martedì 25 ottobre 2016

No! Non è il Senato delle Autonomie

Il confronto sulla riforma istituzionale si inasprisce sempre di più. Occorrerebbe maggiore serenità e razionalità nel valutare il merito di ciò che essa è nella realtà. Sulla rivista Tracce, n. ottobre, Andrea Simoncini (docente di Diritto Costituzionale all’Università di Firenze) argomenta un tentativo in tal senso, soffermandosi anche su cosa la riforma oggetto di referendum “non contiene”, al fine di evitare confusione nella formulazione di un giudizio. Scrive: “In questa riforma non si stabilisce come verrà eletta la nuova Camera dei Deputati, perché questo è argomento della legge elettorale (il ben noto italicum); e questa legge è già stata votata (tra l’altro da un’amplissima maggioranza parlamentare e, sorprendentemente, senza il clamore cui oggi assistiamo) ed è già in vigore. Indubbiamente propone un sistema elettorale che attribuisce un premio molto forte a chi ha anche solo una maggioranza relativa dei voti. I dubbi, per questa ragione, sono molti ed anche legittimi, perché si potrebbe creare uno scenario in cui una minoranza finisce per governare Parlamento ed esecutivo. Ma questo, appunto, non è in discussione il 4 dicembre”. Giusto il chiarimento informativo e la distinzione tra le due “cose”: legge elettorale e riforma del Senato per il superamento del bicameralismo paritario. Ma le due “cose” non sono, in alcun modo, separabili. Per giudicare occorre valutare la totalità dei fattori. Stupisce che emeriti costituzionalisti non colgano l’inscindibilità della questione. Separare non è buona informazione, oltre che fuorviante il giudizio. Proprio perché sarà la sola Camera dei Deputati a votare la fiducia al governo (o sciaguratamente una dichiarazione di guerra), diventa decisiva e fondamentale la legge con cui questa Camera sarà eletta, ben sapendo che il sistema elettorale decide della democraticità o meno di uno Stato. L’italicum desta preoccupazione al senso democratico e disagio al buon gusto. In primis, perché la metà circa dell’unica “Camera fiduciaria” sarà composta da nominati, consacrando il circuito di “vassallaggio parlamentare”: vassalli (i nominati del partito vincente); valvassori (i nominati del partito secondo al ballottaggio); valvassini (i nominati dei partiti minori che superano il 3%). E questo di per sè desta ragionevoli preoccupazioni. Inoltre, come evidenzia Simoncini, l’italicum non prevede, al secondo turno, alcuna soglia per ottenere il super premio di maggioranza, premiando esageratamente la maggiore minoranza con la maggioranza assoluta dei seggi. Dal punto di vista di una buona Costituzione è una mostruosità. Mi diceva un Presidente emerito della Corte Costituzionale che la legge Acerbo (di memoria fascista) attribuiva il premio alla maggioranza; l’italicum lo attribuisce alla minoranza. Questo basti per giudicare! Il 4 dicembre, perciò, è ragionevole considerare anche ciò che il quesito referendario non dice e “non contiene”, guardando all’assetto costituzionale complessivo. Nello specifico la riforma del Senato mira a superare il bicameralismo paritario. Cosa buona e giusta in un sistema costituzionale organicamente articolato, secondo pesi e contrappesi, coniugando governabilità e rappresentatività. Proprio quanto manca alla riforma in discussione. Se da un lato, si tenta di superare il bicameralismo paritario, dall’altro, si afferma di fatto un monocameralismo forzoso e squilibrato, producendo storture più gravi di quelle che si intendono eliminare. Alla Camera dei Deputati squilibrata, per le ragioni sopra evidenziate, si aggiunge un Senato falsificato: “satellite” del peggiore regionalismo. Innanzitutto ibrido appare il sistema elettorale per la sua formazione. I senatori saranno designati dall’elettore, ma eletti dai Consigli Regionali. Il che è legittimo; tuttavia, occorre una legge che disciplini il meccanismo della designazione-elezione. Ad oggi questa legge manca. Qualcuno dirà: “Stai sereno”: si farà! Ma quando si farà? E come si farà? I consiglieri/senatori costituiranno una classe politica “ambigua”, nel senso costituzionale non morale: non saranno né diretti rappresentanti del popolo, né diretti rappresentanti del governo regionale, come avviene nel Bundesrat tedesco. Si determinerebbe, per così dire, una zona costituzionalmente “grigia”, ben lontana dalla Camera Alta delle Autonomie. Secondo la Renzi-Boschi il Senato diventerà organo rappresentativo delle autonomie territoriali. Ma quale autonomia? Sarà l’esatto contrario. Il suddetto organo non avrà nessuna competenza in materia di bilancio dello Stato; pertanto, alle autonomie sarà negato il diritto di intervenire e decidere in materia di perequazione delle risorse, di solidarietà economica e di coesione sociale, nonché di sviluppo sussidiario dei territori. Il Bundesrat tedesco ha specifiche competenze finanziarie vincolanti relativamente agli interessi dei Länder. L’alternativa al regionalismo centralista, che specialmente in alcune Regioni ha dato pessima prova di sé, in particolare nella sanità e nei servizi alla persona, non sta nel centralismo statalista, imperniato sulla burocrazia ministeriale, bensì nella costituzionalizzazione di una reale Camera Alta delle Autonomie (Bundesrat). A valle di essa, ripensare le Regioni come Enti territoriali di indirizzo e programmazione su scala macro ed interregionale, sottraendo alla titolarità regionale le attività burocratico-gestionali. Così, si avvia sul serio la riduzione dei costi della politica, ovvero dell’apparato prodotto dalla politica stessa, andando veramente oltre la pura propaganda. Questa è la vera Riforma tradita. Ultimo punto della questione. Si afferma che questa riforma non tocchi la Parte Prima della Costituzione: i Principi fondamentali. (Simoncini: “Questa parte – la Prima –  non è in discussione”). In realtà, vengono stravolti gli articoli fondamentali, sia mortificando le formazioni intermedie, le quali vivono nei territori, servendo le primarie realtà sociali nelle comunità locali, sia riducendo il valore culturale e giuridico delle autonomie, che i padri costituenti riconobbero e valorizzarono. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (Art. 2); “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento” (Art. 5). Repetita iuvant! Vada come vada, a noi interessa la vita vera; quella che, in una storia vivente, ora, accende e riaccende, per grazia, l’umano desiderio; e contribuire, con passione e sacrificio, a generare, in un certo qual modo, “nuove forme di vita e di lavoro per l’uomo”, “nell’esistente personale e nell’esistente storico”, partecipando, tentativamente, consapevoli dei personali tradimenti, alla santità sociale del carisma che abbiamo incontrato.   

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