Giovedì 27 marzo, ore
6.48; ci stavamo recando (Aldo, Salvatore, Ciccio ed io con l’on.le Guglielmo
Vaccaro), dall’ingresso laterale (quello da cui si accede anche alla sala Nervi),
alla Messa per i parlamentari italiani celebrata dal Papa, nella Basilica di San
Pietro, all’altare della Cattedra. Eravamo in ritardo rispetto alla programmata
“tabella di marcia”, tanto che Aldo parcheggia l’auto proprio all’ingresso dei
cancelli vaticani, assicurando, però, la possibilità di “spostarla” (le chiavi
in bella evidenza), nel caso si fosse determinato qualche problema logistico.
Era il giorno della visita in Vaticano del Presidente Obama. Un istante…un
balzo del cuore: Papa Francesco mentre attraversava, con passo svelto, il
tratto da Santa Marta alla Basilica. Istanti di quasi stordimento, che, tuttavia,
non trattenevano il nostro impeto, noi protesi nella corsa, per andargli
incontro. L’istantaneo stop del servizio d’ordine. Ci siamo bloccati, ansanti. Poi,
il saluto (grido) di Ciccio: “buongiorno”. Lui si ferma. Ci rivolge lo sguardo.
Con la mano ci fa cenno (vistosamente ed energicamente) di proseguire, di fare
in fretta, bloccando l’addetto al servizio d’ordine, che guarda la scena muto.
I nostri occhi “ridenti e fuggitivi”! In un baleno, con il cuore in gola, noi davanti
a lui, con lui. Il Papa, da vicino; così, casualmente. “Il ministero petrino,
disse Benedetto XVI, ha il carisma della fisicità”, che ridesta. Come quando
toccavano il mantello di Pietro; ora, la sua figura bianca. Istintivamente
prendo la coroncina del rosario che avevo portato con me: “Santità, è il
rosario del 13 marzo” (stavamo sotto la loggia centrale, in attesa del Papa
nuovo, proprio quel giorno, l’anno scorso). E’ pleonastico dire “non riesco a
trovare le parole per descrivere il suo sguardo”. Il cuore del popolo deve dire
le parole vere, sa trovare le parole giuste: quelle semplici, magari
balbettando come il bambino. “Ojos de cielo”, “Occhi di cielo”, come dice il canto
brasiliano, che don Carròn ci ha fatto cantare durante gli esercizi della
Fraternità. La sua esclamazione…., un sospiro stupefatto; e con gesto deciso,
l’immediata benedizione del rosario. (Avrà fulmineamente pensato a quel giorno,
a quel momento….., alla sua epifania, quando si è mostrato al mondo, chiedendo
al popolo di invocare Dio per la benedizione al nuovo Vescovo di Roma). Si
trattiene con noi; saluta il gruppetto dei fortunati. Ancora più vicino:
“Santità, il tradizionale bacio”. Non so perché dico “tradizionale”. Schiocco
due baci sulle guance del Papa, mentre le sue mani mi prendevano. Mai avrei
immaginato! Lui che mi guarda compiaciuto. Si compiace di ciascuno di noi. Di
tutti. E’ venuto dalla fine del mondo, per annunciare la misericordia di Dio,
in Cristo, all’uomo d’oggi. La tenerezza di Dio all’uomo! Come il bambino, come
“un uomo bambino”, che non ha limiti ed esagera nei confronti del padre, gli
sussurro all’orecchio: “Santità, ogni giorno, sulla tomba di san Matteo,
preghiamo per il Papa”. Nel cuore, il “suo” giorno (“C’è un giorno per me molto
importante: il 21 settembre 1953. Per noi il giorno della primavera, da voi il
giorno dell’autunno…. Ho sentito la necessità di confessarmi…Non so cosa sia
successo, ma la verità è che Qualcuno mi aspettava”). Riecheggiavano in noi le
parole del suo motto: “Miserando atque eligendo” (le parole di san Beda a
commento dell’incontro di Gesù con Matteo: “Vide Gesù un pubblicano e, siccome
lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: “Seguimi”). Nel cuore,
il dipinto del Caravaggio, “La vocazione di Matteo”, pensando all’attrattiva suscitata
dall’immedesimazione di don Giussani ed allo sguardo raccontato da Papa
Francesco (“Spesso visitavo la chiesa di San Luigi dei Francesi, è lì andavo a
contemplare il quadro della Vocazione di San Matteo del Caravaggio. Quel dito
di Gesù così…verso Matteo. Ecco, questo sono io: un peccatore al quale il
Signore ha rivolto i suoi occhi. E questo è quel che ho detto quando mi hanno
chiesto se accettavo la mia elezione a Pontefice”). Ed ancora: il volto di don
Giacomo, “l’uomo bambino”, orante sulla tomba del santo a Salerno. Tutta una
storia che ha infiammato la nostra giovinezza, arricchendo ed allietando, passo
dopo passo, la lunga marcia della maturità. Tutta una storia. Nella preghiera,
nello sguardo, nel bacio di quel primo mattino.giovedì 24 aprile 2014
In quel primo mattino
Giovedì 27 marzo, ore
6.48; ci stavamo recando (Aldo, Salvatore, Ciccio ed io con l’on.le Guglielmo
Vaccaro), dall’ingresso laterale (quello da cui si accede anche alla sala Nervi),
alla Messa per i parlamentari italiani celebrata dal Papa, nella Basilica di San
Pietro, all’altare della Cattedra. Eravamo in ritardo rispetto alla programmata
“tabella di marcia”, tanto che Aldo parcheggia l’auto proprio all’ingresso dei
cancelli vaticani, assicurando, però, la possibilità di “spostarla” (le chiavi
in bella evidenza), nel caso si fosse determinato qualche problema logistico.
