martedì 31 gennaio 2023

Le rivoluzioni gentili. Cenni sul Pensiero sociale di Benedetto XVI

La ricchezza e la vastità del Pensiero sociale di Benedetto XVI si staglia nelle sue encicliche e nei grandi Discorsi sulla soggettività della fede nello spazio pubblico. Così, ad esempio, nella Spes salvi, in intimo dialogo con Agostino, riscatta storicamente la speranza cristiana, rimarcandone la forza propulsiva nella edificazione della città. “La verità è Lógos che crea dia-lógos e quindi comunicazione e comunione” (Caritas in veritate, par. 4) per il bene comune. Per Benedetto XVI “l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà”, ossia uno sguardo sui problemi umani più aperto e comprensivo, più capace di individuare, in collaborazione con tutti gli uomini, soluzioni più conformi alla dignità della persona umana. Nel confronto con la teologia della liberazione, l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nell’Istruzione “Libertà cristiana e liberazione” (1986), ribadiva che “il lavoro è la chiave di volta della questione sociale” come affermato da Giovanni Paolo II nella “Laborem exercens”; pertanto, la creazione lavoro rappresenta il terreno su cui coinvolgere le energie di tutti secondo i principi cardini della dottrina sociale: sussidiarietà e solidarietà. In questa ottica, la Caritas in veritate valorizza e promuove le nuove forme di intrapresa basate sul plus valore umano della condivisione e della cooperazione, generando economia del dono. “In questi decenni è andata emergendo un’ampia area intermedia tra le due tipologie di imprese. Essa è costituita da imprese tradizionali, che però sottoscrivono dei patti di aiuto ai paesi arretrati; da fondazioni che sono espressioni di singole imprese; da gruppi di imprese aventi scopi di utilità sociale; dal variegato mondo della cosiddetta economia civile e di comunione. Non si tratta solo di un terzo settore, ma di una nuova ampia realtà composita, che coinvolge il pubblico e il privato e che non esclude il profitto, ma lo considera strumento per realizzare finalità umane e sociali.” (Caritas in veritate par. 46).

“Il mio predecessore Giovanni Paolo II aveva segnalato questa problematica, quando nella Centesimus annus aveva rilevato la necessità di un sistema a tre soggetti: il mercato, lo Stato e la società civile. Egli aveva individuato nella società civile l’ambito più proprio di un’economia della gratuità e della fraternità, ma non aveva inteso negarla agli altri due ambiti.” (Caritas in veritate par. 38).

A questo nuovo corso economico-sociale la Caritas in veritate offre uno specifico patrimonio di pensiero, approfondendo, alla luce del cordiale rapporto teologia/filosofia, la categoria della relazione ed estendendo il concetto di imprenditorialità.

“La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali. Più le vive in modo autentico, più matura anche la propria identità personale. (Caritas in veritate, par. 53).

“La rivelazione cristiana sull’unità del genere umano presuppone un’interpretazione metafisica dell’humanum in cui la relazionalità è elemento essenziale”. (Caritas in veritate, par. 55). La relazionalità è dimensione fondamentale anche e soprattutto in ambito economico. L’esperienza storica, in particolar modo la più recente, dimostra eloquentemente la necessità di liberare nell’economia valori e ragioni oltre lo scambio degli equivalenti; tuttavia, ciò non può avvenire per un “supplemento” di anima da introdurre dall’esterno nella normale attività. Sarà necessario comprendere e sperimentare il significato più profondo e razionale dell’agire economico, ovvero il senso dell’impresa, dell’intraprendere, del lavoro come intrapresa personale e comune, traendo linfa dallo statuto ontologico della persona.

“La persona umana, per sua natura, è dinamicamente protesa al suo sviluppo … sulla base di un sé che ci è stato dato”. (Caritas in veritate, par. 68).

“L’uomo è costitutivamente proteso verso l’essere di più” (Caritas in veritate, par. 14): sostenendo questo dinamismo, in una amicizia ideale ed operativa, la persona riscopre il “talento” dell’Essere e diventa protagonista di un certo modo di creare, di produrre, di generare valori e valore economico, di fare impresa, secondo il “sé che ci è stato dato”, aperto all’altro, per essere più sé. In ciò l’allargamento della ragione economica e, quindi, l’approfondimento esistenziale del concetto di imprenditorialità.

“Nel contesto di questo discorso è utile osservare che l’imprenditorialità ha e deve sempre più assumere un significato plurivalente. Ciò risulta da motivazioni meta economiche. L’imprenditorialità, prima di avere un significato professionale, ne ha uno umano. Essa è inscritta in ogni lavoro, visto come “actus personae”, per cui è bene che ad ogni lavoratore sia offerta la possibilità di dare il proprio apporto in modo che egli stesso sappia di lavorare in proprio. Non a caso Paolo VI insegnava che “ogni lavoratore è un creatore.” (Caritas in veritate, par. 45).

