Libertà nelle e delle Autonomie Locali
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| Golfo di Salerno |
Val la pena riprendere l’articolo che
Giorgio Vittadini ha pubblicato su Il Sussidiario del 7 agosto u.s.: “Sud:
dotti, medici, sapienti (e scrittori)”. Il titolo è un po’ fuorviante, sviando
dallo stesso contenuto affermato dal Presidente della Fondazione per la
Sussidiarietà. Non è tempo di analisi, bensì di un appassionato impegno, a
cominciare dalle piccole realtà in cui si spende anche un sacrificio martiriale.
Due direttrici ci appaiono fondamentali nel discorso proposto: innanzitutto il
ruolo del sud in una visione strategica internazionale nel mediterraneo. E’
l’intuizione dei padri della politica estera della “prima Repubblica” (Da De
Gasperi a Fanfani e Moro, passando per Andreotti), interpretando creativamente
la posizione geopolitica italiana, per promuovere concreti dialoghi di civiltà.
Seguendo questa linea, il nostro Paese ha costruito ponti, non muri, tra i
popoli, contribuendo, in misura notevole, alla pace. Ora, realizzare nel
mediterraneo una “base logistica” ideale e materiale, invertendo la rotta delle
merci e delle relazioni, è qualcosa di veramente imponente, non solo per il sud
d’Italia. Ciò implica il definitivo tramonto dell’asse del nord che, in modo
miopie, ha caratterizzato la politica dell’ultimo ventennio. Implica, altresì,
l’abbandono del rozzo regionalismo: “staterelli satelliti”, benché alcuni
virtuosi, privi di reale incidenza sulle grandi scelte di cambiamento, dando
vigore a politiche nazionali ed estere di ampio respiro, nell’ottica di una concezione
sussidiaria e solidale. Infatti, non c’è sussidiarietà senza solidarietà,
ovvero solidarietà produttiva, secondo la felice espressione che caratterizzò
il nostro impegno locale negli anni della legge De Vito, per lo sviluppo
dell’imprenditorialità nel Mezzogiorno. L’altra direttrice è la valorizzazione
di un’autentica cultura del lavoro e dell’intrapresa, di cui la legge De Vito,
appunto, fu nota di rilievo nel panorama legislativo e sociale. Con Vittadini,
condividendo una comune responsabilità nel Movimento Popolare, siamo stati tra
i protagonisti di quella stagione: tentativi fragili ed appassionati, in
risposta al proprio bisogno di lavoro, che hanno generato, sotto il profilo del
costituirsi del capitale umano, “plusvalore” culturale di indubbio significato
nell’esperienza della persona. Da qui bisogna costantemente ripartire,
generando ricchezza sociale come capacità di creazione lavoro e di
autoimprenditorialità, con particolare riferimento oggi nel campo dei servizi
alla persona: tema di frontiera soprattutto nel Mezzogiorno. Si tratta di
contrastare, sul piano culturale e politico, il “centralismo democratico”, andando
al di là sia dello statalismo sia del centralismo regionalista: quest’ultimo,
utilizzando unilateralmente ed ideologicamente il principio di sussidiarietà,
svuotandolo, riproduce, su scala territoriale, il vecchio impianto statalista
in forma ancor più assoluta ed invadente, come genialmente ammonì don Sturzo,
in difesa della libertà della persona e delle comunità intermedie. Perciò, occorre
discernimento storico, alla luce dell’insegnamento di Papa Francesco: “la
realtà è superiore all’idea”. La grande sfida per tutti è dispiegare, secondo
tutta la sua forza propulsiva, la libertà di educazione, non solo in ambito
scolastico, cioè generare continuamente, nei “luoghi” di vita, un soggetto
consapevole del suo “cuore”, rischiando, in virtù di ciò, la sua libertà,
ponendosi come soggetto di costruzione. Ci viene incontro, ancora una volta, il
magistero di Papa Francesco: “il tempo è superiore allo spazio”. E’ l’ora di
innescare processi. Non si tratta appena di “dismissione” – da parte dello
Stato – di funzioni e servizi che realtà sociali “minori” potrebbero svolgere autonomamente
e meglio dello Stato, per il bene comune. E’ necessario – innanzitutto – favorire
le condizioni per la nascita di nuova soggettualità, in grado di fare da sé. In
ciò sussidiarietà e solidarietà produttiva si coniugano reciprocamente, per il
vero bene comune. Meno di questo si tratterebbe di allargamento del mercato in
funzione meramente economicistica. Dopo il fallimento della “rivoluzione
liberale”, è ancor più evidente la necessità di lavorare per una democrazia
sussidiaria e solidale radicata nelle Autonomie Locali larghe, sfondando e
sfrondando gli angusti confini amministrativi regionalisti. E’ un percorso, non
una “formula”, ripensando idealmente e metodologicamente il “centro di
gravità”della stessa “rivoluzione sussidiaria”: libertà delle Autonomie Locali, sviluppandone il protagonismo in forma
associativa; libertà nelle Autonomie Locali, nel senso della valorizzazione
della varietà di intrapresa del Terzo polo civile (associazionismo,
cooperazione, volontariato, pluralismo delle istituzioni scolastiche). E’
l’economia civile, la quale proprio nel sud, a partire dalla riflessione sulle
condizioni storico-sociali, ha prodotto un patrimonio di esperienza utile a
tutto il Paese, con particolare pregnanza nel presente. E’ la filosofia dei
“processi”, ovvero del “cambiamento redentivo”: chiave di volta del discorso di
Papa Francesco ai Movimenti Popolari in Bolivia. In conclusione, partire dalle
periferie è una grande opportunità per tutti: significa decentrarsi, mettendo
al centro il bene di tutti e per tutti, facendo arretrare le suggestioni
dell’autosufficienza virtuosa, che sul piano dell’economia globalizzata e
dell’efficace riorganizzazione istituzionale, nonché delle emergenze
territoriali ed ambientali, è strada senza alcuna via di ritorno.
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