sabato 18 luglio 2020

“Homo laborem exercens”: la Somma Filosofica di Giovanni Paolo II


Il 18 maggio del 1920 nasceva Karol Wojtyla. E’ nostro desiderio ricordare il centenario della nascita del grande Papa, evocando il suo contributo originale all’elaborazione della Dottrina Sociale. Dottrina, per molti anni, caduta nel dimenticatoio e che Giovanni Paolo II non solo rilanciò, ma contribuì a riformularla, a partire dall’enciclica Laborem Exercens.
E’ il Papa del “Vangelo del lavoro”, espressione a lui cara. “Io vi conosco, o uomini splendidi”, affermava Karol Wojtyla in un suo componimento poetico. “Il cristianesimo e la Chiesa non hanno paura del lavoro umano. Non hanno paura del sistema basato sul lavoro. Il Papa non ha paura degli uomini del lavoro. Essi gli sono stati sempre particolarmente vicini. E’ uscito in mezzo a loro. E’ uscito dalle cave di pietra di Zakrzowek, dalle caldaie di Solvay in Borek Falecki, poi da Nova Huta. Attraverso tutti questi ambienti, attraverso le proprie esperienze di lavoro – oso dire – il Papa ha imparato nuovamente il Vangelo. Si è accorto e si è convinto quanto sia profondamente incisa nel Vangelo la problematica contemporanea del lavoro umano”. (Giovanni Paolo II, viaggio in Polonia, Nova Huta 9 giugno 1979).
Una catena infinita di discorsi, messaggi ed incontri: in ogni luogo che visitava, puntuale, immancabile era l’appuntamento con gli uomini del lavoro. Una produzione magisteriale interminabile, sterminata, attuale: una Somma Filosofica, con al centro l’uomo che incontra l’Uomo; l’uomo proteso alla Verità di sé, attraversando gioia e dolore, per affermare nella dignità l’esistenza dei propri cari: “Dai villaggi di pescatori sparsi su queste coste, voi ed i vostri antenati siete usciti con il buono ed il cattivo tempo, per strappare al mare il necessario per vivere, spesso a rischio della vita. Nel dolore e nella speranza cristiana le vostre famiglie hanno pianto la perdita di molti loro cari che non sono più tornati. Come ha scritto un poeta di Terranova: “Ci sono voluti mille anni al mare, mille anni per disegnare il profilo di granito di questa rupe, il ciglio, il dirupo e la base. C’è voluta al mare un’ora in una notte, un’ora di tempesta per scavare il solco di queste rughe di granito sul volto di una donna”. (Giovanni Paolo II, Discorso ai pescatori di Terranova, Canada, 12 settembre 1984).
Ha scritto J. Tischener, filosofo, amico del Papa: “Il pensiero di Giovanni Paolo II sul lavoro è particolarmente ricco di fascino per noi. Esso è nato in Polonia, in mezzo ai nostri conflitti e alle nostre inquietudini, alla nostra disperazione e alle nostre speranze; è il pensiero di un uomo che ha lavorato come operaio nelle cave di pietra, poi è stato studente di lettere, artista di teatro, vicario di una parrocchia di campagna, studioso, vescovo; è un pensiero che è giunto infine a piena maturità come pensiero del Papa della Chiesa Universale. Ciascuna di queste tappe ha fornito all’Autore un punto di vista in più sul problema dell’uomo che lavora”. (J. Tischener, Etica del lavoro, Cseo Biblioteca).
Se nel presente documento (Laborem Exercens, n.d.r.), ritorniamo di nuovo su questo problema …. non è tanto per raccogliere e ripetere ciò che è già contenuto nell’insegnamento della Chiesa, ma piuttosto per mettere in risalto – forse più di quanto sia stato fatto finora – il fatto che il lavoro umano è una chiave, e probabilmente la chiave essenziale, di tutta la questione sociale, se cerchiamo di vederla veramente dal punto di vista dell’uomo”. (L. E. par. 3). In ciò l’originale contributo di Giovanni Paolo II “all’elaborazione della dottrina sociale cristiana”.