La Caritas in veritate, rileggendo teologicamente la categoria della relazionalità, conferendole forza reale ed ideale, disvelandone la radice, ed allargando il concetto di imprenditorialità creatrice, secondo una ragione aperta, creatrice e metaeconomica, costituisce uno snodo essenziale del dialogo tra fede e ragione nel dibattito e nello spazio pubblico, offrendo l’orientamento per l’affronto, in questo tempo, dell’emergenza lavoro. Emergenza pari a quella educativa; anzi educativa essa stessa, in quanto la persona, come ha insegnato don Giussani, seguendo san Tommaso, si scopre in azione, operando, lavorando. In azione, emerge il senso religioso del soggetto, ovvero i fattori costitutivi della sua personalità. Per tale ragione, don Giussani affermava che la disoccupazione è il più grave attentato al senso religioso dell’uomo. “E’ pertanto nel campo del lavoro che deve essere intrapresa con priorità un’azione liberatrice nella libertà. Poiché il rapporto tra la persona umana e il lavoro è radicale e vitale …. Se il sistema dei rapporti di lavoro, posto in atto dai diretti protagonisti, … con l’indispensabile sostegno dei poteri pubblici, riesce a dare origine a una civiltà del lavoro, si produrrà allora, nel modo di vedere dei popoli e persino nelle basi istituzionali e politiche, una pacifica e profonda rivoluzione.” (Libertà cristiana e liberazione, par. 83). Una rivoluzione gentile!

“Si tratta, in definitiva, di una forma concreta e profonda di democrazia economica” (Caritas in veritate, par. 38), premessa e fondamento della democrazia politica. Le esperienze di cooperazione e condivisione, in ambito lavorativo ed economico, con la cura quotidiana delle reti umane nell’affronto dei bisogni - reti resistenti e delicate al tempo stesso - danno forma al tessuto della convivenza umana, grazie a quella specifica “argomentazione sensibile alla verità” costituita da modalità più vere di vivere il lavoro come intrapresa cooperativa e solidale, anche fraterna.

Il percorso sin qui tracciato rende evidente il contributo di Benedetto XVI alla ripresa di iniziativa dei cristiani nello spazio pubblico. Nell’ora della storia, si tratta di generare dalla fede “nuove forme di vita e di lavoro per l’uomo”, riannunciando il “quaerere Deum” nell’esperienza di una liturgia vissuta nel mondo, in rendimento di grazie per la vita nuova in Cristo trasformatrice della realtà.

“Eucharistomen rimanda a quella realtà di ringraziamento, a quella nuova dimensione che Cristo ha dato. Lui ha trasformato in ringraziamento, e così in benedizione, la croce, la sofferenza, tutto il male del mondo. E così fondamentalmente ha transustanziato la vita e il mondo e ci dà ogni giorno il Pane della vera vita, che supera il mondo grazie alla forza del Suo amore. Alla fine, vogliamo inserirci in questo “grazie” del Signore, e così ricevere realmente la novità della vita e aiutare per la transustanziazione del mondo: che sia un mondo non di morte, ma di vita; un mondo nel quale l’amore ha vinto la morte”. (Benedetto XVI in occasione del 65. mo anniversario della sua Ordinazione Sacerdotale, 28.09.2016).

Il lógos greco diventa il Verbo che si è fatto carne, investendo di Significato tutta la realtà trasfigurandola. “Lógos significa ragione, senso, parola. Non è soltanto ragione, ma Ragione creatrice che parla e che comunica se stessa. E’ ragione che è senso e che crea essa stessa senso.” (Benedetto XVI, Omelia Veglia Pasquale, 2011). L’esistenza umana è il dramma del dialogo tra la Ragione creatrice e la ragione poietica dell’uomo, per rendere umanamente abitabile e vivibile la casa comune.

Notevole il contributo alla riproposizione della Dottrina sociale della Chiesa. Nell’orizzonte dell’opera di Padre De Lubac, che riconnetteva la visione unitaria di san Tommaso, dopo secoli di interpretazione divisoria e dualista nel rapporto tra naturale e sovrannaturale, rendendo il supernaturale come aggiunta all’ordo naturalis, completo in se’, con proprio fine naturale, Ratzinger/Benedetto XVI rende più armonioso questo rapporto, rilevando ed argomentando la reciprocità di collaborazione tra fede e ragione, l’una purificatrice dell’altra e viceversa. Alla luce di ciò, l’apporto della fede alla costruzione della città risulta insostituibile e necessario, non appena come un supplemento di valori ultimamente superfluo, non essenziale. Apporto fondativo e rifondativo della stessa democrazia, mantenendo viva la sensibilità per una ragione aperta, non presuntuosa ed ideologica, facendo da argine al fondamentalismo di qualsiasi natura e correggendo tentativamente la parzialità sempre riscontrabile nella prassi politico-partitica. Da qui il rifiuto di ogni forma di teologia politica, che il prof. Borghesi ha ampiamente argomentato e documentato. (Massimo Borghesi, Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson: la fine dell’era costantiniana, Marietti, pagg. 65/88). In questa luce Ratzinger/Benedetto XVI, è da annoverare tra i grandi teorici della democrazia, compiendo un nuovo itinerario per la democrazia del terzo millennio.

Ci piace concludere questa “introduzione” al Pensiero sociale di Benedetto XVI con le parole di S.E. Mons. Andrea Bellandi, Primate di Salerno: “Carissimo Papa Benedetto, grazie di quanto hai dato alla Chiesa attraverso la tua guida sicura, il tuo magistero profondo ed illuminato, la tua persona mite e insieme forte, la tua fede certa ed appassionata. Continua a guidarci dal Cielo, dove finalmente potrai contemplare senza veli il grande Amico della tua vita, che hai sempre servito e ardentemente atteso”.

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