domenica 19 marzo 2017

Vescovi e Mezzogiorno












I Vescovi del Sud, di concerto con le istituzioni, il mondo dell’impresa, dell’associazionismo hanno riflettuto a Napoli su “Chiesa e lavoro: quale futuro per i giovani del Sud”, in vista della settimana sociale che si svolgerà a Cagliari nel mese di ottobre. “E’ necessario soprattutto fare spazio alle nuove frontiere del lavoro, sviluppando modelli organizzativi in linea con l’evoluzione della società e della tecnologia”, si legge nel messaggio a conclusione della due giorni napoletana. Nei giorni scorsi, il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, prof. Vittadini, su “Il Sussidiario, ha mosso un duro atto di accusa alle classi dirigenti meridionali (“Preferiscono essere pecore anziché lupi affamati di sviluppo”), constatando di converso la vocazione strategica del Sud nel Mediterraneo, evidenza ben sottolineata dagli stessi Vescovi in Convegno. In realtà, si riscontra non solo l’insufficienza delle classi dirigenti meridionali, bensì la miopia politico-culturale dell’intera classe dirigente nazionale, soprattutto nel corso della seconda Repubblica, la cui caratterizzazione, per lungo tempo, è stata segnata da un “federalismo barbarico”, incapace di pensare la totalità dei fattori del Paese e, quindi, di valorizzare per tutto il Paese l’opportunità della “frontiera” meridionale-mediterranea, cardine della politica estera di De Gasperi, Fanfani, La Pira, con Mattei sul versante economico, Moro ed Andreotti. Come uscire da questo vicolo cieco? “E’ segno dell’intelligenza della carità inventare nuove forme, attingendo alla sapienza della Dottrina Sociale della Chiesa, per offrire nuove opportunità di lavoro, rigenerare il tessuto sociale ed economico, recuperare il senso ultimo del lavoro umano, per riflettere sulle sue forme”, ha affermato l’Arcivescovo di Napoli, Card. Sepe. L’Arcivescovo Primate di Salerno, Moretti, in una intervista a “Il Mattino, ha affermato che la “Chiesa deve aiutare a mettere insieme tutti i soggetti per una riflessione che vada oltre il particolare e l’interesse immediato. … Dobbiamo far crescere un soggetto che sia capace di interloquire con le istituzioni. … Abbiamo molti cristiani impegnati in politica, forse serve una riproposizione più diretta della Dottrina Sociale della Chiesa”. Nella presente riflessione insistiamo sull’economia del dono (Caritas in veritate), sul suo substrato umanistico-razionale in forza della sua specifica capacità di sostegno alla famiglia” (Papa Francesco). Si tratta dei servizi alla persona e del lavoro di cura, oltre l’assistenzialismo, i cui cardini  sono la valorizzazione dei talenti, i legami di fiducia, la qualità delle relazioni, la capacità di intraprendere insieme, la creazione di imprese come comunità. E’ l’economia democratico-civile, fondata sulla cultura dell’intrapresa e del lavoro solidale, dell’imprenditorialità sociale e dello scambio/condivisione dei beni relazionali universali. La ricchezza di questo capitale umano costituisce già adesso una straordinaria “forza sociale” generatrice di plus valore condiviso ed inclusivo. Nel caso specifico della Campania, basterebbe che la Regione liberasse i fondi nazionali destinati ai Comuni associati, per i servizi alla persona, relativi al 2015 e 2016, per dare slancio e vigore al terzo settore locale: soggetto creatore e moltiplicatore di migliaia di opportunità lavorative, pur nel blocco dei fondi, assicurando quotidianamente servizi essenziali. Sulla piattaforma socio-istituzionale e culturale del welfare di comunità  passa una delle più importanti vie di comunicazione del Mezzogiorno, incrociando e moltiplicando le risorse di partecipazione e creatività, rafforzando la tenuta delle reti di solidarietà e di coesione. Tale piattaforma strategica sospinge il mondo profit e non profit ad una rinnovata riflessione sul lavoro. Qui è in gioco il compito specifico della Chiesa nel suo impegno culturale ed educativo: riflettere sul e nel campo dell’esperienza, come ci ha insegnato a fare Giovanni Paolo II, con la sua riflessione critica sull’amore e sul lavoro, aiutando i giovani a ricomprendere le ragioni dell’Essere della persona, nel concreto della vita quotidiana e nel contesto dell’esistente storico, non attendendo il cambiamento delle strutture esterne di inequità. Cambiamento pur doveroso ed ineludibile. E’ l’opera di ricomprensione del lavoro come “tentativo dell’uomo di investire di sé, del suo progetto, della sua idea, tempo e spazio” (Luigi Giussani). Bisogna accompagnare la crescita di un “tipo umano” capace di rischiare, condividendo, in forme solidali, il limite personale e, prima ancora, il bisogno di Essere, che è costitutivo di ogni persona. La grave responsabilità della Chiesa, oggi più che mai, è rigenerare, per attrattiva, nelle persone, in particolare nei giovani, il gusto di una vita vera, ricca di ragioni e di passione nell’affronto delle sfide quotidiane. Da qui la continua ri-nascita di soggetto storico permanentemente in azione, attraversando le contraddizioni e non cedendo al potere del nichilismo soffocante.   


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