Un filo rosso si dipana attraverso la produzione poetica e filosofica di Karol e soprattutto nello svolgersi del Magistero sociale di Giovanni Paolo II: “La bellezza suscita ammirazione, l’ammirazione porta al lavoro, il lavoro alla resurrezione”. Sono i versi nel Promethidion di Cyprian Kamil Norwid (1821-1883), il poeta polacco amato,”sin dai tempi del ginnasio”, da Lolek (così gli amici chiamavano il giovane Karol).
La vibrazione della bellezza nel cuore dell’uomo spinge a costruire, a creare, ad intraprendere. Ci si adopera, con sacrificio, per costruire una “cosa bella” per sé, per i propri cari, per gli altri. Si affronta la fatica di un “viaggio” per il compimento della propria umanità, per realizzare il proprio Volto nel mondo. Da questo fiotto sorgivo scaturisce permanentemente, pur nella drammaticità e nelle contraddizioni della storia, tra vittorie e sconfitte, la forza creativa della persona e di un popolo.
Il lavoro è dare la vita per trasformare le cose, sotto l’impeto dell’ammirazione che la bellezza produce, verso la bellezza finale, che è il significato di tutto e di cui sappiamo il nome. E’ l’attrattiva del significato, della positività per cui vivi. Allora ti metti in moto … per dare autenticità alle cose”: così don Giussani commentava l’ispirazione del poeta polacco. (Luigi Giussani, Uomini senza patria, 1982/1983, BUR). Nel discorso al mondo della cultura a Varsavia, Giovanni Paolo II richiamava i versi di Norwid in una prospettiva socio-economica e storica: “L’economia è per la cultura. Viene realizzata anche mediante la cultura. Viene realizzata correttamente per mezzo di questa dimensione fondamentale della cultura che è la moralità. Assicurando la precedenza di questa dimensione, assicuriamo la precedenza dell’uomo. …… Oggi sentiamo più intensamente il bisogno di resurrezione, l’imperativo della resurrezione; la resurrezione di Cristo tradotta da san Paolo in principio della vita cristiana, in principio della vita sacramentale... . Mentre la stessa resurrezione è stata tradotta da Norwid in esigenza di vita nazionale, direi addirittura di vita socio-economica”. (Giovanni Paolo II, Discorso al mondo della cultura, 8 giugno 1991, Teatro Grande dell’Opera e del Balletto, Varsavia).
Val la pena soffermarsi su questo parallelo tra San Paolo e Norwid. In esso, probabilmente, sta tutto lo “charme” di Giovanni Paolo II, la sua identificazione della natura “secolaresca” del cristianesimo, ovvero la missione storica della Chiesa, come spiegava al Meeting di Rimini nel 1982. Non un progetto politico, bensì l’esperienza della “sfida dall’alto”, rendendo “l’eroico quotidiano ed il quotidiano eroico”: una vita personale e sociale umanamente più ricca, creativa, affascinante, sino a creare nuove forme di vita (e di lavoro) per l’uomo”. Economia e cultura. Soggetto dell’economia è l’uomo che lavora; lavorando fa cultura; crea socialità. “La forza del lavoro è quella di creare comunità”. Nel trinomio lavoro/economia/socialità, la Laborem Exercens fonda l’argomento personalistico, ovvero la soggettività dell’uomo nel processo produttivo, secondo la distinzione