lunedì 4 maggio 2015

Non toccare Moro!


“E  l’italicum va”. Non esistono leggi perfette, specialmente quelle elettorali. L’italicum contiene alcune cose migliorabili (bastava “poco”, ma è prevalsa l’arroganza della superficialità), altre in perfetta continuità con il famigerato porcellum. L’on. le Lupi, capogruppo di Area Popolare alla Camera dei deputati, per giustificare il voto favorevole dell’Area ha scomodato Aldo Moro, il quale  espose le ragioni del ricorso al voto di fiducia sulla cosiddetta “legge truffa” del 1953. In realtà, la legge voluta da De Gasperi non ha nulla a che vedere con l’italicum. Bisognava raggiungere il 50% più uno dei voti validi (da parte di una lista o gruppo di liste collegate), per conseguire il premio di maggioranza. Effettivamente il “premio” era attribuito alla maggioranza, onde consentire, in linea con la volontà dell’elettorato, la piena governabilità. Altra cosa è la lista unica dell’italicum; altra cosa è “elargire” un superpremio senza alcuna soglia al secondo turno. Per il renzellum vale piuttosto ciò che un Presidente Emerito della Corte Costituzionale mi dichiarò a proposito delle analogie tra l’italicum e la legge Acerbo: “quella (l’Acerbo) attribuiva il premio alla maggioranza; questa lo assegna alla minoranza”. Richiamarsi a Moro, per il sostegno all’attuale legge elettorale, è una delle prove più evidenti di superficialità dell’attuale classe politica nel Parlamento dei nominati, con responsabilità di governo. Proseguendo nel suo ragionamento, Lupi ha affermato che la nuova legge garantisce la rappresentanza. Permette, cioè, a differenza della prima versione, escogitata dal trio Renzi/Berlusconi/Verdini (gli ultimi due: vecchi suoi compagni di viaggio), il diritto di tribuna alle formazioni che raggiungono il 3% . La rappresentatività è altra cosa. Essa è totalmente tradita, capovolta e stravolta quando una minoranza, ottenendo, ad esempio, il 25% dei voti, si ritrova il 53% dei seggi. Infine, il capogruppo di Area Popolare ha dato il massimo di sé: “Questa legge restituisce il diritto di scelta all’elettore”, facendo riferimento alla preferenza. Per il partito vincente una certa libertà di scelta dell’elettore effettivamente sussiste. Per il partito soccombente e le formazioni minori l’unico eletto sarà il capobastone nominato dal vertice del partito. Con ciò si nega, alla radice, l’uguaglianza delle condizioni di voto, garantendo solo agli elettori del partito che vince il diritto alla preferenza. Concludendo, l’ex ministro ha promesso l’impegno del suo partito per introdurre i necessari contrappesi quando la riforma costituzionale (per il superamento del bicameralismo paritario) sarà nuovamente esaminata al Senato. Dove si trovava il suo partito quando al Senato la riforma costituzionale è passata, con il voto favorevole di PD, Area Popolare, Forza Italia e Sciolta Civica,  senza alcun contrappeso? La dottrina dei contrappesi (principio fondamentale della democrazia),  in quel momento decisivo ed in quella sede, è stata totalmente ignorata. Chi proviene da una certa tradizione dovrebbe avere le antenne sensibili rispetto ai temi fondamentali della convivenza civile. E’ la lezione storica, oggi viva più che mai, del vero popolarismo: da Sturzo e De Gasperi ad Andreotti e Moro.

        Aniello Landi per Buongiorno Democrazia                 

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