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| Men At Work, Neeraj Parswal |
Il Documento Oeconomicae et pecuniarie questiones, a cura della
Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il
Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, con l’approvazione di Papa
Francesco, per “un discernimento etico circa alcuni aspetti
dell’attuale sistema economico-finanziario”, è oggetto di
approfondite riflessioni da parte dei soggetti economici, degli
studiosi, degli economisti. La tematica è drammaticamente attuale
dopo la grande crisi economico-finanziaria, a partire dal 2008, che
ha sconvolto le previsioni ottimistiche sull’economia mondiale.
Puntuale l’analisi fatta dal prof. Zamagni: “Il punto centrale
dell’argomento sviluppato nel Documento è l’affermazione del
principio secondo cui etica e finanza non possano continuare a vivere
in sfere separate”. Papa Francesco, nel Discorso alla Fondazione
Centesimus Annus, lo scorso 26 maggio, ha affermato che “troppo
spesso una tragica e falsa dicotomia – analoga all’artificiosa
frattura tra scienza e fede – si è sviluppata tra la dottrina
etica delle nostre tradizioni religiose e gli interessi pratici
dell’attuale comunità degli affari”. Nelle note dell’oeconomices
et pecuniarie questiones, le encicliche maggiormente citate come
fonti di argomentazione sono la Caritas in Veritate di Benedetto XVI
e la Laudato SI’ di Papa Francesco. In queste fonti, c’è la
strada per sanare, ricomporre la frattura tra etica ed economia,
andando alle radici della possibile via di uscita. La vicenda storica
dimostra che non basta il richiamo morale da applicare all’agire
concreto dell’homo oeconomicus. L’economia civile, richiamata da
Zamagni, ha un profondo contenuto antropologico e filosofico prima
ancora che etico. E’ la continua tensione al profondo vero di sé
che fonda l’agire e norma la direttiva dell’azione. Questo
profilo occorrerà riscoprire ed alimentare, onde dare energia e
costrutto ai processi realmente creativi ed innovativi. “La nostra
epoca ha rivelato il fiato corto di una visione dell’uomo
individualisticamente inteso, prevalentemente consumatore, il cui
profitto consisterebbe anzitutto in una ottimizzazione dei suoi
guadagni pecuniari. La persona umana possiede infatti peculiarmente
un’indole relazionale ed una razionalità alla perenne ricerca di
un guadagno e di un benessere che siano interi, non riducibili ad una
logica di consumo o agli aspetti economici della vita. (Nota n. 15,
Caritas in Veritate). “Tale fondamentale indole relazionale
dell’uomo (nota 16, Caritas in Veritate) è connotata in modo
essenziale da una razionalità che resiste ad ogni riduzione
reificante delle sue esigenze di fondo. A tal proposito, non è
possibile tacere che oggi vi è la tendenza a reificare ogni scambio
di beni, riducendolo a mero scambio di cose”. Nelle dinamiche di
finanziarizzazione dell’economia e della tecnocrazia imperante, che
svuotano l’economia di lavoro reale e gli Stati della stessa
sovranità, come aiutare a ritrovare il senso adeguato e razionale
dell’agire economico sociale, pertinente all’Essere della
persona? “Tornare alle cose stesse”. Tornare
all’esperienza, cioè, all’evidenza della persona in azione,
protesa alla realizzazione di sé mediante lo “scambio” e
l’offerta (condivisione) del “bene primerea” (che viene prima,
che è alla base di ogni rapporto), ossia la propria umanità
impegnata a dare uno specifico contributo di bene e di bellezza. E’
questo il bene da riscoprire in un cammino educativo, insieme,
in comunità vive ed operose, per ricomporre la “naturale
circolarità tra profitto e responsabilità sociale”,
sprigionando, dall’interno dell’agire economico-sociale, cioè
dall’operosa esperienza delle persone e dalla loro “socievolezza”,
tutte le potenzialità positive dei mercati.

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