sabato 25 ottobre 2014

Don Giussani e Paolo VI: dialogo sull’esperienza

Domenica scorsa stavamo dove dovevamo stare: sul sagrato di piazza san Pietro, di fronte a Benedetto XVI, a lato di Papa Francesco. Per la beatificazione di Paolo VI. Tutti abbiamo nel cuore e nella mente le parole di Papa Montini a don Giussani: “Questa è la strada”. Era la domenica delle Palme del 1975; piazza san Pietro riempita dal nostro popolo, in un momento storico drammatico, con l’eclissi del popolo cristiano. “Dov’è questa entità etnica sui generis?” “Il nostro Paolo VI”, diceva don Giussani. Nel 1928, Giovanni Battista Montini, riproponendo l’insegnamento tomista, aveva tradotto “I tre riformatori” di Jacques Maritain. Lutero, Cartesio, Rousseau, la triade emblema della grandezza e della tragicità dell’epoca moderna: la tensione a valorizzare il soggetto e, nello stesso tempo, lo scivolamento nel soggettivismo, incapace di andare oltre sé, cioè “più dentro l’uomo stesso”, avrebbe detto a Jean Guitton. Al suo Arcivescovo di Milano, don Giussani, nei primi anni di Gioventù Studentesca, rendeva ragione del metodo dell’esperienza, rispetto al quale Montini aveva espresso perplessità, temendo lo scivolamento nel soggettivismo. Questo confronto teoretico e metodologico è una delle pagine più significative del pensiero cattolico dell’epoca contemporanea. Con don Giussani abbiamo navigato e continuiamo a navigare nell’oceano dell’esperienza, scoprendo continuamente ciò di cui siamo fatti. Da lui abbiamo imparato l’origine ed il metodo della conoscenza. Non si può vivere umanamente senza conoscere la realtà, che è conoscenza esauriente innanzitutto di sé. “La realtà si rende evidente nell’esperienza”, ovvero il significato totale della realtà si rende trasparente nell’esperienza dell’io in azione. Nel rapporto con le “cose”, emerge l’esperienza dell’io, la trama di esigenze che costituisce il tessuto del nostro essere. In base a questa trama, affrontiamo, con bussola sicura, la navigazione del reale, giudicando, cioè paragonando, rapportando tutto alle esigenze costitutive del cuore, ossia alla ragione che è esigenza di un significato totale. Giovanni Calzone richiamava la “seconda navigazione”, quella, appunto, del significato, come don Giussani riprese all’èquipe degli universitari nell’agosto 1991 a La Thuile. La comprensione dell’universale tessuto umano, nell’io di ciascuno, rende esperienza il rapporto con la realtà, che è il cammino al vero, fino alla consapevolezza dell’io rapporto con una Sorgente infinita di Essere: “itinerario dello sguardo” nell’ambito di un avvenimento presente, cioè nella fattispecie storica di un popolo. Da qui un’indomabile febbre di vita, l’intensità operosa di un soggetto, per sua natura sociale, mai domo. E’ il riaffiorare storico di quella “entità etnica sui generis”, che Paolo VI desiderava rivedere.           

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