mercoledì 28 marzo 2018

Discorso sul metodo. Contributo da un’esperienza


"La bellezza suscita ammirazione, l'ammirazione porta al lavoro, il lavoro è per risorgere."
C.K. Norwid
“Il nostro compito è la difesa delle ragioni della democrazia, del pluralismo economico, sociale e politico”. In ciò Aldo Moro ravvisava la ragion d’essere della Democrazia Cristiana e prima ancora dell’impegno pubblico dei cattolici nel nostro Paese. In ogni caso, al di là dello strumento partitico storicamente contingente, quel compito rappresenta il contenuto dell’impegno politico, variamente configurabile, orientato al bene comune. Nel “mondo ideologico” di ieri, l’affermazione dei valori di libertà e democrazia assumeva determinate forme particolari, richiedendo una specifica modalità di impegno nella polis. Oggi, non è meno urgente la responsabilità di ricostruire il tessuto democratico della Nazione, riattualizzando le ragioni profonde, i valori costitutivi, le motivazioni razionali, nonchè il metodo, del processo democratico. Opera intellettuale ed educativa al tempo stesso; un lavoro che appartiene a tutti, non primariamente a ciò che attualmente resta dei partiti politici. Ogni generazione deve fare i conti con le ragioni prime ed ultime della democrazia, riguadagnandole, ripensandole, ricreandole nelle mutevoli circostanze della storia. C’è un originale itinerario di pensiero che intendiamo evidenziare, riprendendo la riflessione sul “senso religioso” ad opera di don Giussani. Nel Discorso alla D.C lombarda (Assago 1987) aveva affermato: “Che cosa determina, cioè dà forma a questa unità dell’uomo, dell’io? E’ quell’elemento dinamico che, attraverso le domande, le esigenze fondamentali in cui si esprime, guida l’espressione personale e sociale dell’uomo. Brevemente, io chiamo “senso religioso” questo elemento dinamico …”. Commentando il Discorso, nell’ambito di un incontro promosso dal Centro Culturale di Milano (5 giugno 2000), il prof. Lorenzo Ornaghi  ne offrì una suggestiva chiave di lettura, di cui riportiamo ampi stralci, al fine di comprendere la valenza teorico-metodologica del testo.

“L’invito a discutere questo libro … ci riporta a quella seconda parte degli anni ’60 … alla nascita di Comunione e Liberazione soprattutto in aule e ambulacri dell’Università Cattolica. (Il corso …) che adesso è chiamato “Introduzione alla Teologia”, allora veniva chiamato sinteticamente (purtroppo gli studenti ne hanno perso memoria) “Morale”. Diversamente da quanto succede adesso, ogni Facoltà aveva il suo Docente di Morale. Alla Facoltà di Scienze Politiche, che io frequentavo, il Docente di Morale era don Giussani; non so se messo lì perché si pensava che la Facoltà fosse irrilevante o perché si pensava che fosse molto rilevante; … questo non lo capivo … . Giussani elaborava; in realtà, anticipava quello che di lì a poco tempo sarebbe diventato “Il Senso Religioso”… . Giussani era sicuramente (e di nuovo parlo laicamente) grande maestro; però, c’era un altro grande, che era Miglio. Le due persone in apparenza erano agli antipodi … . Giussani insegnava e spiegava quello che ho cercato di recuperare da queste pagine: … le connessioni tra potere, democrazia, popolo …  ;  il nesso politica-desiderio … la politica ha di mira la felicità … e la libertà, soddisfazione del desiderio. … . Lungi dal ridurre queste pagine ad una sorta di teoria politica … (esse mirano) all’incremento dell’educazione della persona”. Miglio, invece, considerava la politica quella materia che è sempre improprio denominare, in pubblico soprattutto, se non attraverso la celebre frase di Cambronne. Così la teorizzava nella primissima lezione, spiegando che chi fa politica (ovviamente lo studente di Scienze Politiche era un osservatore di politica), … se è un tecnico, invece di infilarci sbadatamente le mani, si rimbocca le maniche della camicia e, quindi, tratta con una certa competenza quella materia. Tuttavia, ecco il punto, nonostante l’apparenza di stare agli antipodi, nonostante duri rimbrotti … si capiva che la Facoltà stava in piedi su queste due anime apparentemente diverse. C’era laicamente in entrambi questo richiamo e questa prassi del realismo, cioè il non nascondersi di fronte alla realtà, non aggirarla, non evitarla attraverso frasi più o meno efficaci. … . L’interrogativo su cosa (determinasse) l’identità di queste persone … resta (per me) senza risposta. Per questo ho accettato l’invito; ho letto queste pagine, ho ritrovato alcune di quelle lontane lezioni”.

Ripensare le ragioni della democrazia come lavoro e partecipazione al bene comune (affermazione della persona in quanto è), a partire metodologicamente dal senso religioso di ogni uomo, a partire, cioè, dal Fatto, dai Fatti che ridestano l’Essere in noi, sospingendoci alla costruzione di qualcosa di bello, di vero, di giusto; tener desta questa percezione di sè nelle modalità di storie di amicizia e di condivisione dei bisogni; sostenere l’impeto originario del cuore attratto dalla Realtà; riconoscere e sviluppare criticamente dentro se stessi il desiderio che muove all’opera; porre l’interrogativo sul Rapporto fondativo, ontologico che costituisce la Sorgente creativa di ogni persona: è l’ipotesi di lavoro affascinante, positiva per affrontare e vivere il tempo presente. Ritrovare quelle “lezioni lontane”, nell’attualità di un’esperienza presente, è il contributo decisivo che offriamo alla vita pubblica del nostro Paese.

Nessun commento:

Posta un commento