domenica 22 marzo 2015

Comunanza affettiva ed effettiva

Papa Francesco con Don Carron e Livia, 
la sorella di Don Giussani
Primerea. “E’ la parola che più descrive il carisma di don Giussani”. Qualcosa che ci sorprende, ci sorpassa, non riducibile ai nostri criteri. L’emozione è stata grande quando il Papa ha pronunciato la parola, descrivendola, riandando lui stesso all’incontro con Matteo, Giovanni, Andrea, Simone: l’esperienza dell’incontro, dello stupore. 
L’immedesimazione di don Giussani con gli eventi dei primi incontri con Gesù. Quando ci raccontava di Giovanni e Andrea l’avvenimento diventava contemporaneo a noi; riaccadeva in quell’istante. Riaccade ora.  E’ Il dono dell’immedesimazione. Disse Karol Wojtyla: “Sarebbe riduttivo dire: bisogna vivere il Vangelo. Nel Vangelo bisogna incontrarsi”.  “O quando, dopo la Risurrezione, Gesù chiede a Pietro: “Mi ami tu?” e Pietro risponde: Sì”. Quante volte abbiamo sentito vibrare in noi quel sì mentre don Giussani rinnovava in se stesso ed in noi la domanda di Gesù a Simone. E’ l’attrattiva Gesù che si rinnova nella storia di un popolo: le “manate di colla” che incollavano Pietro a Gesù, che incollano noi al carisma vivente ora, con piena evidenza della ragione.  “E’ il sì che viene prima”, disse don Giussani all’incontro con la comunità di Roma il 27 settembre 1995. E noi saltammo sul palco, baciandolo: “Se il sì viene prima, cambia tutto”, gli dissi e lui sorrise, richiamando su di me lo sguardo di Giacomo, accanto a lui. Come sempre! “Il sì che viene prima”: l’entusiasmo per un’ipotesi positiva su di sé, in forza dell’impatto con una realtà umana diversa, viene prima della considerazione dei propri limiti, dei propri errori, della propria coerenza o incoerenza, delle proprie virtù, dei propri successi o insuccessi, dei propri progetti. Viene prima ed è prevalente: accade una percezione liberante di sé. L’emozione è stata incontenibile quando il Papa ha detto: “Quel sì non era l’esito di una forza di volontà, non veniva solo dalla decisione dell’uomo Simone: veniva prima ancora dalla Grazia, era quel primerear, quel precedere della Grazia. Questa fu la scoperta decisiva per san Paolo, per sant’Agostino, e tanti altri santi”. La scoperta in don Giussani di quel primerear (quel bel giorno di “Cara beltà”, in ogni momento) e la sua documentazione-argomentazione critica sono pari alla teologia della grazia di san Paolo e sant’Agostino. Che stupore sentire dal Papa riecheggiare “l’Inno alla Misericordia” del suo Pontificato secondo quanto don Giussani, alla luce del sì di Pietro, ci ha sempre insegnato: “La morale cristiana, ha detto il Papa, non è lo sforzo titanico, volontaristico, di chi decide di essere coerente e ci riesce, una sorta di sfida solitaria di fronte al mondo. No. Questa non è la morale cristiana, è un’altra cosa. La morale cristiana è risposta, è la risposta commossa di fronte ad una misericordia sorprendente, imprevedibile, addirittura “ingiusta” secondo i criteri umani”. E’ la comunanza di spirito, di cui parla san Paolo; lo stesso sguardo, la medesima sensibilità, l’identico Amore.          

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