19 agosto 1954 – 19 agosto 2014: 60
anni dalla morte di De Gasperi. Mai in Europa un periodo così lungo di pace e
di democrazia, malgrado la guerra fredda e la tragedia nei Balcani. Tutto ciò
grazie all’intuizione dei Padri dell’Europa unita (De Gasperi, Schuman,
Adenauer) ed in forza del lavoro indomito di una generazione coraggiosa, la
quale, uscendo dalla seconda guerra mondiale, seppe coltivare il bene superiore
della civile convivenza tra le Nazioni. Oggi viviamo un tornante difficile e
drammatico della storia europea. Quanta nostalgia di quei politici e di quella
generazione! Quanta nostalgia di coloro che seppero riprendere la lezione dei
Padri, individuando strade e strategie comuni, per proseguire il cammino di
pace. Andreotti, Kohl, Mitterand. Qualche giorno fa, l’ex Ministro del Lavoro
nel governo Letta, Giovannini, su Avvenire, ha espresso il seguente giudizio:
“Quando fu firmato il Trattato di Maastricht (per l’Italia da Andreotti, ndr)
gli investimenti pubblici rappresentavano il 3% del Pil. Quindi, imponendo un
analogo limite all’indebitamento pubblico si immaginava un pareggio del
bilancio di parte corrente e un disavanzo in conto capitale che servisse ad
investire nel futuro. Bisogna tornare a quello spirito: non ci può essere
un’austerità per gli investimenti, mentre va controllata la spesa corrente, al
netto del ciclo, perché è evidente che nei periodi di recessione la spesa
sociale deve farsi carico del disagio delle persone.” E’ il cuore della
battaglia da condurre nelle istituzioni dell’Unione; rinunciare ad essa, per
l’impossibile ed anacronistico ritorno nel proprio recinto, nell’epoca della
finanziarizzazione dell’economia, che espropria (questa sì) la stessa sovranità
degli Stati, significa consegnare alle prossime generazioni la “balcanizzazione
finanziaria” dell’Europa, con effetti inquietanti. Perciò, bisogna riandare
alla lezione dei Padri. Ad un incontro pubblico a Salerno, Andreotti,
staccandosi dal gruppo di persone che lo intratteneva, mi confidò la sua
amarezza per l’assenza della Cancelliere Merkel alla commemorazione di
Adenauer, in Germania, nel corso della quale il senatore a vita tenne la prolusione
storico-ideale. Segno che “qualcosa” si era rotto nella stessa tradizione di
pensiero che aveva fatto l’Europa. Tuttavia, la figura di De Gasperi continua
ad ispirare, per lungimiranza politica, per robustezza morale, per attrattiva
ideale. Cattolico fervente, promotore della vera laicità, amante
dell’italianità e delle Autonomie territoriali, assertore della centralità del
partito democratico-cristiano e, nello stesso tempo, convinto sostenitore della
collaborazione di governo con le forze
laiche, fu il leader della ricostruzione del Paese, compiendo scelte difficili
in contrapposizione ideale e politica all’ambiguità comunista, mai disdegnando
il confronto con il PCI, anzi guardando con simpatetica-sfida competitiva ai
valori di quell’universo popolare. Negli anni della “seconda Repubblica”, Berlusconi
ebbe l’ardire di paragonarsi allo Statista trentino. Gli rispose, da par suo,
il Presidente Cossiga: “Se lui è come De Gasperi, io sono Carlo Magno”. “De
Gasperi, uomo solo”: è il titolo del libro a lui dedicato dalla figlia, Maria
Romana. Visse momenti di profonda solitudine, forse soprattutto al Congresso di
Napoli nel 1954, pochi mesi prima di morire, nella beltà delle sue montagne, a
Sella di Valsugana, quando l’insorgente fanfanismo lo scalzò dalla guida del
partito. Eppure non fu mai solo: ebbe sempre accanto la sua straordinaria
famiglia, la splendida moglie, il giovane che Mons. Montini gli indicò, per
accompagnarlo negli affari di governo. Ebbe sempre dalla sua parte l’ethos di
un popolo desideroso di riprendere il cammino, ricostruendo, con fiducia e
speranza, l’Italia distrutta. Lo sostenne sempre la compagnia della fede: la memoria
vecchia scuderia dei popolari “liberi e forti”. martedì 19 agosto 2014
De Gasperi, quanta nostalgia!
