venerdì 19 febbraio 2016

Il Mistero nello sguardo

Il Papa nel suo viaggio in Messico ha cercato uno Sguardo. Il suo percorso ha avuto come centro il guardare e il lasciarsi guardare dal Volto della Madonna di Guadalupe: “Per questo credo che oggi ci farà bene un po’ di silenzio, e guardarla, guardarla molto e con calma … guardarti tutta senza dirti nulla, e dirti tutto, muto e riverente”.
“Non potevo non venire! Potrebbe il Successore di Pietro, chiamato dal lontano sud latinoamericano, fare a meno di posare lo sguardo sulla Vergine Morenita?”
“Come fece san Juan Diego e fecero le successive generazioni dei figli della Guadalupana, anche il Papa da tempo nutriva il desiderio di vederla. Più ancora, vorrei io stesso essere raggiunto dal suo sguardo materno. Ho riflettuto molto sul mistero di questo sguardo e vi prego, accogliete ciò che sgorga dal mio cuore di Pastore”.
Alla luce di questo sguardo il Papa ha esortato a ricostruire il dialogo tra fede e ragione, per salvare la stessa ragione: “E anche la prepotente idea del “cogito”, che non negava che vi fosse almeno una roccia sopra la spiaggia dell’essere, oggi è dominata da una concezione della vita considerata da molti più che mai vacillante”.
“In questo mondo, ha detto ai Vescovi,  abbiate uno sguardo che sappia intercettare la domanda che grida nel cuore della vostra gente, l’unica che possiede nel proprio calendario una “festa del grido”.
E’ veramente il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo”, cioè un altro mondo, non in senso geografico”, bensì un’altra visuale da cui guardare il mondo, la storia, l’uomo. Un modo di guardare che nasce dal fare l’esperienza dell’essere guardati in un certo modo; una modalità che il cuore buono del popolo immediatamente percepisce e comprende. La vita veramente umana della persona nasce e rinasce dal contemplare il Mistero di un volto pienamente umano e, perciò, evidentemente divino. Ogni uomo contempla un volto in cui si riverbera, in un certo qual modo, il Mistero dell’Essere, del proprio Essere. “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”. E’ l’incontro con un altro, con l’Altro che ci rende pienamente noi stessi, cioè liberi e lieti. Ogni uomo ha incontrato “occhi di cielo” nella persona da cui è abbracciato e nel cui abbraccio si afferma la propria dignità. E’ l’esperienza dell’essere scelti, dell’essere voluti: ciò per cui vale la pena Essere nati. Il Papa ci esorta a compiere l’infinito “itinerario dello sguardo” attraverso cui l’io si rivela, svelandosi a se stesso nel rapporto con un Tu presente. E’ questo il tesoro della misericordia che ogni uomo, consapevolmente o inconsapevolmente, cerca.  
Il 22 febbraio, giorno la Chiesa fa memoria della Cattedra di Pietro, ricorre l’undicesimo anniversario della dipartita di don Giussani. E’ sua una delle definizioni tra le più belle del pensare cristiano: “La fede, una presenza dentro sguardo”. L’impatto con una presenza intensamente umana, nella cordialità e simpateticità di una convivenza e di una compagnia, dà forma al pensiero, ad un pensiero vivente e creativo, ad una sempre nuova energia concettuale ed affettiva, ad un “pensiero/sguardo primerea” (ciò che abbiamo visto nel volto del carisma che abbiamo incontrato), con capacità di apertura alle sfide del tempo presente, illustrando la razionalità della fede nella storia come Presenza che compie l’umano. “Una presenza dentro sguardo”, che accompagna storicamente la “gravidanza di questa terra”, come delicatamente ha detto il Papa, sottolineando la dimensione sociale della misericordia nella tessitura di reti umane, con “questa pazienza divina nel tessere”: fecondità di una vita generatrice nella realtà di una realtà nuova: un popolo. Nel ritorno dal viaggio, conversando con i giornalisti, il Papa ha affermato che il Messico ha potuto attraversare i drammi della sua storia (passata e presente), mantenendo la sua unità e la sua “categoria mistica”, grazie a Guadalupe. “Un inquieto e illustre scrittore di questa terra disse che a Guadalupe non si chiede l’abbondanza dei raccolti  o la fertilità della terra, bensì si cerca un grembo in cui gli uomini vanno cercando una protezione, una casa”. “La dimora dell’io”, avrebbe sottoscritto don Giussani.

Aniello Landi   
            

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