuna, in tutto il territorio nazionale. Su questo silenzio assoluto. Dunque: prima definire ciò che costituzionalmente (e secondo il diritto naturale) è da garantire e difendere; poi finalizzare la destinazione delle risorse, istituendo il fondo di perequazione per le Regioni che non riuscirebbero a garantire con risorse proprie i servizi essenziali. Senza questo “prima” vengono calpestati il principio di sussidiarietà e gli inderogabili doveri di solidarietà sociale. Vien da sottolineare che solidarietà e sussidiarietà stanno insieme inscindibilmente, come insegna la dottrina sociale cattolica e come sempre ribadisce il Presidente della Conferenza Episcopale, Cardinal Bagnasco. C’è, poi, la questione della macroregione. Qui si rivela tutta la miopia di una classe politica che pretende di essere dirigente. Senza un’adeguata riforma complessiva dell’assetto statuale, in chiave sussidiaria (non “federalstatalista”), in cui le Regioni assumono chiaramente la funzione di indirizzo e non di gestione, le stesse diventerebbero staterelli (non macroregioni) con tutti i vizi dello Stato statalista centralista. Lungo questa linea, è da riconsiderare il ruolo degli enti intermedi e delle “autonomie locali larghe”: si tratta di una visione più rispondente alle esigenze dei territori e alle macro sfide attuali, ben oltre il “provincialismo”, di cui la Lega si è fatta garante. Infine, l’Europa. E’ da stimare la vocazione italiana in Europa e nel mondo. Recuperare questa vocazione e tradizione significa aprire nuovi “canali di comunicazione” nel mediterraneo, nell’interesse del nord e del sud del nostro Paese e di tutta l’Europa. La grande innovazione (anche per il nord dell’Italia) è la linea strategica come “piattaforma logistica” nel mediterraneo, di cui il mezzogiorno è il porto naturale. Il nordismo è contro gli stessi interessi del nord. Questa è politica per gli Statisti che pensano alle generazioni future, non per politici di bassa lega.                   

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