L’intervento del Cardinal
Parolin al Meeting
di Rimini costituisce un itinerario ecclesiologico, culturale e
sociale su cui adeguatamente riflettere. Ne raccogliamo
l’osservazione riferita al valore tempo nella “questione
sociale”. “Quando Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica
Evangelii Gaudium, affronta, nel capitolo IV, intitolato “Dimensione
sociale dell’evangelizzazione”, il tema del bene comune in
relazione alla pace sociale e tematizza la necessità del primato
del tempo, della
sua superiorità sullo spazio, introduce una figura rischiosa e
necessaria per l’oggi. Rischiosa perché il primato del tempo è
figura che esige di essere filosoficamente e teologicamente
ripensata, ma certamente necessaria di fronte all’attuale
frammentazione sociale della nozione di tempo”. Nelle società
della scienza e della filosofia dell’informazione e, quindi, delle
nuove tecnologie, imperniate sull’automazione e sull’intelligenza
artificiale, il tempo, socialmente parlando, acquista una dimensione
sino ad ora sconosciuta, velocizzando modalità e forme di
produzione, secondo inedite modalità di lavoro che polverizzano
vecchie funzioni e mansioni, con l’espulsione di milioni di
lavoratori dal processo produttivo materiale, creando, nel contempo,
infinite altre opportunità da orientare verso il bene comune. E’
l’ambivalenza del progresso che, nelle sue disparità e nelle sue
opportunità, rende centrale, in ogni momento dello sviluppo, la
questione del soggetto. In ogni tornante della storia, in ogni
emergenza della storia umana, il punto focale, all’origine di ogni
possibile umana costruzione, è l’io; l’io compreso nella sua
totalità, nella pienezza della sua umanità ed identità. Ma l’uomo
non comprende se stesso, il suo valore, la sua forza creativa,
l’energia vitale che lo costituisce, di istante in istante, se,
come diceva san Giovanni Paolo II “non incontra l’Amore”; se
non incontra qualcuno che lo abbracci, che lo stimi, che lo renda
partecipe di un’esperienza di gratuità, svelandogli, in un cammino
educativo, la potenza del suo cuore, la ricchezza dell’Essere nel
suo esistere quotidiano. Nell’accadere di questa esperienza, il
tempo diventa tempo della persona: la scoperta continua dell’Essere
e dell’esserci; la “densità dell’istante”: la percezione
amorosa di sè, ci ha insegnato don Giussani, nel rapporto con la
totalità del reale, con il significato di tutte le cose. “Il
tempio e il tempo”: è la storia della persona che nasce e rinasce
in una dimora, cogliendo in essa, grazie ad essa, qui ed ora, il
Senso del proprio procedere nel tempo, in speranza, proiettandosi con
positività verso il futuro, in forza di una certezza umana
sperimentata nel presente. Il
soggetto è
la figura del tempo;
rischiosa e necessaria. Rischiosa, perché la sua libertà è
continuamente da riscoprire e riguadagnare; necessaria, perché senza
l’io autocosciente, ricco di Senso ridonato, momento per momento,
il tempo si svuota nel nichilismo e nella tragedia dell’umano, come
dimostrano chiaramente e razionalmente le coscienze più lucide della
sensibilità moderna e contemporanea. Figura rischiosa e necessaria e
sempre nuova sulla scena della storia, creando, costruendo,
intraprendendo, correggendosi, imparando dai propri limiti ed errori,
che fanno da argine all’ottusità istintiva ed ideologica. Ci
affascina ed appassiona, per statura dell’umano, il soggetto
descritto da don Giussani: “E quanto più parte, l’uomo, con
negli occhi la Sua Presenza, tanto più in ogni rapporto stabilisce,
con magnanima ipotesi di lavoro, una volontà di positività; in ogni
ricerca umana è mosso da una volontà di verità e di utilità, e vi
esalta – in fraterna compagnia – quel residuo di se stesso, cioè
della verità di Cristo posseduta per grazia, che è in varia
proporzione presente in qualsiasi emergenza della storia umana. In
qualsiasi emergenza io trovo come un pezzo di me”. (Una Fede
Ecumenica. Premio Nazionale Cultura Cattolica a Monsignor Luigi
Giussani, Bassano del Grappa, 6 ottobre 1995). “… dove c’è
chiarezza della verità suprema, del volto di Cristo, guardandolo,
tutto ciò che si incontra rivela qualcosa di buono. Molto più di
una indifferente tolleranza, l’ecumenismo è amore al riverbero di
verità che si trova in chiunque. Esso è fattore di pace,
costruzione di una dimora umana, di una casa, che possa essere
rifugio all’estrema disperazione”. (Luigi Giussani, Il tempio e
il tempo, Introduzione). Un soggetto aperto, cioè appassionato ad
ogni riverbero di vero e proteso ad una conoscenza sempre nuova, nel
dispiegarsi multiforme della realtà, è la risorsa capitale, il
sapere umano decisivo per la civilizzazione del lavoro nelle
trasformazioni attuali. La figura del tempo più bella è quella che
abbiamo visto al Meeting di Rimini: un popolo giovane. Migliaia di
giovani insieme, contenti! Aperti, curiosi, desiderosi. Dentro la
vita, la vita che cresce, avanzando, lieti, verso il futuro, nella
fiduciosa attesa generata da un incontro vero. Spettacolo di bella
gioventù. Sant’Agostino nella sua insuperata meditazione sul tempo
(Confessioni, cap. XI) a mo’ d’esempio scrive: “Accingendomi a
cantare una canzone che mi è nota, prima dell’inizio la mia attesa
si protende verso l’intera canzone”. Così, le canzoni di Claudio
Chieffo riascoltate al Meeting; così questi giovani di bella
gioventù, con il cuore proteso alla totalità, intravedendo, in una
storia di stupore e di grazia, il compimento dell’intera propria
umanità.

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