giovedì 20 luglio 2017

Labordemocrazia

Gli operai dell'ILVA di Genova donano
il Pastorale d'acciaio al Papa















I Discorsi sul lavoro di Papa Francesco, in occasione della visita a Genova (27 maggio 2017) e nel corso dell’incontro con i delegati della CISL (28 giugno 2017), costituiscono passi significativi nel percorso magisteriale di affermazione dell’economia civile. Il Papa delinea la molla motrice della buona economia e quindi del lavoro stesso, citando la famosa e sempre attuale frase di Einaudi: “Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E’ la vocazione naturale che li spinge, non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con gli altri impegni”. Commenta il Papa: “Hanno la mistica dell’amore”. Nell’epoca del “non lavoro”, cioè della disoccupazione dilagante e della malattia del non senso del lavoro, il punto focale è ricostruire nell’esperienza della persona la molla motrice, la forza delle ragioni che muovono all’azione, mettendo in moto la personale vocazione naturale. Si tratta di accendere il motore del desiderio e la consapevolezza del proprio bisogno umano. “La mancanza di lavoro è molto più del venir meno di una sorgente di reddito per poter vivere”, ha proseguito il Papa a Genova, parlando con i lavoratori dell’Ilva. “Il lavoro è anche questo, ma è molto, molto di più. Lavorando noi diventiamo più persona, la nostra umanità fiorisce, i giovani diventano adulti lavorando”. Con i delegati della Cisl ha ribadito: “L’individuo si fa persona quando si apre agli altri, alla vita sociale, quando fiorisce nel lavoro. La persona fiorisce nel lavoro. Il lavoro è la forma più comune di cooperazione che l’umanità abbia generato nella storia”. Francesco insiste sul verbo fiorire! E’ la fioritura umana dell’Essere, ossia della persona che concepisce la propria avventura umana come intrapresa. E’ fioritura nella persona dei beni comuni: “energia, entusiasmo, innovazione, gioia di vivere …  preziosi beni comuni che rendono migliore la vita economica e la pubblica felicità”. E’ proprio la pubblica felicità il principio-forza dell’economia civile di mercato (“creazione di nuovi mercati al servizio della famiglia”), entro cui il Papa rilegge l’economia sociale. Non solo legami sociali, bensì legami di reciprocità e di fraternità, rendendo comprensibile e ragionevole l’esperienza della gratuità, che è dono di sé, ossia condivisione dell’umanità propria e dell’altro, “producendo” beni comuni materiali ed immateriali. Per mettere in circolazione questi preziosi beni comuni, antecedenti al mercato e non ad esso subordinati, occorre mettere in movimento la vocazione naturale dell’Essere, la quale fiorisce in luoghi sorgivi. Don Giussani parlava di nuova sindacalità, ovvero di amicizia sociale simpatetica, “luogo” corrispondente al bisogno dei bisogni: la realizzazione di sé. La sua riflessione sul senso religioso in azione (il dinamismo dell’io tendente al bello, al vero, al giusto), in forza di un avvenimento presente di vita nuova, nella forma comunionale, costituisce un fondamentale itinerario educativo e culturale, generando la crescita di un “tipo umano” ricco di passione per la realtà; nello stesso tempo, è chiave di volta teorico-metodologica per il costituirsi di soggetto protagonista, in un certo modo, nella vita sociale. Dalla ricostruzione e dal rafforzamento di questo soggetto, in luoghi sorgivi, dipende la qualità della democrazia in un Paese. Come il lavoro è inseparabile dalla persona, così la democrazia è inseparabile dal lavoro: “Attorno al lavoro si edifica l’intero patto sociale. Questo è il nocciolo del problema. Perché se non si lavora, o si lavora male, o si lavora poco o si lavora troppo, è la democrazia che entra crisi.” In occasione della visita ufficiale al Presidente della Repubblica, il Papa ha sollecitato la realizzazione di un “patto umano-sociale” per il bene comune: “…. ci si attende un paziente e umile lavoro … che cerchi di rafforzare i legami tra la gente e le istituzioni, perché da questa tenace tessitura e da questo impegno corale si sviluppa la vera democrazia”.  Dopo la fine del cattolicesimo politico e il declino, in forma partitica, delle culture popolari del nostro Paese, c’è bisogno di nuovi itinerari di responsabilità civile, costruendo modelli e forme di partecipazione alla vita politica secondo il metodo indicato da Papa Francesco: mediazione socio-istituzionale, tessitura di legami tra istituzioni e cittadini, a partire dai bisogni di prossimità, per ricomporre tentativamente la frattura tra lavoro e democrazia, promuovendo ed accrescendo i processi dell’economia civile di mercato e, quindi, di una più compiuta democrazia economica.       

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