tra lavoro in senso oggettivo (L. E. par. 5) ed in senso soggettivo (L. E. par. 6), sviluppando l’insegnamento aristotelico/tomista: “Vi sono due specie di azioni, dice Aristotele: le une (transitive), che passano su un oggetto esterno, come scaldare e segare, ecc… ; le altre (intransitive), che restano nell’operante, come intendere, sentire e volere. E tra le une e le altre vi è questa differenza, che le prime non sono un perfezionamento dell’agente che muove, ma dell’oggetto che è mosso, mentre le seconde costituiscono un perfezionamento dell’agente”. (San Tommaso, Summa Teologica, q. 18, art. 3).
Tutta la riflessione della Laborem Exercens è l’approfondimento nell’esperienza del duplice valore dell’azione nell’unità del soggetto agente: “Il lavoro è un bene dell’uomo – è un bene della sua umanità -, perché mediante il lavoro non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, diventa più uomo”. (L. E. par. 9). “Se questo bene comporta il segno di un “bonum arduum”, secondo la terminologia di San Tommaso, ciò non toglie che, come tale, esso sia un bene dell’uomo. Ed è non solo un bene “utile” o “da fruire”, ma un bene “degno”, cioè corrispondente alla dignità dell’uomo, un bene che esprime questa dignità e la accresce”. (L. E. par. 9). “Perciò, bisogna continuare ad interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui egli vive … sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini del lavoro” (L. E. par. 8), per condividere i bisogni, condividendo, nel contempo, il bisogno di senso dell’esistenza. “Il problema del lavoro ha un legame estremamente profondo con quello del senso della vita umana. Attraverso questo legame il lavoro diventa un problema di natura spirituale e lo è realmente. Questa constatazione non toglie nulla agli altri aspetti del lavoro, aspetti che sono, si potrebbe dire, più facilmente misurabili e ai quali sono legate strutture e operazioni diverse di carattere esteriore, a livello dell’organizzazione; questa stessa constatazione permette al contrario di riportare il lavoro umano, in qualsiasi modo sia eseguito dall’uomo, all’interno dell’uomo e cioè al punto più profondo della sua umanità, in ciò che le proprio, in ciò che fa sì che egli sia uomo e soggetto autentico del lavoro”. (Giovanni Paolo II ai partecipanti alla 68° sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro, 15 giugno 1982).
L’affermazione amorosa del senso della vita mediante il lavoro; il soggetto del lavoro; economia e cultura: la riflessione di Giovanni Paolo II arricchisce di contenuti e significato la corrente profonda (culturale e filosofica, quindi economica) dell’economia civile, contribuendo a ri-generare nel quotidiano, criticamente, secondo ragioni, i legami di fiducia, di condivisione, di cooperazione, di soccorso agli altri, di amicizia civile, di felicità pubblica. “Il lavoro produce non solo ricchezze materiali, esterne all’uomo, ma anche ricchezze spirituali, a lui interiori, quali la solidarietà, l’amicizia, la fratellanza”. (Giovanni Paolo II, Civitavecchia, 19 marzo 1987). I beni interiori dell’uomo, non solvibili, rimangono nel punto più profondo della sua umanità; beni non consumabili, non vendibili, che “passano” nell’oggetto modificato e tornano all’umanità arricchita del soggetto: questi beni sono le risorse fondamentali della persona, per un lavoro degno e quindi per un’economia degna dell’uomo.

