Su “Il Sussidiario” (1 aprile) il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, prof. Giorgio Vittadini, dedica una riflessione sulla prossima tornata elettorale con protagoniste alcune grandi città; le stesse che assumeranno la forma istituzionale di città metropolitane, il cui funzionamento democratico, secondo noi, è tutto da costruire e verificare. Rispetto ad esse Vittadini affronta il tema del territorio come “res communitatis”. Da qui muove la presente riflessione. Nel nostro Paese, il dato sociologico e culturale primario è costituito dalla ricca tradizione comunale delle comunità locali: in essa, è nato l’operoso pensiero cattolico sociale, alimentando la vita democratica e politica della Nazione. Il riferimento a don Sturzo è imprescindibile anche per ulteriori sviluppi delle sue intuizioni nell’oggi. Nel corso della sua storia, l’esperienza municipale è stata limitata dall’eccessivo municipalismo, con sistematica penalizzazione della realtà del territorio, a fronte dell’invadenza statalistica e delle sue deviazioni regionaliste. Urge una rinnovata riflessione pubblica a partire dal territorio-comunità, ripensando le autonomie locali secondo l’idea di integrazione delle libere istituzioni comunali, oltre il municipalismo, e valorizzazione delle formazioni intermedie. Un processo eminentemente culturale orientato su un duplice livello: da un lato, sul piano istituzionale, associare ed integrare le funzioni in capo ai Comuni (piccoli e medi) disseminati lungo i territori (la vera e profonda realtà multiforme italiana); dall’altro, prima ancora, nelle comunità, creare legami, valorizzare l’impegno e l’opera dei gruppi intermedi, vivere esperienze di condivisione, sviluppando prassi di “sinodalità civile”. E’ la “città-territorio”: realtà socio-istituzionale intermedia tra la città metropolitana e la regione, territorialmente diffusa. Snodo fondamentale di questo percorso è il welfare locale di comunità: “luogo” di integrazione delle politiche territoriali (dai servizi alla persona ai temi ambientali), ricostruendo un’ecologia umana, come sottolineano le encicliche di Benedetto XVI (Caritas in veritate) e di Papa Francesco (Laudato SI'). Su questo terreno, dal basso, sfondando gli angusti confini amministrativi municipali ed ampliando la collaborazione tra istituzioni locali integrate e le iniziative del mondo dell’associazionismo e della cooperazione, si gioca la costruzione di una “democrazia inclusiva e partecipativa”, secondo l’espressione di Papa Francesco”, nonché “la creazione di nuovi mercati al servizio delle famiglie”, ovvero la moltiplicazione delle opportunità di lavoro. Un territorio diventa “res communitatis”, assumendo forma istituzionale, giuridica, amministrativa e sociale, in forza dell’opera in itinere di un soggetto personale e comunitario, umano e culturale, capace di “incontrare e comunicare, conoscere e valorizzare”, oltre gli schieramenti, dialogando trasversalmente, a partire dai bisogni delle persone e delle comunità. Da qui la possibilità di rinascita di un impegno partecipativo, costruendo un argine al vuoto cultural-politico oggi dominante. Perciò, la prima e fondamentale libertà è la libertà di educazione: “Mandateci in giro nudi, ma non toglieteci la libertà di educare”, ossia di generare, far crescere e sviluppare un soggetto umano consapevole di sé, cosciente dell’Essere di cui è fatto; dell’Essere fatto per; e quindi, promotore, a tutti i livelli, di legami e di prossimità, ovvero creatore di civiltà: un soggetto comunità, cardine della democrazia e del bene comune di un Paese.
domenica 17 aprile 2016
La città territorio
Su “Il Sussidiario” (1 aprile) il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, prof. Giorgio Vittadini, dedica una riflessione sulla prossima tornata elettorale con protagoniste alcune grandi città; le stesse che assumeranno la forma istituzionale di città metropolitane, il cui funzionamento democratico, secondo noi, è tutto da costruire e verificare. Rispetto ad esse Vittadini affronta il tema del territorio come “res communitatis”. Da qui muove la presente riflessione. Nel nostro Paese, il dato sociologico e culturale primario è costituito dalla ricca tradizione comunale delle comunità locali: in essa, è nato l’operoso pensiero cattolico sociale, alimentando la vita democratica e politica della Nazione. Il riferimento a don Sturzo è imprescindibile anche per ulteriori sviluppi delle sue intuizioni nell’oggi. Nel corso della sua storia, l’esperienza municipale è stata limitata dall’eccessivo municipalismo, con sistematica penalizzazione della realtà del territorio, a fronte dell’invadenza statalistica e delle sue deviazioni regionaliste. Urge una rinnovata riflessione pubblica a partire dal territorio-comunità, ripensando le autonomie locali secondo l’idea di integrazione delle libere istituzioni comunali, oltre il municipalismo, e valorizzazione delle formazioni intermedie. Un processo eminentemente culturale orientato su un duplice livello: da un lato, sul piano istituzionale, associare ed integrare le funzioni in capo ai Comuni (piccoli e medi) disseminati lungo i territori (la vera e profonda realtà multiforme italiana); dall’altro, prima ancora, nelle comunità, creare legami, valorizzare l’impegno e l’opera dei gruppi intermedi, vivere esperienze di condivisione, sviluppando prassi di “sinodalità civile”. E’ la “città-territorio”: realtà socio-istituzionale intermedia tra la città metropolitana e la regione, territorialmente diffusa. Snodo fondamentale di questo percorso è il welfare locale di comunità: “luogo” di integrazione delle politiche territoriali (dai servizi alla persona ai temi ambientali), ricostruendo un’ecologia umana, come sottolineano le encicliche di Benedetto XVI (Caritas in veritate) e di Papa Francesco (Laudato SI'). Su questo terreno, dal basso, sfondando gli angusti confini amministrativi municipali ed ampliando la collaborazione tra istituzioni locali integrate e le iniziative del mondo dell’associazionismo e della cooperazione, si gioca la costruzione di una “democrazia inclusiva e partecipativa”, secondo l’espressione di Papa Francesco”, nonché “la creazione di nuovi mercati al servizio delle famiglie”, ovvero la moltiplicazione delle opportunità di lavoro. Un territorio diventa “res communitatis”, assumendo forma istituzionale, giuridica, amministrativa e sociale, in forza dell’opera in itinere di un soggetto personale e comunitario, umano e culturale, capace di “incontrare e comunicare, conoscere e valorizzare”, oltre gli schieramenti, dialogando trasversalmente, a partire dai bisogni delle persone e delle comunità. Da qui la possibilità di rinascita di un impegno partecipativo, costruendo un argine al vuoto cultural-politico oggi dominante. Perciò, la prima e fondamentale libertà è la libertà di educazione: “Mandateci in giro nudi, ma non toglieteci la libertà di educare”, ossia di generare, far crescere e sviluppare un soggetto umano consapevole di sé, cosciente dell’Essere di cui è fatto; dell’Essere fatto per; e quindi, promotore, a tutti i livelli, di legami e di prossimità, ovvero creatore di civiltà: un soggetto comunità, cardine della democrazia e del bene comune di un Paese.
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