Il Lógos, ragione creatrice
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| Icaro, Matisse |
Il Dicastero Vaticano per il
servizio dello sviluppo umano integrale ha promosso un convegno sulla
Caritas in veritate di Papa Benedetto, per una rinnovata riflessione
a 10 anni dalla pubblicazione. Nel saggio, in due puntate su
Buongiorno Democrazia (31 maggio e 27 luglio 2019), abbiamo
evidenziato i contenuti antropologici e culturali dell’enciclica,
sotto il profilo di una prassi economica più corrispondente alla
vocazione dell’uomo. L’occasione del convegno di cui sopra è
propizia per proseguire il nostro percorso di approfondimento della
Scuola meridiana di economia civile, il cui orizzonte filosofico e
valoriale è la riflessione sulla natura socievole dell’uomo,
secondo la definizione aristotelica e l’approfondimento della
stessa da parte di san Tommaso. Nella nota 130 del capitolo V della
Caritas in veritate, Papa Benedetto riporta gli approfondimenti di
Tommaso: “ratio partis contrariatur rationi personae (“La nozione
di parte è contraria a quella di persona”), in III Sent, d.5,3,2.;
anche “Homo non ordinatur ad communitatem politicam secundum se
totum et secundum omnia sua” (“L’uomo non è ordinato alla
società civile in forza di tutto il proprio essere e di tutti i suoi
beni”) in Summa theologiae II-II q.21, a. 4, ad 3um). Questo il
commento di Benedetto XVI: “A questo riguardo, la ragione trova
ispirazione e orientamento nella rivelazione cristiana, secondo la
quale la comunità degli uomini non assorbe in sé la persona
annientandone l’autonomia, come accade nelle varie forme di
totalitarismo, ma la valorizza ulteriormente, perché il rapporto tra
persona e comunità è di un tutto verso un altro tutto”. (C. in
v., cap. V, par. 53). E’ l’affermazione della libertà della
persona, del suo diritto inalienabile all’iniziativa economica,
come aveva affermato Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei
socialis, e della democrazia economica: pilastri questi dell’economia
civile. Nella teologia di Joseph Ratzinger prima e nel Magistero di
Benedetto XVI dopo, centrale è il dialogo tra il logos della
pensosità greca e lo svelamento dello stesso nella Rivelazione
cristiana. “Logos significa insieme ragione e parola, una ragione
che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. …
L’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un
semplice caso. … Nel profondo, vi si tratta dell’incontro tra
fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione … ”
(Discorso ai rappresentanti della scienza, Aula Magna dell’Università
di Regensburg, 12 settembre 2006). “I teologi medievali traducevano
la parola logos non solo con verbum, ma anche con la parola ars”.
(Saluto di Benedetto XVI, al termine degli Esercizi Spirituali alla
Curia predicati dal Card. Ravasi, 23 febbraio 2013, ). Logos, ovvero
ragione creatrice, e, quindi, Essere, Armonia, Bellezza. “L’armonia
nascosta è più potente di quella manifesta”, affermava Eraclito.
