martedì 31 dicembre 2019

Il Lógos, ragione creatrice

Icaro, Matisse
Il Dicastero Vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale ha promosso un convegno sulla Caritas in veritate di Papa Benedetto, per una rinnovata riflessione a 10 anni dalla pubblicazione. Nel saggio, in due puntate su Buongiorno Democrazia (31 maggio e 27 luglio 2019), abbiamo evidenziato i contenuti antropologici e culturali dell’enciclica, sotto il profilo di una prassi economica più corrispondente alla vocazione dell’uomo. L’occasione del convegno di cui sopra è propizia per proseguire il nostro percorso di approfondimento della Scuola meridiana di economia civile, il cui orizzonte filosofico e valoriale è la riflessione sulla natura socievole dell’uomo, secondo la definizione aristotelica e l’approfondimento della stessa da parte di san Tommaso. Nella nota 130 del capitolo V della Caritas in veritate, Papa Benedetto riporta gli approfondimenti di Tommaso: “ratio partis contrariatur rationi personae (“La nozione di parte è contraria a quella di persona”), in III Sent, d.5,3,2.; anche “Homo non ordinatur ad communitatem politicam secundum se totum et secundum omnia sua” (“L’uomo non è ordinato alla società civile in forza di tutto il proprio essere e di tutti i suoi beni”) in Summa theologiae II-II q.21, a. 4, ad 3um). Questo il commento di Benedetto XVI: “A questo riguardo, la ragione trova ispirazione e orientamento nella rivelazione cristiana, secondo la quale la comunità degli uomini non assorbe in sé la persona annientandone l’autonomia, come accade nelle varie forme di totalitarismo, ma la valorizza ulteriormente, perché il rapporto tra persona e comunità è di un tutto verso un altro tutto”. (C. in v., cap. V, par. 53). E’ l’affermazione della libertà della persona, del suo diritto inalienabile all’iniziativa economica, come aveva affermato Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis, e della democrazia economica: pilastri questi dell’economia civile. Nella teologia di Joseph Ratzinger prima e nel Magistero di Benedetto XVI dopo, centrale è il dialogo tra il logos della pensosità greca e lo svelamento dello stesso nella Rivelazione cristiana. “Logos significa insieme ragione e parola, una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. … L’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. … Nel profondo, vi si tratta dell’incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione … ” (Discorso ai rappresentanti della scienza, Aula Magna dell’Università di Regensburg, 12 settembre 2006). “I teologi medievali traducevano la parola logos non solo con verbum, ma anche con la parola ars”. (Saluto di Benedetto XVI, al termine degli Esercizi Spirituali alla Curia predicati dal Card. Ravasi, 23 febbraio 2013, ). Logos, ovvero ragione creatrice, e, quindi, Essere, Armonia, Bellezza. “L’armonia nascosta è più potente di quella manifesta”, affermava Eraclito. L’avventura umana del pensiero, rivolto all’Essere, attratto dall’Essere, nello scenario suggestivo, ammirevole ed incantevole della Magna Grecia, pervade tutta la filosofia occidentale, anzi ne costituisce il dato fondativo. Abbiamo ricordato, nella precedente riflessione, l’acronimo E.L.E.A, voluto da Adriano Olivetti per il primo Elaboratore Elettronico Aritmetico, in omaggio alla Scuola Eleatica di Parmenide, per significare, per dare il senso compiuto dell’inventività umana. In realtà, tutto il genio creativo italiano, il made in Italy, il nostro senso dell’intrapresa è proteso al senso dell’armonia e della bellezza coniugato con il senso pratico del vivere. Per questa ragione, ad esempio, l’Olivetti 22 è esposta al Museo Permanente di Arte Moderna a New York. E’ il cuore dell’uomo, di ogni uomo, in ogni tornante della storia, pur nelle alterne vicende storiche, che tende al investire tutto il reale con il senso estetico, in quanto provocato alla Bellezza dalla stessa realtà. Perciò, Cyprian Kamil Norwid (1821-1883), da molti considerato il massimo poeta polacco, affermava: “La bellezza suscita ammirazione, l’ammirazione porta al lavoro, il lavoro è per risorgere”. Ci accompagna in questo itinerario del pensiero e del cuore un “testo” inedito di don Giussani. Si tratta dell’intervento all’Assemblea Nazionale della Compagnia delle Opere a Milano il 5 dicembre 1987. L’intervento è pubblicato in “L’io, il Potere, le Opere” (Marietti ), ma non è riportato il brano che segnaliamo, non rivisto dall’Autore: “Come diceva Padre Dante: “Ciascun confusamente un bene apprende”. Ognuno, cioè, confusamente percepisce un desiderio ultimo, un bene nel quale si quieti l’animo e vi è perciò tutto teso … “per che di giunger lui ciascun contende”. Dunque, ognuno, per raggiungere quel bene totale, senza che se ne accorga, anzi, pur bistrattandolo, oppure nella dialettica lo sente come astratto, qualsiasi cosa faccia, “contende”, tende con fatica, cioè dispiega tutte le sue energie per quel bene ultimo… Leggo volentieri, a conferma di questa intuizione tipicamente cristiana, il brano di un ex terrorista ancora in prigione, che ha scritto ad un nostro amico: “Un’opera è la meraviglia che pervade le persone del suo compimento”. Uno, cioè, cerca di costruire un’opera e vedendo che riesce è pieno di meraviglia; è soddisfatto. “Prima, durante ed oltre poiché essa (l’opera) viene da loro e a loro cresciuti”. Viene da loro, da chi la compie e torna a loro perché li soddisfa. “Un’opera, in fondo, è una preghiera aperta al senso religioso di chi ha fede e di chi non ne ha, perché entrambi vivano”, perché senza questa prospettiva che sta continuamente al di là del nostro orizzonte, incombente, manca il respiro. E’ come uno che sia costretto a vivere sempre tra quattro mura, tra quattro mura “stupefatte di spazio più che un deserto”, diceva Clemente Rebora. … . “Un’opera, in fondo, è una preghiera aperta al senso religioso di chi ha fede e di chi non ne ha”: ciò perché il senso religioso è di chiunque, “perché entrambi vivano”. Ecco perché nella sua “Laborem exercens” il Papa ha sottolineato il fattore assoluto del fenomeno lavoro. Perciò, una Compagnia delle Opere che ha l’ispirazione che ha, soprattutto a questo deve attendere. Lì, infatti, il Papa dice. “Il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso”. L’uomo, dunque, ne è il soggetto, perché il lavoro esprime l’essere (l’Essere) dell’io. A sua volta, indipendentemente dal lavoro che ogni uomo compie, lo scopo del suo operare non possiede un significato definitivo e totale per se stesso; è come sentire una bella musica che ti rimanda sempre più in là, che ti crea una nostalgia di qualcosa che non sai”. “Perché l’uomo è rapporto con “Qualcosa” senza confine, per questo è irresistibilmente in avanzamento.” In questo irresistibile avanzamento, in questo con-tendere, creando, generando, rendendo sempre più belle, cioè vere, tutte le cose, la rivelazione della piena umanità di ciascuno, ossia la ragione creatrice, in forza della quale ricreare una più vera convivenza umana. “La verità, infatti, è logos che crea dia-logos e quindi comunicazione e comunione. La verità apre e unisce le intelligenze nel logos dell’amore: è, questo, l’annuncio e la testimonianza cristiana della carità. (Caritas in veritate, Introduzione, par.4).

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