“Il potere come ideologia unica è una follia
menzognera e dannosa che impedisce la realizzazione del progetto Nazione. Il
dialogo e la ricerca della verità che ci spingono a costruire un progetto
comune implicano ascolto, rinuncia, riconoscimento degli errori, accettazione
dei fallimenti e degli equivoci. Implicano di accettare la debolezza. Però
diamo sempre l’impressione di agire al contrario: gli errori sono commessi
dagli altri e sicuramente dall’altra parte. Se i pregiudizi ideologici
deformano lo sguardo sul prossimo e la società secondo le proprie sicurezze e
paure, il potere fatto ideologia unica accentua il fuoco persecutorio e
pregiudiziale per cui tutte le posizioni sono schemi di potere e tutti vogliono
dominare sugli altri. In questo modo si erode la fiducia sociale che è radice e
frutto dell’amore”. Ringraziamo il Sen. Mario Mauro, per averci inviato, in
occasione della Pasqua, questo pensiero del Card. Jorge Mario Bergoglio oggi
Papa Francesco. E’ un pensiero-testimonianza
da cui tutti noi dobbiamo imparare. La vita politica nel nostro Paese è stremata da un ventennio di dure
contrapposizioni che, purtroppo, non lasciano spazio ad alcuna forma di dialogo
o collaborazione per il bene comune. E’ un clima da guerra fredda che paralizza
le istituzioni, in particolare il Parlamento, compromettendo la stessa tenuta
democratica del Paese. Manca una visione strategica delle istituzioni
democratiche corrose dalla logica particolaristica ed arrogante. Da questa palude
bisogna uscire pena il dissolvimento della convivenza civile. In che modo?
Partendo dalla realtà. Se è vero che le elezioni politiche ci hanno consegnato
un Parlamento privo di capacità effettiva di governo, è pur vero che il
risultato elettorale apre una fase diversa, per certi versi, inedita della
politica italiana. Sono crollate le pretese egemoniche del bipolarismo manicheo:
nessuno dei gruppi interpreti di questa filosofia ha in sé la forza di
esprimere un governo; pertanto, è di fatto ridimensionata la loro pretesa di
autosufficienza, la quale ha caratterizzato ed inquinato la vita politica nazionale.
L’annullamento dei blocchi bipolaristi
potrebbe aprire una fase di ripensamento in senso democratico della loro stessa
mission, ponendo adeguato argine dialogico, non di arroccamento, nei confronti
dell’erede dell’autosufficienza: il M5S, mix di messianismo e fanatismo. Occorrerebbe
lavorare per riordinare il sistema istituzionale riconoscendo il valore della
pluralità dell’offerta politica e riacquistando la capacità di pensarsi in
coalizioni sulla base di alleanze programmatiche: non si tratta di ritornare al
proporzionalismo puro e duro, ma di ridisegnare il campo di gioco al di là
dell’autosufficienza. E’ la riforma della politica in un sistema plurale in cui
ridiventa dialettico e maturo il rapporto maggioranza-opposizione, nella libera
scelta di convergenze programmatiche. Tale assetto istituzionale è frutto di
una riforma culturale che riconosca il ruolo della politica e la giusta
valorizzazione della primazia della società. E’ la strada che conduce ad una
riforma elettorale che, da un lato, assicuri la governabilità e, dall’altro, garantisca
il pieno svolgimento della dialettica democratica, non mortificando i soggetti
politici intermedi. Da questo punto di vista, il lavoro dei “saggi” appare
utile e potrebbe costituire una seria opportunità di dialogo e di lavoro
comune. Ma l’ultimo (disperato) scatto del bipolarismo potrebbe spingere le
forze maggiori a stringere un’alleanza “napoleonica”, ovvero un sistema alla
francese che prediliga lo schieramento dei titani, al fine di tarpare le ali ai
soggetti intermedi, spingendo, nel contempo, le forze estreme a collocarsi in
chiave antiparlamentare, come accade in Francia con la destra di Le Pen. E’
l’ultima tentazione degli opposti integralismi che lasciano sul campo solo
macerie. Si scelga la ragionevolezza ed il realismo: “proporzionare il
proporzionale al maggioritario” indicò, oltre 10 anni fa, Andreotti. Noi
aggiungiamo: per uscire dal tunnel.

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