venerdì 18 agosto 2017

La via della bellezza



















Nel corso della conferenza stampa avente a tema la mostra dedicata agli avori di Salerno, che sarà al Meeting di Rimini, dal 20 al 26 agosto, per iniziativa dell’associazione Artincore, l’Arcivescovo di Salerno, Luigi Moretti, ha evidenziato la necessità della ripresa di responsabilità da parte dei cittadini cristiani nella costruzione della città. Il richiamo è scaturito da una osservazione sulla valorizzazione del patrimonio culturale quale snodo per l’affermazione dell’economia civile. In realtà, la via pulchritudinis è la forma attrattiva in forza della quale l’uomo continuamente realizza se stesso nella storia, generando sempre nuove modalità di espressione della propria dignità. Nel suo grandioso Discorso all’Unesco, Giovanni Paolo II, affermò che “la cultura è ciò per cui l’uomo accede di più all’Essere. E’ la forma specifica dell’Essere e dell’esistere di un popolo”. E’ un percorso dello sguardo sino alla radice del cuore: “La natura del cuore è simpatia originale all’Essere” (don Giussani, Affezione e Dimora, pag. 167). Questa simpatia suscita il desiderio di andare incontro alle cose, di conoscere, di plasmare la realtà, rendendo più umana ed interessante l’esistenza propria e la vita comune. Mette al lavoro, per rispondere alla forma più acuta e pungente del desiderio, ovvero il bisogno di Essere e di vivere all’altezza della propria vocazione umana, scorgendo anche il più piccolo punto di costruttività nelle situazioni più difficili. Il contributo più grande alla costruzione della città è rendere ragione della soggettività pubblica della fede, ovvero della sua forza trasfigurante, accompagnando e sostenendo, nella complessità sociale, l’affronto dei problemi in cui gli uomini spendono le loro energie, per salvaguardare la dignità nella solidarietà e nel lavoro. E’ la simpatia originale che rende duratura la solidarietà, volgendola in fraternità: caritas in veritate; sentire con l’altro, sentire insieme, condividendo il proprio destino e quello dell’altro. E’ la simpatia costitutiva dell’Essere che muove al lavoro ed accende sorprendentemente, incessantemente il motore del desiderio, emblema della libertà, nella sua forma reale e compiuta, ossia bellezza e bene di legame; godimento di una storia di condivisione e di appartenenza. Da qui una copiosa trama creativa personale e sociale intessuta di desideri, bisogni, beni, significati, sostenendo la vita del popolo nelle ragioni del sua lotta quotidiana. Gli anonimi artigiani/artisti delle botteghe salernitane lavorarono per la Cattedrale della loro città, con precisione, con gusto, con sacrificio, per il loro pane quotidiano e per la gloria della loro civitas. Pane e lavoro. Lavoro che si faceva arte. Probabilmente non erano sublimi nella fede; certamente erano dei “poveri cristi”, ma il gusto del bello rendeva il loro lavoro interessante; orante! Ancora oggi, possiamo ammirare la loro opera e, prima ancora, leggere e rileggere un sentimento più profondo di noi stessi: l’apertura della nostra natura a noi stessi e al cosmo. Giovanni Paolo II, incontrando i giovani all’Università della Slesia, in Polonia, il 30 luglio 1982, così si espresse:“… Mi sono venute in mente le parole di Norwid: “La bellezza suscita ammirazione, l’ammirazione porta al lavoro, il lavoro è per risorgere”. In qualsiasi situazione, anche la più grave, c’è bisogno di questa bellezza, che porta con sé la cultura della madre Patria, la cultura del popolo. C’è bisogno di questa bellezza affinchè essa ci incanti, affinchè elevi l’uomo e noi non camminiamo a testa bassa, ma con il capo in alto, perché non esiste un motivo per cui chinarlo. La bellezza esiste per suscitare ammirazione e portarci al lavoro! E il lavoro è per risorgere.” Non esiste un motivo per cui chinare il capo: è la stoffa di un uomo libero, consapevole della propria dignità continuamente ridestata dall’incontro con ciò che è bello, buono, giusto e vero.

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