Karol Wojtyla, da “Il sapore del Pane”, poesie, Liberia Editrice Vaticana.

LA CAVA DI PIETRA

MATERIA

Ascolta, il ritmo uguale dei martelli, così noto,
io lo proietto negli uomini, per saggiare la forza d’ogni colpo.
Ascolta, una scarica elettrica taglia il fiume di pietra,
e in me cresce un pensiero, di giorno in giorno:
che tutta la grandezza del lavoro è dentro l’uomo…

Vedi, è possibile amare dal fondo della rabbia
che trabocca nel respiro dell’uomo come fiume gonfiato dal vento,
ma non trova voce e soltanto spezza ogni corda più alta –
nei portoni i passanti si disperdono
e qualcuno sussurra: “Eppure è una forza potente!” ….
Le mani sono il paesaggio del cuore …..
Le mani sono un paesaggio. Quando si spaccano, nelle piaghe
sale il dolore e scorre libero, a fiotti.
Eppure l’uomo non pensa al dolore.
Non con questo dolore coincide la grandezza:
la grandezza dell’uomo, di cui egli stesso ignora l’esatta definizione.
Non solamente le mani calano giù col peso del martello, non solamente il torso si tende e i muscoli disegnano la loro forma,
ma attraverso il lavoro passano i suoi pensieri più intensi
per intrecciarsi in rughe sulla fronte,
per congiungersi in alto, sopra il capo, nell’arco acuto di braccia e di vene …..….”

ISPIRAZIONE

Il lavoro ha inizio dentro; fuori tanto s dilata
che presto prende le mani, raggiunge i confini del respiro…..
Quando il pensiero coglie una certezza,
cuore e mano insieme raggiungono la vetta più alta.
Questo filo a piombo, questa certezza della mente e certezza degli occhi
devi pagarla generosamente.
La pietra ti dà la sua potenza, il lavoro matura l’uomo
che ne riceve ispirazione per un difficile bene.
Dal lavoro ha dunque inizio una crescita di cuore e di mente
che tante persone coinvolge e tanti eventi importanti
ed in mezzo ai martelli matura l’amore.
Nidiate di bambini lo porteranno in un domani
Cantando: “Un immenso lavoro si è compiuto nel cuore dei nostri padri”.
L’ispirazione non si arresta alle mani. Fino a radici di pietra
scende attraverso il cuore dell’uomo sua radice.
Di lì si dirama nel suolo la storia delle pietre
E negli uomini l’equilibrio che l’amore, attraverso la rabbia conquista.
Queste due forze guidano l’uomo, e negli uomini mai non si esauriscono,
non si fermano alla tensione delle braccia né al moto segreto del cuore.
Nascono l’una dall’altra, congiunte in una leva
Che unisce moti e pensieri in un anello inscindibile ….
(non si spezzi il tuo linguaggio nella tensione della leva
Formata dall’amore e dalla rabbia).
Nessuno allora potrà mai strapparti all’uomo, nessuno da lui Ti potrà
Mai separare”.
PARTECIPAZIONE
Ecco, una luce di tavola grezza, dal tronco appena cavata,
si versa sulla tua mano con l’immensità del lavoro.
E la tensione della mano si regge sopra quell’Atto
Che, nell’uomo, tutto impregna e tutto colma. ….
Le mani appartengono forse alla luce, il cui fulgore interseca
I binari, i picconi, la recinzione in alto?
Le mie mani appartengono al cuore, e il cuore non impreca
(tieni lontano il cuore dalle labbra, se le labbra d’imprecazione si macchiano).
Io vi conosco, o uomini splendidi, senza formalità né maniere.
So guardare nel cuore dell’uomo senza veli o illusioni.
Al lavoro le mani di alcuni, alla croce le mani di altri appartengono …. “.

IN MEMORIA DI UN COMPAGNO DI LAVORO

Non era solo. I suoi muscoli si diramavano in una folla immensa
Finchè alzavano il martello, finchè vibravano di energia –
Ma questo durò solo finchè egli senti il terreno sotto i piedi,
finchè la pietra non gli squarciò la tempia
e non gli entrò nelle stanze del cuore … …. .
Lo stesero supino su un lenzuolo di ghiaia.
Venne la moglie disfatta. Tornò il bambino da scuola.
Tutto qui? La sua rabbia dovrà passare negli altri?
Non maturava forse in lui con verità ed amore?
Generazioni future devono forse sfruttarlo come grezza materia,
privandolo della sua essenza più intima ed unica?
Le pietre di nuovo si muovono. Il carrello sparisce tra i fiori.
Di nuovo una scarica elettrica incide la cava.
Ma l’uomo ha portato con sé la segreta struttura del mondo
Dove l’amore prorompe più alto se più lo impregna la rabbia”.

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