Era il giorno della visita in Vaticano del Presidente Obama. Un istante…un
balzo del cuore: Papa Francesco mentre attraversava, con passo svelto, il
tratto da Santa Marta alla Basilica. Istanti di quasi stordimento, che, tuttavia,
non trattenevano il nostro impeto, noi protesi nella corsa, per andargli
incontro. L’istantaneo stop del servizio d’ordine. Ci siamo bloccati, ansanti. Poi,
il saluto (grido) di Ciccio: “buongiorno”. Lui si ferma. Ci rivolge lo sguardo.
Con la mano ci fa cenno (vistosamente ed energicamente) di proseguire, di fare
in fretta, bloccando l’addetto al servizio d’ordine, che guarda la scena muto.
I nostri occhi “ridenti e fuggitivi”! In un baleno, con il cuore in gola, noi davanti
a lui, con lui. Il Papa, da vicino; così, casualmente. “Il ministero petrino,
disse Benedetto XVI, ha il carisma della fisicità”, che ridesta. Come quando
toccavano il mantello di Pietro; ora, la sua figura bianca. Istintivamente
prendo la coroncina del rosario che avevo portato con me: “Santità, è il
rosario del 13 marzo” (stavamo sotto la loggia centrale, in attesa del Papa
nuovo, proprio quel giorno, l’anno scorso). E’ pleonastico dire “non riesco a
trovare le parole per descrivere il suo sguardo”. Il cuore del popolo deve dire
le parole vere, sa trovare le parole giuste: quelle semplici, magari
balbettando come il bambino. “Ojos de cielo”, “Occhi di cielo”, come dice il canto
brasiliano, che don Carròn ci ha fatto cantare durante gli esercizi della
Fraternità. La sua esclamazione…., un sospiro stupefatto; e con gesto deciso,
l’immediata benedizione del rosario. (Avrà fulmineamente pensato a quel giorno,
a quel momento….., alla sua epifania, quando si è mostrato al mondo, chiedendo
al popolo di invocare Dio per la benedizione al nuovo Vescovo di Roma). Si
trattiene con noi; saluta il gruppetto dei fortunati. Ancora più vicino:
“Santità, il tradizionale bacio”. Non so perché dico “tradizionale”. Schiocco
due baci sulle guance del Papa, mentre le sue mani mi prendevano. Mai avrei
immaginato! Lui che mi guarda compiaciuto. Si compiace di ciascuno di noi. Di
tutti. E’ venuto dalla fine del mondo, per annunciare la misericordia di Dio,
in Cristo, all’uomo d’oggi. La tenerezza di Dio all’uomo! Come il bambino, come
“un uomo bambino”, che non ha limiti ed esagera nei confronti del padre, gli
sussurro all’orecchio: “Santità, ogni giorno, sulla tomba di san Matteo,
preghiamo per il Papa”. Nel cuore, il “suo” giorno (“C’è un giorno per me molto
importante: il 21 settembre 1953. Per noi il giorno della primavera, da voi il
giorno dell’autunno…. Ho sentito la necessità di confessarmi…Non so cosa sia
successo, ma la verità è che Qualcuno mi aspettava”). Riecheggiavano in noi le
parole del suo motto: “Miserando atque eligendo” (le parole di san Beda a
commento dell’incontro di Gesù con Matteo: “Vide Gesù un pubblicano e, siccome
lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: “Seguimi”). Nel cuore,
il dipinto del Caravaggio, “La vocazione di Matteo”, pensando all’attrattiva suscitata
dall’immedesimazione di don Giussani ed allo sguardo raccontato da Papa
Francesco (“Spesso visitavo la chiesa di San Luigi dei Francesi, è lì andavo a
contemplare il quadro della Vocazione di San Matteo del Caravaggio. Quel dito
di Gesù così…verso Matteo. Ecco, questo sono io: un peccatore al quale il
Signore ha rivolto i suoi occhi. E questo è quel che ho detto quando mi hanno
chiesto se accettavo la mia elezione a Pontefice”). Ed ancora: il volto di don
Giacomo, “l’uomo bambino”, orante sulla tomba del santo a Salerno. Tutta una
storia che ha infiammato la nostra giovinezza, arricchendo ed allietando, passo
dopo passo, la lunga marcia della maturità. Tutta una storia. Nella preghiera,
nello sguardo, nel bacio di quel primo mattino.
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