martedì 19 agosto 2014

De Gasperi, quanta nostalgia!

19 agosto 1954 – 19 agosto 2014: 60 anni dalla morte di De Gasperi. Mai in Europa un periodo così lungo di pace e di democrazia, malgrado la guerra fredda e la tragedia nei Balcani. Tutto ciò grazie all’intuizione dei Padri dell’Europa unita (De Gasperi, Schuman, Adenauer) ed in forza del lavoro indomito di una generazione coraggiosa, la quale, uscendo dalla seconda guerra mondiale, seppe coltivare il bene superiore della civile convivenza tra le Nazioni. Oggi viviamo un tornante difficile e drammatico della storia europea. Quanta nostalgia di quei politici e di quella generazione! Quanta nostalgia di coloro che seppero riprendere la lezione dei Padri, individuando strade e strategie comuni, per proseguire il cammino di pace. Andreotti, Kohl, Mitterand. Qualche giorno fa, l’ex Ministro del Lavoro nel governo Letta, Giovannini, su Avvenire, ha espresso il seguente giudizio: “Quando fu firmato il Trattato di Maastricht (per l’Italia da Andreotti, ndr) gli investimenti pubblici rappresentavano il 3% del Pil. Quindi, imponendo un analogo limite all’indebitamento pubblico si immaginava un pareggio del bilancio di parte corrente e un disavanzo in conto capitale che servisse ad investire nel futuro. Bisogna tornare a quello spirito: non ci può essere un’austerità per gli investimenti, mentre va controllata la spesa corrente, al netto del ciclo, perché è evidente che nei periodi di recessione la spesa sociale deve farsi carico del disagio delle persone.” E’ il cuore della battaglia da condurre nelle istituzioni dell’Unione; rinunciare ad essa, per l’impossibile ed anacronistico ritorno nel proprio recinto, nell’epoca della finanziarizzazione dell’economia, che espropria (questa sì) la stessa sovranità degli Stati, significa consegnare alle prossime generazioni la “balcanizzazione finanziaria” dell’Europa, con effetti inquietanti. Perciò, bisogna riandare alla lezione dei Padri. Ad un incontro pubblico a Salerno, Andreotti, staccandosi dal gruppo di persone che lo intratteneva, mi confidò la sua amarezza per l’assenza della Cancelliere Merkel alla commemorazione di Adenauer, in Germania, nel corso della quale il senatore a vita tenne la prolusione storico-ideale. Segno che “qualcosa” si era rotto nella stessa tradizione di pensiero che aveva fatto l’Europa. Tuttavia, la figura di De Gasperi continua ad ispirare, per lungimiranza politica, per robustezza morale, per attrattiva ideale. Cattolico fervente, promotore della vera laicità, amante dell’italianità e delle Autonomie territoriali, assertore della centralità del partito democratico-cristiano e, nello stesso tempo, convinto sostenitore della collaborazione  di governo con le forze laiche, fu il leader della ricostruzione del Paese, compiendo scelte difficili in contrapposizione ideale e politica all’ambiguità comunista, mai disdegnando il confronto con il PCI, anzi guardando con simpatetica-sfida competitiva ai valori di quell’universo popolare. Negli anni della “seconda Repubblica”, Berlusconi ebbe l’ardire di paragonarsi allo Statista trentino. Gli rispose, da par suo, il Presidente Cossiga: “Se lui è come De Gasperi, io sono Carlo Magno”. “De Gasperi, uomo solo”: è il titolo del libro a lui dedicato dalla figlia, Maria Romana. Visse momenti di profonda solitudine, forse soprattutto al Congresso di Napoli nel 1954, pochi mesi prima di morire, nella beltà delle sue montagne, a Sella di Valsugana, quando l’insorgente fanfanismo lo scalzò dalla guida del partito. Eppure non fu mai solo: ebbe sempre accanto la sua straordinaria famiglia, la splendida moglie, il giovane che Mons. Montini gli indicò, per accompagnarlo negli affari di governo. Ebbe sempre dalla sua parte l’ethos di un popolo desideroso di riprendere il cammino, ricostruendo, con fiducia e speranza, l’Italia distrutta. Lo sostenne sempre la compagnia della fede: la memoria vecchia scuderia dei popolari “liberi e forti”.                

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