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| Gli operai dell'ILVA di Genova donano il Pastorale d'acciaio al Papa |
I Discorsi
sul lavoro di Papa Francesco, in occasione della visita a Genova (27 maggio
2017) e nel corso dell’incontro con i delegati della CISL (28 giugno 2017),
costituiscono passi significativi nel percorso magisteriale di affermazione
dell’economia civile. Il Papa delinea la molla
motrice della buona economia e quindi del lavoro stesso, citando la famosa
e sempre attuale frase di Einaudi: “Migliaia, milioni di individui lavorano,
producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per
molestarli, incepparli, scoraggiarli. E’
la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di guadagno. Il
gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito,
ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti
costituiscono una molla di progresso altrettanto
potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano
imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e
investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più
modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con gli
altri impegni”. Commenta il Papa: “Hanno la mistica dell’amore”. Nell’epoca del
“non lavoro”, cioè della disoccupazione dilagante e della malattia del non
senso del lavoro, il punto focale è ricostruire nell’esperienza della persona
la molla motrice, la forza delle ragioni che muovono all’azione, mettendo in
moto la personale vocazione naturale. Si tratta di accendere il motore del
desiderio e la consapevolezza del proprio bisogno umano. “La mancanza di lavoro
è molto più del venir meno di una sorgente di reddito per poter vivere”, ha
proseguito il Papa a Genova, parlando con i lavoratori dell’Ilva. “Il lavoro è
anche questo, ma è molto, molto di più. Lavorando noi diventiamo più persona,
la nostra umanità fiorisce, i giovani diventano adulti lavorando”. Con i
delegati della Cisl ha ribadito: “L’individuo si fa persona quando si apre agli
altri, alla vita sociale, quando fiorisce nel lavoro. La persona fiorisce nel
lavoro. Il lavoro è la forma più comune di cooperazione che l’umanità abbia
generato nella storia”. Francesco insiste sul verbo fiorire! E’ la fioritura
umana dell’Essere, ossia della persona che concepisce la propria avventura
umana come intrapresa. E’ fioritura nella persona dei beni comuni: “energia,
entusiasmo, innovazione, gioia di vivere … preziosi beni comuni che rendono migliore la
vita economica e la pubblica felicità”. E’ proprio la pubblica felicità il
principio-forza dell’economia civile di
mercato (“creazione di nuovi mercati al servizio della famiglia”), entro
cui il Papa rilegge l’economia sociale. Non
solo legami sociali, bensì legami di reciprocità e di fraternità, rendendo
comprensibile e ragionevole l’esperienza della gratuità, che è dono di sé,
ossia condivisione dell’umanità propria e dell’altro, “producendo” beni comuni materiali
ed immateriali. Per mettere in circolazione questi preziosi beni comuni,
antecedenti al mercato e non ad esso subordinati, occorre mettere in movimento
la vocazione naturale dell’Essere, la quale fiorisce in luoghi sorgivi. Don
Giussani parlava di nuova sindacalità, ovvero di amicizia sociale simpatetica, “luogo”
corrispondente al bisogno dei bisogni: la realizzazione di sé. La sua
riflessione sul senso religioso in azione (il dinamismo dell’io tendente al
bello, al vero, al giusto), in forza di un avvenimento presente di vita nuova, nella
forma comunionale, costituisce un fondamentale itinerario educativo e culturale,
generando la crescita di un “tipo umano” ricco di passione per la realtà; nello
stesso tempo, è chiave di volta teorico-metodologica per il costituirsi di soggetto
protagonista, in un certo modo, nella vita sociale. Dalla ricostruzione e dal
rafforzamento di questo soggetto, in luoghi sorgivi, dipende la qualità della
democrazia in un Paese. Come il lavoro è inseparabile dalla persona, così la
democrazia è inseparabile dal lavoro: “Attorno al lavoro si edifica l’intero patto
sociale. Questo è il nocciolo del problema. Perché se non si lavora, o si
lavora male, o si lavora poco o si lavora troppo, è la democrazia che entra
crisi.” In occasione della visita ufficiale al Presidente della Repubblica, il
Papa ha sollecitato la realizzazione di un “patto umano-sociale” per il bene
comune: “…. ci si attende un paziente e umile lavoro … che cerchi di rafforzare i legami tra la gente e le
istituzioni, perché da questa tenace tessitura e da questo impegno corale si
sviluppa la vera democrazia”. Dopo
la fine del cattolicesimo politico e il declino, in forma partitica, delle
culture popolari del nostro Paese, c’è bisogno di nuovi itinerari di responsabilità
civile, costruendo modelli e forme
di partecipazione alla vita politica secondo il metodo indicato da Papa Francesco: mediazione socio-istituzionale, tessitura di legami tra
istituzioni e cittadini, a partire dai bisogni di prossimità, per ricomporre
tentativamente la frattura tra lavoro e democrazia, promuovendo ed accrescendo
i processi dell’economia civile di mercato e, quindi, di una più compiuta democrazia economica.

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