sabato 30 giugno 2018

Tornare alle cose stesse; tornare all’esperienza

Men At Work, Neeraj Parswal













Il Documento Oeconomicae et pecuniarie questiones, a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, con l’approvazione di Papa Francesco, per “un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario”, è oggetto di approfondite riflessioni da parte dei soggetti economici, degli studiosi, degli economisti. La tematica è drammaticamente attuale dopo la grande crisi economico-finanziaria, a partire dal 2008, che ha sconvolto le previsioni ottimistiche sull’economia mondiale. Puntuale l’analisi fatta dal prof. Zamagni: “Il punto centrale dell’argomento sviluppato nel Documento è l’affermazione del principio secondo cui etica e finanza non possano continuare a vivere in sfere separate”. Papa Francesco, nel Discorso alla Fondazione Centesimus Annus, lo scorso 26 maggio, ha affermato che “troppo spesso una tragica e falsa dicotomia – analoga all’artificiosa frattura tra scienza e fede – si è sviluppata tra la dottrina etica delle nostre tradizioni religiose e gli interessi pratici dell’attuale comunità degli affari”. Nelle note dell’oeconomices et pecuniarie questiones, le encicliche maggiormente citate come fonti di argomentazione sono la Caritas in Veritate di Benedetto XVI e la Laudato SI’ di Papa Francesco. In queste fonti, c’è la strada per sanare, ricomporre la frattura tra etica ed economia, andando alle radici della possibile via di uscita. La vicenda storica dimostra che non basta il richiamo morale da applicare all’agire concreto dell’homo oeconomicus. L’economia civile, richiamata da Zamagni, ha un profondo contenuto antropologico e filosofico prima ancora che etico. E’ la continua tensione al profondo vero di sé che fonda l’agire e norma la direttiva dell’azione. Questo profilo occorrerà riscoprire ed alimentare, onde dare energia e costrutto ai processi realmente creativi ed innovativi. “La nostra epoca ha rivelato il fiato corto di una visione dell’uomo individualisticamente inteso, prevalentemente consumatore, il cui profitto consisterebbe anzitutto in una ottimizzazione dei suoi guadagni pecuniari. La persona umana possiede infatti peculiarmente un’indole relazionale ed una razionalità alla perenne ricerca di un guadagno e di un benessere che siano interi, non riducibili ad una logica di consumo o agli aspetti economici della vita. (Nota n. 15, Caritas in Veritate). “Tale fondamentale indole relazionale dell’uomo (nota 16, Caritas in Veritate) è connotata in modo essenziale da una razionalità che resiste ad ogni riduzione reificante delle sue esigenze di fondo. A tal proposito, non è possibile tacere che oggi vi è la tendenza a reificare ogni scambio di beni, riducendolo a mero scambio di cose”. Nelle dinamiche di finanziarizzazione dell’economia e della tecnocrazia imperante, che svuotano l’economia di lavoro reale e gli Stati della stessa sovranità, come aiutare a ritrovare il senso adeguato e razionale dell’agire economico sociale, pertinente all’Essere della persona? “Tornare alle cose stesse”. Tornare all’esperienza, cioè, all’evidenza della persona in azione, protesa alla realizzazione di sé mediante lo “scambio” e l’offerta (condivisione) del “bene primerea” (che viene prima, che è alla base di ogni rapporto), ossia la propria umanità impegnata a dare uno specifico contributo di bene e di bellezza. E’ questo il bene da riscoprire in un cammino educativo, insieme, in comunità vive ed operose, per ricomporre la “naturale circolarità tra profitto e responsabilità sociale”, sprigionando, dall’interno dell’agire economico-sociale, cioè dall’operosa esperienza delle persone e dalla loro “socievolezza”, tutte le potenzialità positive dei mercati.

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