19 agosto 1954 – 19 agosto 2014: 60
anni dalla morte di De Gasperi. Mai in Europa un periodo così lungo di pace e
di democrazia, malgrado la guerra fredda e la tragedia nei Balcani. Tutto ciò
grazie all’intuizione dei Padri dell’Europa unita (De Gasperi, Schuman,
Adenauer) ed in forza del lavoro indomito di una generazione coraggiosa, la
quale, uscendo dalla seconda guerra mondiale, seppe coltivare il bene superiore
della civile convivenza tra le Nazioni. Oggi viviamo un tornante difficile e
drammatico della storia europea. Quanta nostalgia di quei politici e di quella
generazione! Quanta nostalgia di coloro che seppero riprendere la lezione dei
Padri, individuando strade e strategie comuni, per proseguire il cammino di
pace. Andreotti, Kohl, Mitterand. Qualche giorno fa, l’ex Ministro del Lavoro
nel governo Letta, Giovannini, su Avvenire, ha espresso il seguente giudizio:
“Quando fu firmato il Trattato di Maastricht (per l’Italia da Andreotti, ndr)
gli investimenti pubblici rappresentavano il 3% del Pil. Quindi, imponendo un
analogo limite all’indebitamento pubblico si immaginava un pareggio del
bilancio di parte corrente e un disavanzo in conto capitale che servisse ad
investire nel futuro. Bisogna tornare a quello spirito: non ci può essere
un’austerità per gli investimenti, mentre va controllata la spesa corrente, al
netto del ciclo, perché è evidente che nei periodi di recessione la spesa
sociale deve farsi carico del disagio delle persone.” E’ il cuore della
battaglia da condurre nelle istituzioni dell’Unione; rinunciare ad essa, per
l’impossibile ed anacronistico ritorno nel proprio recinto, nell’epoca della
finanziarizzazione dell’economia, che espropria (questa sì) la stessa sovranità
degli Stati, significa consegnare alle prossime generazioni la “balcanizzazione
finanziaria” dell’Europa, con effetti inquietanti. Perciò, bisogna riandare
alla lezione dei Padri. Ad un incontro pubblico a Salerno, Andreotti,
staccandosi dal gruppo di persone che lo intratteneva, mi confidò la sua
amarezza per l’assenza della Cancelliere Merkel alla commemorazione di
Adenauer, in Germania, nel corso della quale il senatore a vita tenne la prolusione
storico-ideale. Segno che “qualcosa” si era rotto nella stessa tradizione di
pensiero che aveva fatto l’Europa. Tuttavia, la figura di De Gasperi continua
ad ispirare, per lungimiranza politica, per robustezza morale, per attrattiva
ideale. Cattolico fervente, promotore della vera laicità, amante
dell’italianità e delle Autonomie territoriali, assertore della centralità del
partito democratico-cristiano e, nello stesso tempo, convinto sostenitore della
collaborazione di governo con le forze
laiche, fu il leader della ricostruzione del Paese, compiendo scelte difficili
in contrapposizione ideale e politica all’ambiguità comunista, mai disdegnando
il confronto con il PCI, anzi guardando con simpatetica-sfida competitiva ai
valori di quell’universo popolare. Negli anni della “seconda Repubblica”, Berlusconi
ebbe l’ardire di paragonarsi allo Statista trentino. Gli rispose, da par suo,
il Presidente Cossiga: “Se lui è come De Gasperi, io sono Carlo Magno”. “De
Gasperi, uomo solo”: è il titolo del libro a lui dedicato dalla figlia, Maria
Romana. Visse momenti di profonda solitudine, forse soprattutto al Congresso di
Napoli nel 1954, pochi mesi prima di morire, nella beltà delle sue montagne, a
Sella di Valsugana, quando l’insorgente fanfanismo lo scalzò dalla guida del
partito. Eppure non fu mai solo: ebbe sempre accanto la sua straordinaria
famiglia, la splendida moglie, il giovane che Mons. Montini gli indicò, per
accompagnarlo negli affari di governo. Ebbe sempre dalla sua parte l’ethos di
un popolo desideroso di riprendere il cammino, ricostruendo, con fiducia e
speranza, l’Italia distrutta. Lo sostenne sempre la compagnia della fede: la memoria
vecchia scuderia dei popolari “liberi e forti”.
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