sabato 27 giugno 2015

L’Opera: uno sguardo alla realtà

Preghiera per il fiorire delle verghe (part.), Padova,
Cappella degli Scrovegni

Ad una constatazione (“La voce dei cattolici è quasi sparita”) del Cardinale di Milano, l’Arcivescovo Angelo Scola, in risposta alla domanda di un giornalista a margine di una iniziativa della Chiesa milanese dedicata all’esperienza degli oratori, immediatamente hanno fatto seguito reazioni (scomposte), riduzioni dei mass media ed analisi socio-politiche. Sul filo delle analisi le osservazioni del sociologo Magatti e sulla sua scia il settimanale “Tempi”, che hanno esplicitato un’ipotesi di lettura del fenomeno di “sparizione” dei cattolici dalla vita pubblica. In verità, le analisi prendono in considerazione soprattutto il “caso” lombardo, dando l’impressione di una certa autoreferenzialità: l’approfondimento di un’origine spalanca al mondo intero, non ripiega su se stessi. “Tempi”, tra l’altro, fa riferimento, nell’ambito dell’operosa tradizione ambrosiana, alla Compagnia delle Opere, quasi denunciando la sua attuale perdita di incidenza nella realtà, a differenza delle origini. “Questo è un problema. O forse il problema”. In certe analisi pare che prevalga una sorta di mondanità spirituale e culturale, riducendo la presenza sociale e civile ad uno schema intellettualistico prefissato. E’ la causa di tanti fallimenti nel tentativo di “organizzare” l’espressione pubblica dei cattolici. Tentativo noioso, reattivo e parapolitico. Sull’aspetto propriamente politico della questione avremo modo di approfondire in altra occasione, lasciandoci ora provocare dalle osservazioni, prima richiamate, sulle opere. L’opera è l’espressione di una vita! E’ attraente l’esperienza dell’operosità che risponde ai problemi ed ai bisogni: è il lavoro di uomini e donne capaci di incontrare e valorizzare tutti, di costruire strutture operative con la personale responsabilità e di vivere - innanzitutto - il proprio quotidiano, in qualsiasi ambito, come “la più romantica delle avventure”. Si tratta di una presenza viva oltre gli schemi, libera dalla preoccupazione di conquistare spazi, edificando lietamente nel tempo. “Il tempo è superiore allo spazio”. (Papa Francesco, Evangelii Gaudium). Una vita che vive di gesti di umanità, ovvero di carità in qualsiasi forma. Da dove nasce questa vita? “Questo è il tempo della rinascita della coscienza personale. E’ come se non si potessero far più crociate o movimenti … . Crociate organizzate; movimenti organizzati. Un movimento nasce proprio con il ridestarsi della persona. E così nasce il concetto di movimento, secondo me. Il valore sociale più grande di adesso per un contrattacco è proprio l’ideale di movimento, che è come se non avesse né capo né coda, non si sa come avvenga. .. Io non riesco a trovare un altro indice di speranza se non il moltiplicarsi di queste persone che siano presenze ed una inevitabile simpatia o, starei per dire una cosa brutale, una “sindacalità” nuova fra queste persone; così come la esprime il termine che noi usiamo: riconoscimento”. (Don Giussani, “Il senso della nascita”). Una cosa nuova, non la riedizione dell’ottocentesca Opera dei Congressi, come sottolineato in altra occasione. Presenza non utopia. L’utopia è lo sforzo, il progetto del “partito intellettuale” di dilatare una propria immagine di presenza. Invece … altra cosa è sorprendere in sé il ridestarsi della persona, in forza di un avvenimento presente, che qui ed ora risveglia il cuore, muovendo all’azione. Da qui la civiltà delle opere, sempre nuovamente da edificare, il cui paradigma è l’opera quotidiana di una madre che dà “la vita per l’opera di un Altro”. E’ questa la vera sfida nelle contraddizioni del presente storico. Il tempo della persona è il tempo dell’approfondimento. “Andando al fondo di un’opera si investe del carisma il contenuto storico e l’oggetto proprio dell’opera stessa”. Significa immedesimarsi, in una storia vivente, con uno “sguardo alla realtà”, con una modalità intensamente umana di percepire e concepire il reale, con il “prima” da cui nasce questo sguardo, non dialettizzando sulle conseguenze sociali o politiche dell’opera stessa. C’è un “prima” da scoprire e riscoprire nella vita di tutti i giorni. Questa è l’Opera. Vale per tutti, ancora una volta, il monito di don Giussani: “Ma a voi (di questo prima) non ve ne frega niente”.            

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