lunedì 9 maggio 2016

I cattolici nell’Italia che cambia. La lezione di Moro

Su “Il Sussidiario” lunga intervista al padre gesuita Bartolomeo Sorge, direttore de “La Civiltà Cattolica”, promotore del convegno ecclesiale “Evangelizzazione e promozione umana” (anno 1976), autore di un famoso pamphlet “I cattolici nell’Italia che cambia”, direttore del centro di formazione politica “Arrupe”, iniziatore della “primavera siciliana”, con Leoluca Orlando, con cui successivamente ruppe, rompendo anche con padre Pintacuda. Un protagonista dell’elaborazione politico-culturale nella vita ecclesiale e civile. Non è questa la sede per una riflessione approfondita sulla proposta che si tentava di elaborare in quel tempo, al fine di configurare una “rinnovata” presenza dei cattolici, nel contesto dei profondi mutamenti culturali da cui era attraversato il nostro Paese. Erano gli anni post referendum sul divorzio. “Pensavamo che piovesse, non che diluviasse”: fu l’amara constatazione di Paolo VI di fronte all’esito referendario. Di lì a qualche anno seguì la conferma popolare alla legge sull’aborto e, ancor prima la tragedia di Moro, che rappresentò “la fine della prima Repubblica”, come affermò Ugo La Malfa. Padre Sorge richiama la figura di Aldo Moro, costruttore di democrazia con una straordinaria capacità di dialogo e di coinvolgimento delle forze popolari. Nello stesso tempo, in altra parte dell’intervista, si celebra il manifesto originario del Partito Democratico, la sua Carta dei Valori (“In quel manifesto c’erano i principali valori della nuova cultura politica”): intuizione che poi fu soccombente per l’affermarsi della “logica del manuale Cencelli”. Chi legge potrebbe incautamente tracciare una linea ideale tra l’intuizione complessiva morotea e il PD, seguendo il percorso della Lega Democratica (Pietro Scoppola, Beniamino Andreatta …). Il binomio Moro/PD è una “suggestione” che non sta nella realtà. Si discute tuttora sulla “terza fase” della Repubblica immaginata dallo Statista democristiano. Da questo punto di vista, non esiste un “ermeneuta” del pensiero moroteo: certamente il Presidente lavorava per una democrazia compiuta, disegnando uno scenario con possibilità di alternativa, ai fini del rafforzamento del quadro democratico. L’idea strategica era l’incontro tra le grandi culture popolari che in Moro avveniva nel rispetto e nella valorizzazione delle reciproche identità, strutturando una stagione di confronto per il bene del Paese. La terza fase di Moro si inscrive non nella logica della fusione (vedi PD), bensì nel recupero della dimensione ideale dello spirito costituente, ovvero una ritrovata capacità di dialogo, ai fini dell’attuazione dei valori costitutivi di quella stagione. Bisognava proseguire il “duro e pacifico” confronto sui temi essenziali: il lavoro, stimolando la capacità di creazione delle opportunità, secondo la più autentica ispirazione personalista; la valorizzazione delle formazioni intermedie, come afferma l’insuperabile, magistrale art. 2 della Costituzione, potenziando il pluralismo economico, sociale e culturale; la promozione nella concezione e nella prassi delle autonomie locali e sociali, sotto il profilo non solo amministrativo, ma anche e soprattutto educativo, superando logiche centralistiche e statalistiche; la centralità mediterranea della politica estera come incontro tra i popoli: “Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa e nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo). Rispetto a questi “nodi” essenziali, Moro era ben consapevole del lungo cammino da compiere, immaginando ed avviando il terzo tempo della Repubblica come Patto Costituente tra distinti, non come “partito unico”.
Nel centenario della nascita di Moro, Luciano Violante ha ricordato, con opportuna citazione, la mitezza dello Statista democristiano, pur nelle fasi più dure dello scontro politico, come fu il processo Lockheed, nonché la sua capacità (inascoltata) di profezia. Ha dimenticato di citare l’affermazione simbolo della mitezza/forte del Presidente: “Non ci lasceremo processare sulle piazze”. Altra profezia inascoltata. (Anche da parte di Violante).      
Oggi si prova molta nostalgia a parlare di Aldo Moro: anche disagio, considerando l’attuale panorama politico.    

                 

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