domenica 28 gennaio 2018

La via dell’uomo, l’esperienza dell’umano

"Ogni uomo è una vetta" (Karol Wojtyla, Poesie)
“La (ex) meglio gioventù dell’Università Cattolica”. E’ il titolo dell’articolo di Alberto Melloni su Repubblica del 4 gennaio, nel quale si accusa Giovanni Paolo II di aver dato inizio alla “sterilità della Cattolica che dura da un terzo di secolo”, non offrendo più al Paese “figure di riserva”. Non ci interessa affatto “controbattere”, ma l’occasione appare propizia per riprendere uno degli assunti più cari a Giovanni Paolo II: “Una fede che non diventa cultura non è una fede pienamente accolta, interamente pensata, fedelmente vissuta”. (Giovanni Paolo II al Meic, 1982). A questo orientamento di fondo del Magistero fece riferimento don Giussani nell’intervento all’assemblea della D.C. lombarda ad Assago nel 1987: “La politica, in quanto forma più compiuta di cultura, non può che trattenere come preoccupazione fondamentale l’uomo. Nel suo discorso all’Unesco (2 giugno 1980), Giovanni Paolo II ha detto: “La cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che l’uomo è”…. . ” Karol Wojtyla aveva a lungo riflettuto sulle fondamentali dimensioni della cultura e della prassi nell’esperienza umana. Proprio all’Università Cattolica di Milano, nel 1977, dopo poco sarebbe stato eletto Papa, tenne una importante conferenza sul “costituirsi della cultura attraverso la praxis umana”: la persona, nella storia, coltiva il proprio umano (cultura), la propria soggettività, attraverso la prassi, mediante il lavoro, diventando, attraverso il lavoro, più se stesso, più uomo. Il prof. Buttiglione ha messo in evidenza (“Il pensiero di Karol Wojtyla”) l’originale contributo del pensiero wojtyliano alla filosofia contemporanea, elaborando una specifica filosofia della prassi. Noi aggiungiamo: aver posto il problema della prassi è il grande contributo metodologico-teorico che Giovanni Paolo II ha dato alla Dottrina Sociale della Chiesa, rinsaldando theoria e praxis. E’ la questione del metodo, per una presenza originale e comprensiva nel mondo, superando il dualismo tra fede e storia: da una parte, l’affermazione teorica dei principi; dall’altra, la complessa attuazione storica. Prima dell’affermazione dei principi da applicare alla realtà (metodo deduttivo); prima dell’analisi della realtà da interpretare (metodo induttivo), c’è un “primerea”, “qualcosa che viene prima”. E’ il “metodo dell’avvenimento”: l’incontro con Cristo, che svela l’uomo all’uomo. Questo avvenimento, nella fattispecie sociale della comunità cristiana, è il “luogo”, l’ambito per leggere, condividere ed illuminare l’esperienza della persona nel cammino personale e storico. In questa luce, si è sviluppata la meditazione dello Studioso prima e del Papa poi sulle dimensioni fondamentali dell’amore e del lavoro, (“Persona e atto”; “Amore e responsabilità”, l’opera poetica …; la “Redemptor Hominis”, la “Laborem Exercens”, la teologia del corpo umano …), per la “ricostruzione” critica dell’esperienza umana nel suo centro affettivo (amore) e nel suo rapporto con la realtà (lavoro). In tale ricostruzione, alla luce di un avvenimento di vita, sta la consonanza tra Giovanni Paolo II e don Giussani, percorrendo la via dell’uomo, attraversando la frontiera dell’umano: itinerario intellettuale ed educativo attraverso cui diventa esperienza l’autocoscienza della persona, diventando sempre più consapevole delle sue risorse, nonché dei suoi limiti, e della risorsa del suo stesso Essere, fonte inesauribile della sua attitudine costruttiva. Il lavoro diventa intrapresa. Da qui “una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini”, che Papa Benedetto ha approfondito nella “Caritas in Veritate”, sviluppando il Magistero precedente, accompagnando, altresì, l’opera di elaborazione nell’esperienza di una filosofia dell’intrapresa e dell’economia civile, onde seguire, sostenere e promuovere le presenze, i processi e le ragioni dell’economia civile del dono in atto nei territori e nelle comunità. Contributo prezioso alla res publica nel tempo dell’eclissi del cattolicesimo politico e della liquefazione delle forme politico-partitiche popolari. Dunque, non appena “figure di riserva”, ma l’esperienza di uomini e donne, negli ambienti di vita e di lavoro, che rendono nuovamente attraente dimensione culturale della fede, ossia la sua pertinenza all’affronto più umano delle condizioni personali e sociali, incrementando, secondo l’insegnamento di Papa Francesco, i processi di popolo della democrazia partecipativa, anche e soprattutto quando la politica si corrompe nell’autoreferenzialità, allontanandosi dal comune sentire del popolo. Al di fuori di un pensiero nascente dalla vita, da una vita più vera, c’è il gioco dialettico del partito clericale, che vive di opposizione, divisione ed analisi preconcette; gioco inconsistente, sul piano dello studio e dell’approfondimento storico-culturale; inutile, sul piano del vero interesse umano.

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