giovedì 29 ottobre 2015

Incontro all’uomo

In occasione della commemorazione del 50.mo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, ad opera di Paolo VI, Papa Francesco, nel suo discorso, ha tratteggiato il cammino della Chiesa in questo tempo. Citando san Giovanni Paolo II, ha posto, tra l’altro, la questione della “conversione del Papato”: il Papa “battezzato tra i battezzati”, “Vescovo tra i Vescovi”. Si è soffermato, quindi, sulla “collegialitas affectiva, la quale può divenire in alcune circostanze effettiva”. A conclusione degli Esercizi Spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione, nel maggio scorso, don Carròn, nel telegramma inviato al Santo Padre, scrisse: “Nel solco tracciato da don Giussani, vogliamo seguire il Successore di Pietro affettivamente ed effettivamente, per essere collaboratori attivi della sua passione missionaria, cioè “braccia, mani, piedi, mente e cuore di una Chiesa in uscita”. “Santità! Voi siete  la sicurezza della nostra speranza”: l’improvvisa espressione del cuore, quasi ripetendo l’invocazione alla Madonna, cara a don Giussani, dinanzi a Papa Benedetto, mentre attraversava la piazza, nel corso della sua visita al Santuario di Pompei, il 19 ottobre del 2008. Il Papa, dopo qualche altro passo, si fermò e, voltandosi nella nostra direzione, impartì la benedizione. L’esercizio del primato petrino  conferma nella fede, presiede tutte le Chiese nella carità, rassicura, altresì, nella speranza, sostenendo la fatica degli uomini e delle donne nei tornanti della storia. Pietro sostiene la speranza, annunciando che “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito”. Da qui la missionarietà di Papa Francesco, che chiama tutta la Chiesa, in forza della Misericordia di Gesù, a chinarsi sulle ferite di ogni persona. Durante lo svolgimento del Sinodo l’attacco mediatico alla Chiesa e al Papa è stato violentissimo, focalizzando l’opinione pubblica su un’unica questione: comunione sì, comunione no ai divorziati risposati (“dilemma” narrato in base ad una “spiritualità mondana”). A questa riduzione dell’evento hanno partecipato, ben volentieri, circuiti cattolici via web, accettando di fare il gioco delle parti, secondo schemi e schieramenti obsoleti; qualcuno spingendosi, nel nome della “dottrina”, in un quotidiano attacco (“ciarpame floscio”) contro il Papa. Da tutto ciò si evince una evidente debolezza di pensiero, ovvero la difficoltà nel pensare la fede nella fede, cioè nell’ambito di un avvenimento presente, bloccando la ragione e l’avventura di conoscenza. La Dottrina, come i poveri, è il tesoro della Chiesa. E’ il lungo itinerario, nel tempo, per imparare a guardare e a pensare come Gesù: l’immedesimazione sempre da domandare, senza fine, con il suo stesso sguardo. Non la ripetizione di un discorso. Dal suo tesoro il saggio estrae cose antiche e cose nuove, per condividere ed accompagnare, ridestare e risvegliare, suscitare e ri-suscitare, generando e rigenerando l’umano nell’io, favorendo lo sviluppo dell’autocoscienza come esperienza. “La Giustizia è la Misericordia che ricrea”. Impariamo dal Papa, nella sequela “affettiva ed effettiva”, accompagnando, con “discrezione e potenza”, l’uomo del nostro tempo alla “ricerca del suo volto umano”.

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