L’avventura umana del pensiero, rivolto all’Essere, attratto
dall’Essere, nello scenario suggestivo, ammirevole ed incantevole
della Magna Grecia, pervade tutta la filosofia occidentale, anzi ne
costituisce il dato fondativo. Abbiamo ricordato, nella precedente
riflessione, l’acronimo E.L.E.A, voluto da Adriano Olivetti per il
primo Elaboratore Elettronico Aritmetico, in omaggio alla Scuola
Eleatica di Parmenide, per significare, per dare il senso compiuto
dell’inventività umana. In realtà, tutto il genio creativo
italiano, il made in Italy, il nostro senso dell’intrapresa è
proteso al senso dell’armonia e della bellezza coniugato con il
senso pratico del vivere. Per questa ragione, ad esempio, l’Olivetti
22 è esposta al Museo Permanente di Arte Moderna a New York. E’ il
cuore dell’uomo, di ogni uomo, in ogni tornante della storia, pur
nelle alterne vicende storiche, che tende al investire tutto il reale
con il senso estetico, in quanto provocato alla Bellezza dalla stessa
realtà. Perciò, Cyprian Kamil Norwid (1821-1883), da molti
considerato il massimo poeta polacco, affermava: “La bellezza
suscita ammirazione, l’ammirazione porta al lavoro, il lavoro è
per risorgere”. Ci accompagna in questo itinerario del pensiero e
del cuore un “testo” inedito di don Giussani. Si tratta
dell’intervento all’Assemblea Nazionale della Compagnia delle
Opere a Milano il 5 dicembre 1987. L’intervento è pubblicato in
“L’io, il Potere, le Opere” (Marietti ), ma non è riportato il
brano che segnaliamo, non rivisto dall’Autore: “Come diceva Padre
Dante: “Ciascun confusamente un bene apprende”. Ognuno, cioè,
confusamente percepisce un desiderio ultimo, un bene nel quale si
quieti l’animo e vi è perciò tutto teso … “per che di giunger
lui ciascun contende”. Dunque, ognuno, per raggiungere quel bene
totale, senza che se ne accorga, anzi, pur bistrattandolo, oppure
nella dialettica lo sente come astratto, qualsiasi cosa faccia,
“contende”, tende con fatica, cioè dispiega tutte le sue energie
per quel bene ultimo… Leggo volentieri, a conferma di questa
intuizione tipicamente cristiana, il brano di un ex terrorista ancora
in prigione, che ha scritto ad un nostro amico: “Un’opera è la
meraviglia che pervade le persone del suo compimento”. Uno, cioè,
cerca di costruire un’opera e vedendo che riesce è pieno di
meraviglia; è soddisfatto. “Prima, durante ed oltre poiché essa
(l’opera) viene da loro e a loro cresciuti”. Viene da loro, da
chi la compie e torna a loro perché li soddisfa. “Un’opera, in
fondo, è una preghiera aperta al senso religioso di chi ha fede e di
chi non ne ha, perché entrambi vivano”, perché senza questa
prospettiva che sta continuamente al di là del nostro orizzonte,
incombente, manca il respiro. E’ come uno che sia costretto a
vivere sempre tra quattro mura, tra quattro mura “stupefatte di
spazio più che un deserto”, diceva Clemente Rebora. … .
“Un’opera, in fondo, è una preghiera aperta al senso religioso
di chi ha fede e di chi non ne ha”: ciò perché il senso religioso
è di chiunque, “perché entrambi vivano”. Ecco perché nella sua
“Laborem exercens” il Papa ha sottolineato il fattore assoluto
del fenomeno lavoro. Perciò, una Compagnia delle Opere che ha
l’ispirazione che ha, soprattutto a questo deve attendere. Lì,
infatti, il Papa dice. “Il primo fondamento del valore del lavoro è
l’uomo stesso”. L’uomo, dunque, ne è il soggetto, perché il
lavoro esprime l’essere (l’Essere) dell’io. A sua volta,
indipendentemente dal lavoro che ogni uomo compie, lo scopo del suo
operare non possiede un significato definitivo e totale per se
stesso; è come sentire una bella musica che ti rimanda sempre più
in là, che ti crea una nostalgia di qualcosa che non sai”. “Perché
l’uomo è rapporto con “Qualcosa” senza confine, per questo è
irresistibilmente in avanzamento.” In questo irresistibile
avanzamento, in questo con-tendere, creando, generando, rendendo
sempre più belle, cioè vere, tutte le cose, la rivelazione della
piena umanità di ciascuno, ossia la ragione creatrice, in forza
della quale ricreare una più vera convivenza umana. “La verità,
infatti, è logos che crea dia-logos e quindi comunicazione e
comunione. La verità apre e unisce le intelligenze nel logos
dell’amore: è, questo, l’annuncio e la testimonianza cristiana
della carità. (Caritas in veritate, Introduzione, par.4).
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